Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38862 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38862 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
STOCKER NOME COGNOME nata il DATA_NASCITA in Brasile
avverso l’ordinanza del 04/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 04 giugno 2024 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto la richiesta presentata da NOME COGNOME, detenuta per i delitti di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti di trasporto di ingenti quantità degli stessi, commessi sino al 2013, di riconoscere la inesigibilità della sua collaborazione, ai sensi dell’art. 58-ter Ord. pen., al fine di ottenere l’accesso ai benefici penitenziari sulla base della normativa precedente al d..I. n. 162/2022.
Il Tribunale ha riferito che, secondo la DDA, la detenuta non ha collegamenti con associazioni criminali nazionali di tipo mafioso, e che l’associazione da lei promossa operava principalmente in Sud America e non vi sono evidenze investigative che ne attestino l’attuale operatività, ma ha valutato che il suo ruolo di capo promotore le avrebbe consentito di fornire informazioni di notevole pregio investigativo in merito all’attività di narcotraffico internazionale e a soggetti che vi sono coinvolti. Ha perciò ritenuto che, dato il tipo di reato ascritto alla detenuta e le sue modalità, non possono escludersi sviluppi investigativi, e non è pertanto possibile escludere la possibilità di ulterior indagini, anche perché ella operava in concorso con molti altri soggetti sudamericani, allo stato rimasti non identificati.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale denuncia l’erronea applicazione dell’art. 58-ter Ord. pen. e il vizio di motivazione.
Secondo il Tribunale la declaratoria di inesigibilità della collaborazione non sarebbe mai applicabile ai reati associativi, non potendosi per questi escludere possibili sviluppi investigativi, ma tale affermazione comporta, di fatto, la non applicazione, ai condannati per tali reati, dell’art. 4-bis, commi 1 e 1 bis, Ord. pen. Tale motivazione è, perciò, manifestamente illogica.
Il Tribunale, poi, ha affermato solo in termini astratti la possibilità per l ricorrente di fornire informazioni utili per le indagini, in particolare per identificazione di altri associati rimasti sconosciuti, in quanto ha omesso di verificare se ella abbia avuto contatti con questi ultimi, così da poterne consentire l’identificazione. Invero, come dichiarato nell’istanza iniziale, tutti soggetti con cui ella si è relazionata sono stati identificati, arrestati e giudicati, Italia o in Brasile, anche perché ella svolgeva un’attività limitata alla consegna
del denaro tra fornitori e acquirenti dello stupefacente, venendo perciò a contatto solo con poche persone.
Anche il riferimento della DDA, peraltro astratto, alla possibilità di collaborazione della ricorrente è errato. In primo luogo, esso si riferisce ad una possibilità di collaborazione relativa alle conoscenze che la ricorrente aveva all’epoca dei reati commessi, e quindi relativa al passato, mentre l’impossibilità della collaborazione deve riferirsi alla attualità. In secondo luogo, la valutazione della esigibilità della collaborazione deve riferirsi ai fatti per i quali proceduto, non alla capacità di fornire informazioni generiche su altri possibili violazioni, e i fatti per i quali ella è stata condannata sono stati accertati in modo completo, rendendo così non più esigibile la sua collaborazione.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato.
La ricorrente lamenta la astrattezza e genericità della motivazione con cui il Tribunale di sorveglianza ha negato il riconoscimento della inesigibilità della sua collaborazione, sostenendo che non è stata valutata in concreto la conoscenza, da parte sua, di altri soggetti responsabili del reato a lei ascritto, l’esistenza di elementi del reato o di complici ancora non identificati, la possibilità di ulteriori ed attuali indagini in relazione al reato commesso, e non in relazione ad altre ipotetiche violazioni.
L’ordinanza impugnata, al contrario, ha valutato in modo concreto, anche riportando le indicazioni fornite dalla DDA di Reggio Calabria, la ancora attuale esigibilità della collaborazione da parte della detenuta. Ha affermato, infatti, che ella è stata condannata quale capo promotore di un’associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, radicata in Sud America e che attualmente non risulta operativa, ma i cui appartenenti non sono stati identificati. In particolare le sentenze di condanna hanno ritenuto che ella avesse il compito di mettere in relazione i promotori delle associazioni dedite alla produzione e fornitura dello stupefacente, operanti in Sud America, con i responsabili delle organizzazioni dedite, in Europa, alla importazione e distribuzione delle sostanze, occupandosi di curare la piena operatività e tempestività degli scambi di denaro. L’ordinanza sottolinea anche che, nei capi di imputazione di tali sentenze, è esplicitato che
ella ha agito in concorso con una pluralità di soggetti sudamericani, rimasti non identificati.
La conseguente valutazione della attuale esigibilità di una collaborazione, diretta a identificare soprattutto i complici, all’epoca operanti in Sud America, appare logica e fondata su elementi concreti: è logico, infatti, ritenere che la ricorrente, rivestendo il ruolo di capo promotore dell’associazione, avesse contatti diretti o quanto meno rapporti di conoscenza con gli altri appartenenti ad essa e che, occupandosi di organizzare e controllare gli scambi di denaro, tenesse analoghi contatti con i vertici delle organizzazioni acquirenti ed importatrici delle sostanze stupefacenti, o quanto meno con coloro che, per conto di questi ultimi, gestivano i flussi del denaro. La collaborazione ritenuta ancora esigibile, quindi, riguarda non eventuali altri reati che i complici rimasti non identificati potrebbero ancora compiere, ma la vicenda stessa per la quale la ricorrente è stata condannata, dal momento che le sentenze di condanna non hanno ricostruito completamente l’organigramma delle associazioni criminali coinvolte, né hanno individuato tutti i soggetti che partecipavano al traffico anche da lei gestito.
GLYPH La ricorrente censura la decisione richiamando la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «in tema di concessione di benefici penitenziari a condannati per delitti ostativi di prima fascia, ai sensi dell’art. 4-bis, comma 1, Ord. pen., l’accertamento dell’impossibilità (o dell’inesigibilità) di un’util collaborazione con la giustizia è circoscritto – stante il tenore letterale del comma 1-bis di detto articolo – alle sole circostanze e situazioni di fatto riferibil alle contestazioni mosse al condannato nei processi conclusisi con le sentenze di condanna per cui è in esecuzione la pena, senza poter essere dilatato fino a ricomprendervi gli ulteriori contenuti informativi che consentono la repressione o la prevenzione di condotte criminose diverse, inerendo tale requisito alla diversa figura della collaborazione effettiva con la giustizia, di cui all’art. 58-ter, connma 1, Ord. pen., che sola consente il superamento delle soglie minime di espiazione di pena necessario per l’accesso ai diversi benefici penitenziari» (Sez. 1, n. 14158 del 19/02/2020, Rv. 279120). L’ordinanza impugnata, però, si è conformata a tale principio, in quanto ha circoscritto la valutazione della esigibilità della collaborazione alle violazioni per cui la ricorrente è stata condannata, evidenziando in particolare che ella potrebbe ancora consentire di individuare i partecipi dell’associazione di cui era capo promotore, e di cui aveva sicuramente conoscenza, stante il ruolo ricoperto.
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Non è esatto, quindi, che il Tribunale abbia genericamente escluso la inesigibilità della collaborazione per i condannati per un delitto associativo, in quanto, pur affermando che trattasi di un reato che si estrinseca in molte condotte, che non sempre possono essere accertate in modo esaustivo, in relazione alla ricorrente ha individuato in modo specifico e concreto l’ambito della collaborazione esigibile, indicando, come detto, la mancata identificazione dei suoi complici, soprattutto operanti in Sud America.
La ricorrente contesta tale individuazione sostenendo che la vicenda per cui ella è stata condannata sarebbe stata accertata in modo completo, e che le sentenze di condanna hanno descritto un suo ruolo molto settoriale, che la metteva in contatto solo con poche persone, ma fa riferimento ad atti non allegati e a valutazioni del tutto soggettive e personali. Di fatto ella chiede a questa Corte una diversa valutazione degli elementi esaminati dal Tribunale di sorveglianza, mentre il compito del giudice di legittimità è solo quello di rilevare eventuali violazioni di legge e vizi della motivazione del provvedimento impugnato, esulando dai limiti della sua cognizione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, se valutati dal giudice di merito in modo completo, non manifestamente illogico e non contraddittorio.
L’ordinanza impugnata risulta priva di tali vizi, e non vi è motivo, pertanto, per disporne l’annullamento.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, e la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 27 settembre 2024
Il Consigliere estensore