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Collaborazione impossibile: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto, condannato per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, contro il diniego della declaratoria di collaborazione impossibile. La Corte ha stabilito che il ricorso non può limitarsi a richiedere una nuova valutazione dei fatti, ma deve individuare specifici vizi giuridici nel provvedimento impugnato, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Collaborazione Impossibile: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’istituto della collaborazione impossibile rappresenta una via cruciale per i detenuti condannati per reati ostativi che aspirano a benefici penitenziari. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda i rigorosi limiti procedurali per far valere tale condizione. La Corte ha chiarito che un ricorso non può limitarsi a contestare la valutazione del giudice di merito, ma deve sollevare specifiche questioni di legittimità. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

Il caso in esame: la richiesta di declaratoria di collaborazione impossibile

Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto condannato per un reato ostativo previsto dall’art. 74 del Testo Unico sugli Stupefacenti, relativo all’associazione finalizzata al traffico di sostanze illecite. Il ricorrente aveva presentato un’istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere l’accertamento della cosiddetta collaborazione impossibile, ai sensi dell’art. 58-ter dell’Ordinamento Penitenziario.

Il Tribunale di Sorveglianza aveva rigettato la richiesta. La decisione si basava sulla constatazione che il condannato, pur avendo legami con esponenti di spicco del suo ambiente criminale, non aveva fornito alcun contributo processuale utile a smantellare o comprendere le dinamiche associative. Di fronte a questo diniego, il detenuto ha proposto ricorso per Cassazione.

La decisione sulla collaborazione impossibile e il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno osservato che l’atto di impugnazione non individuava singoli e specifici profili di illegittimità del provvedimento del Tribunale di Sorveglianza. Al contrario, il ricorso tendeva a provocare una nuova e non consentita valutazione del merito dei presupposti per la concessione del beneficio.

In sostanza, il ricorrente non contestava un errore di diritto o un vizio logico nella motivazione dell’ordinanza impugnata, ma si limitava a dissentire dalla conclusione del Tribunale, chiedendo implicitamente alla Cassazione di riesaminare i fatti. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione, che è giudice di legittimità e non di merito.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare le prove e i fatti. Il suo scopo è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali.

Nel caso specifico, il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente vagliato gli elementi a sua disposizione. Aveva evidenziato i collegamenti, definiti “incontroversi”, del ricorrente con figure criminali di rilievo e aveva sottolineato la totale assenza di un apporto collaborativo. La motivazione del Tribunale era quindi logica, coerente e fondata sugli atti processuali. Il ricorso, non riuscendo a dimostrare un’errata applicazione della legge o un’illogicità manifesta nel ragionamento del giudice di merito, è stato ritenuto generico e, pertanto, inammissibile.

La Corte ha inoltre confermato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale in caso di inammissibilità del ricorso.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per la pratica legale: un ricorso per Cassazione deve essere formulato con estremo rigore tecnico. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione di un giudice; è necessario identificare con precisione il vizio di legittimità che la inficia. Per quanto riguarda la collaborazione impossibile, la pronuncia sottolinea che la valutazione sull’assenza di un contributo utile da parte del condannato rientra pienamente nell’apprezzamento di merito del Tribunale di Sorveglianza, sindacabile in sede di legittimità solo in caso di vizi logici o giuridici palesi, che devono essere specificamente dedotti nel ricorso.

Perché il ricorso per la collaborazione impossibile è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non individuava specifici vizi di legittimità (errori di diritto o vizi di motivazione) dell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, ma mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività non consentita alla Corte di Cassazione.

Cosa doveva dimostrare il ricorrente per ottenere la declaratoria di collaborazione impossibile?
Il ricorrente avrebbe dovuto fornire un apporto processuale idoneo a giustificare l’applicazione della disciplina, oppure dimostrare oggettivamente l’impossibilità di fornire tale apporto. Nel caso specifico, non avendo fornito alcuna indicazione sui suoi noti collegamenti criminali, non ha soddisfatto i requisiti.

Quali sono state le conseguenze economiche della declaratoria di inammissibilità?
A seguito della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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