Collaborazione Stupefacenti: Quando la Cassazione Non Entra nel Merito
L’attenuante della collaborazione in materia di stupefacenti rappresenta un importante strumento processuale che può portare a una significativa riduzione della pena. Tuttavia, la sua concessione non è automatica e dipende da una valutazione rigorosa da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 6124/2024) chiarisce i limiti del sindacato di legittimità su tale valutazione, sottolineando come le censure puramente fattuali rendano il ricorso inammissibile. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere i requisiti di una efficace collaborazione stupefacenti.
Il Caso: Ricorso per Mancata Concessione dell’Attenuante
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo da parte della Corte di Appello di Torino. L’imputato, ritenuto responsabile di reati legati al traffico di sostanze stupefacenti, ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando un unico motivo: la mancata concessione dell’attenuante speciale prevista dall’art. 73, comma 7, del d.P.R. 309/90, ovvero quella per la collaborazione con le autorità. Secondo la difesa, le dichiarazioni rese avrebbero meritato il riconoscimento del beneficio.
La Posizione della Corte d’Appello
Il giudice di merito, tuttavia, aveva respinto la richiesta, fornendo una motivazione precisa. La Corte territoriale aveva infatti evidenziato come la collaborazione offerta dall’imputato fosse priva di elementi di riscontro concreti. Le informazioni fornite non erano state ritenute sufficientemente rilevanti, specialmente in considerazione della gravità del traffico in cui era coinvolto, e mancavano di indicazioni funzionali a ricostruire la portata dell’attività illecita o a identificare altri soggetti coinvolti.
La Decisione della Corte di Cassazione: Inammissibilità del Ricorso
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che le doglianze sollevate dall’imputato non riguardavano errori di diritto, bensì si traducevano in una critica alla valutazione del materiale probatorio effettuata dal giudice di merito. Questo tipo di censura, che attiene alla ricostruzione e all’apprezzamento del fatto, non è consentito nel giudizio di legittimità, il quale è limitato al controllo della corretta applicazione delle norme di legge e alla logicità della motivazione.
Le Motivazioni: Valutazione dei Fatti e Limiti della Collaborazione Stupefacenti
Il fulcro della decisione risiede nella distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Corte Suprema ha ribadito che l’apprezzamento circa la rilevanza e l’utilità della collaborazione stupefacenti ai fini della concessione dell’attenuante è una prerogativa esclusiva del giudice di merito. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adempiuto al suo dovere, fornendo una motivazione “congrua e adeguata”, oltre che “esente da vizi logici”.
La Cassazione ha confermato la correttezza del ragionamento del giudice di secondo grado, il quale aveva giustamente sottolineato:
* L’assenza di elementi di riscontro: le dichiarazioni dell’imputato non erano supportate da prove esterne che ne confermassero la veridicità e l’utilità.
* La mancanza di indicazioni funzionali: le informazioni non erano state sufficienti a svelare la struttura dell’organizzazione criminale, identificarne i membri o ricostruirne le operazioni.
In sostanza, una collaborazione generica o non verificabile non è sufficiente per ottenere lo sconto di pena. La legge richiede un contributo concreto che aiuti effettivamente le indagini. Poiché il ricorso si limitava a contestare questa valutazione fattuale, senza denunciare un’errata interpretazione della legge, è stato dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale: per ottenere l’attenuante della collaborazione, non basta parlare; è necessario fornire un contributo significativo, concreto e riscontrabile. La decisione del giudice di merito su questo punto è difficilmente censurabile in Cassazione, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente.
Per la difesa, ciò significa che l’eventuale ricorso per Cassazione deve concentrarsi non sul contestare il “peso” dato dal giudice alle dichiarazioni, ma sull’evidenziare specifici errori di diritto o vizi logici manifesti nel percorso argomentativo della sentenza impugnata. La conseguenza dell’inammissibilità, come nel caso di specie, è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Perché le censure sollevate non riguardavano errori di diritto, ma contestavano la valutazione dei fatti e delle prove compiuta dal giudice di merito, un’attività che esula dalla competenza della Corte di Cassazione nel suo ruolo di giudice di legittimità.
Quali elementi mancavano per concedere l’attenuante della collaborazione stupefacenti in questo caso?
Secondo la motivazione della Corte d’Appello, mancavano elementi di riscontro per verificare la rilevanza della collaborazione e indicazioni funzionali a ricostruire la portata del traffico illecito e a identificare gli altri soggetti coinvolti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per l’imputato?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso fissata in 3.000 euro, in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6124 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6124 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a IMPERIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/03/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il motivo unico dedotto afferente alla mancata concessione dell’attenuante della collaborazione ex art. 73 comma 7, d.P.R. 309/90 introduce inammissibilmente censure non consentite nel giudizio di legittimità, poiché concernenti la ricostruzione e la valutazio fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi esclusiva competenza del giudice di merito, che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici;
ritenuto che la Corte di appello di Torino ha, in particolare, congruamente evidenziato l’assen di elementi di riscontro utili a verificare la rilevanza della collaborazione resa dall’im anche in dipendenza della gravità del traffico di stupefacenti in cui era inserito e dell’assen indicazioni funzionali a ricostruirne la portata e a identificare i soggetti coinvolti;
ritenuto che dalla inammissibilità del ricorso deriva ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende
Così deciso 1’8 gennaio 2024
liere estensore Il Co
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