Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38452 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38452 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/03/2024 del Tribunale di Sorveglianza di Firenze udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO per l’inammissibilità.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Firenze, con ordinanza in data 28 marzo 2024, ha rigettato l’istanza di accertare la collaborazione impossibile ai sensi dell’art. 58 ter ord. pen. presentata da NOME COGNOME.
Il ricorrente è ristretto in esecuzione della pena dell’ergastolo con isolamento diurno per anni uno, determinata da un provvedimento di cumulo che riunisce la pena per numerosi delitti, tra i quali i due omicidi di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il Tribunale nel provvedimento ha dato conto che il ricorrente allo stato ha scontato una pena tale da superare i limiti di ammissibilità di cui agli artt. 30 ter e 30 quater ord. pen. e, però, ha evidenziato che la collaborazione non può ritenersi impossibile. Nello specifico, facendo nella sostanza riferimento alla situazione complessiva e agli altri reati commessi, ha rilevato come le vicende
non siano state compiutamente chiarite. Riguardo agli omicidi il giudice di sorveglianza ha specificato che non sono stati individuati tutti i correi e il luogo dove sono state occultate le armi. Il Tribunale ha indicato anche il fatto che durante le indagini per l’omicidio di NOME COGNOME il condannato aveva dichiarato di voler collaborare e poi aveva cambiato idea, elemento questo dal quale si desumerebbe che allo stato ci sono ancora margini per fornire chiarimenti in merito ai reati commessi.
Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, in un unico motivo di ricorso, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione evidenziando che la conclusione del Tribunale sarebbe errata perché il giudice non avrebbe dovuto fare riferimento e considerare i reati diversi dall’omicidio di NOME COGNOME in quanto la pena per gli altri reati, anche per l’omicidio di NOME COGNOME, è stata già interamente espiata con l’isolamento diurno. Sotto tale profilo, pertanto, il giudice avrebbe dovuto procedere allo scioglimento del cumulo e, conseguentemente, sarebbe sbagliata la conclusione per cui la collaborazione sarebbe ancora possibile in quanto, in ordine all’omicidio la cui pena è ora in esecuzione, sarebbe stato accertato tutto senza che si possa ritenere che ci sia altro a conoscenza del condannato.
In data 31 maggio 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO NOME COGNOME chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nell’unico motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione evidenziando che i Tribunale avrebbe dovuto procedere allo scioglimento del cumulo, anche tra i reati ostativi, e, conseguentemente, verificare l’impossibilità della collaborazione facendo riferimento al solo omicidio di COGNOME, unico delitto la cui pena è in corso di esecuzione.
La doglianza è infondata.
Il presupposto sul quale questa si fonda, infatti, non è corretto.
2.1. La giurisprudenza di legittimità è pacifica nel ritenere che, in presenza di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti ex art. 663 cod. proc. pen., è legittimo lo scioglimento del “cumulo” nel corso dell’esecuzione quando
occorre procedere al giudizio sull’ammissibilità della domanda di concessione di un beneficio penitenziario, la cui applicazione trovi ostacolo nella presenza di uno o più titoli di reato inclusi nel novero di quelli elencati nell’art. 4 bis, comma 1, ord. pen., ciò al fine di verificare che il condannato abbia espiato la parte di pena a essi relative (Sez. 1, n. 12554 del 21/02/2020, COGNOME, Rv. 278903 – 01; Sez. U, n. 14 del 30/06/1999, COGNOME, Rv. 214355-01; Sez. 1, n. 2285 del 03/12/2013, dep. 2014, Di Palo, Rv. 258403-01; Sez. 1, n. 5158 del 17/01/2012, Marino, Rv. 251860-01; Sez. 1, n. 1405 del 14/12/2010, dep. 2011, Zingale, Rv. 249425- 01).
Tale operazione, però, è consentita solo allorché il provvedimento di cumulo, o la parte di questo che è necessario sciogliere, riguardi reati c.d. ostativi e reati non ostativi.
Sul punto, infatti, il Collegio -pure consapevole di un contrario orientamento, per il quale è possibile procedere allo scioglimento anche quando il cumulo si riferisce a soli reati ostativi (Sez. 1, n. 26320 del 29/04/2019, COGNOME; Sez. 1, n. 48690 del 29/05/2019, COGNOME, Rv. 277889-01; Sez. 1, n. 41242 del 09/07/2019, COGNOME, e Sez. 1, n. 49713 dell’08/10/2019, Cosenza, 278462 01)- intende ribadire e dare continuità all’indirizzo secondo il quale quando tutti i reati in espiazione, o anche solo una parte di quelli ancora in esecuzione, sono caratterizzati dalla stessa eguale connotazione ostativa non ricorrono i presupposti per derogare alla regola stabilita dall’art. 76 cod. pen., per cui si considerano le pene concorrenti della stessa specie come pena unica, attuandosi così il principio dell’unitarietà della pena cumulata e del rapporto esecutivo (in questi termini, da ultimo, Sez. 1, n. 12554 del 21/02/2020, COGNOME, Rv. 278903 – 01; Sez. 1, n. 21421 del 07/03/2019, COGNOME, e, da ultimo, Sez. 1, n. 36057 del 27/06/2019, COGNOME, Rv. 276827-02).
Ciò perché, come recentemente evidenziato, lo scioglimento di un cumulo che riguarda solo reati ostativi sarebbe privo di base logica, prima ancora che normativa, in quanto non sarebbe possibile individuare alcun ragionevole e obiettivo criterio di imputazione all’uno o all’altro titolo della pena già espiata (Sez. 1, n. 12554 del 21/02/2020, COGNOME, Rv. 278903 – 01).
Nel caso specifico relativo alla collaborazione, ad esempio, questo criterio, che è merannente utilitaristico, non può valere quando, a fronte di spazi ancora aperti di utile collaborazione, il soggetto dimostra slealtà verso l’Istituzione.
La collaborazione, infatti, è, anzitutto, un indice legale di rottura dei collegamenti con la criminalità organizzata e questo significato è contraddetto da scelte di opportunistica selezione degli ambiti di utile e possibile suo dispiegamento, che viceversa deve essere favorito nei termini più ampi.
o
Proprio per tale ragione questa Corte ha ripetutamente affermato che, «in materia di benefici penitenziari e ai fini dell’accertamento giudiziale delle condotte rilevanti ai sensi dell’art. 58 ter ord. pen., assumono rilievo, in positivo, non soltanto i comportamenti di collaborazione che ineriscono al delitto per cui è in esecuzione la pena, ma ogni apporto informativo idoneo a consentire la prevenzione, o la repressione, di condotte criminose diverse da esso, e ciò in coerenza con la ratio legis, che intende incentivare il fatto obiettivo della collaborazione (Sez. 1, n. 7968 del 08/01/2016, COGNOME, Rv. 266239-01; Sez. 1, n. 58075 del 26/10/2017, COGNOME, Rv. 271616-01); per contro, e in negativo, l’accertamento in parola non può essere limitato ai soli delitti stricto sensu ostativi a tale concessione, ma deve essere esteso ai delitti ulteriori, ai primi finalisticamente collegati, in quanto l’unicità del programma criminoso postula un giudizio globale sulla personalità del condannato e del suo concreto ravvedimento, con riferimento a tutti i fatti e le responsabilità oggetto del processo sfociato nella sentenza definitiva (Sez. 1, n. 45330 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277489-01; Sez. 1, n. 43391 del 03/10/2014, COGNOME, Rv. 261145-01; Sez. 1, n. 12949 del 03/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259544-01; Sez. 1, n. 43659 del 18/10/2007, COGNOME, Rv. 238689-01; Sez. 1, n. 3176 del 06/05/1997, COGNOME, Rv. 207969-01)» (così, ancora, Sez. 1, n. 12554 del 21/02/2020, COGNOME, Rv. 278903 – 01).
2.2. Nel caso di specie il Tribunale di sorveglianza si è conformato ai principi indicati e nella motivazione, facendo riferimento a tutti i reati commessi, peraltro ancora in esecuzione, ha evidenziato come allo stato la collaborazione non possa essere qualificata come impossibile, non essendo stati a oggi individuati tutti gli autori ed esecutori e concorrenti, anche morali, dei reati, ciò anche senza considerare il fatto che il ricorrente non ha fornito alcuna informazione utile ai fini del reperimento o anche solo in ordine alle modalità di occultamento delle armi utilizzate.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 1°/7/2024