Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3318 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3318 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/03/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
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RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7 marzo 2023, il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila ha rigettato l’istanza presentata da NOME COGNOME di ammissione, previo accertamento dell’impossibilità della collaborazione, alla misura alternativa alla detenzione della semilibertà.
Ha giustificato la decisione sul rilievo, da un canto, dell’inattendibilità dell dichiarazioni rese da COGNOME in ordine all’identità di uno degli autori della rapina da lui commessa nel 1991 e, dall’altro, dell’assenza di prova alcuna in merito all’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna, ovvero all’assoluta impossibilità di tale adempimento.
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato a tre motivi, con i quali deduce, costantemente, violazione di legge, sub specie di carenza di motivazione.
Con il primo motivo, lamenta che il Tribunale di sorveglianza ha disatteso la richiesta di rinvio dell’udienza, avanzata il 7 marzo 2023, originata dal deposito, in quella data, di documentazione rilevante che egli, dunque, non ha potuto esaminare e valutare, con conseguente, illegittimo sacrificio del diritto di difesa.
Con il secondo motivo, si duole della negativa valutazione riservata dal Tribunale di sorveglianza al racconto da lui offerto circa il coinvolgimento di NOME COGNOME nella rapina aggravata alla quale egli ha concorso.
Con il terzo motivo, eccepisce di avere debitamente rappresentato la propria piena disponibilità ad adempiere, nei limiti delle proprie possibilità economiche, agli obblighi riparatori nei confronti delle vittime dei reati da lui commessi e dei loro familiari.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, passibile di rigetto.
La doglianza, di ordine processuale, sollevata dal ricorrente con il primo motivo, non trova riscontro alcuno nella documentazione trasmessa e, precipuamente, nel verbale dell’udienza del 7 marzo 2023, nel quale si dà atto delle conclusioni del Procuratore generale e, subito dopo, delle richieste avanzate dalla difesa dell’istante, volte, da un canto, al differimento dell’udienza «anche
per rinnovo della relazione sintesi» e, dall’altro, a sollecitare approfondimenti istruttori finalizzati alla verifica della affidabilità dell’indicazione nel def NOME COGNOME del correo della cui identificazione si discute.
Del tutto generica si palesa, pertanto, l’obiezione concernente la tardiva ed occulta allegazione al fascicolo di causa di determinati documenti ed il sacrificio delle prerogative difensive asseritamente derivante dal rigetto della richiesta di rinvio, anche in funzione della redazione di apposita memoria difensiva.
Per quanto concerne il secondo motivo, è utile premettere che il tema della collaborazione impossibile o inesigibile, quantunque assente nella formulazione dell’art. 4-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, nel testo riformato dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, mantiene, nondimeno, rilevanza nella fattispecie in esame in virtù della disposizione transitoria prevista all’art. 3, comma 2, del medesimo testo normativo.
Ciò posto, va notato come l’ordinanza impugnata sia sorretta, in proposito, da un apparato argomentativo di assoluta solidità, che fa leva sulla tardività dell’indicazione, quale coautore della rapina, di NOME COGNOME, deceduto molti anni prima della controversa propalazione.
Il Tribunale di sorveglianza ha, invero, gioco facile nel rimarcare, da un canto, che il rango assunto da COGNOME in seno alla compagine e, vieppiù, il ruolo protagonistico da lui svolto nell’organizzazione della rapina de qua agitur, già compiutamente delineato nella precedente ordinanza del 18 maggio 2021, rendono del tutto implausibile che egli possa essere incorso in un difetto di memoria e nell’aggiungere, dall’altro, che la tempistica della positiva indicazione, seguita ad un lungo silenzio, le giustificazioni in proposito fornite e la direzione delle accuse nei confronti di un soggetto non più in vita concorrono nel convincere della falsità della dichiarazione, sintomo della persistente volontà di preservare soggetti appartenenti al medesimo milieu delinquenziale.
Il ragionamento sviluppato dal Tribunale di sorveglianza è tetragono alle censure del ricorrente, che si dipanano lungo il sentiero della sterile confutazione e della valorizzazione di dichiarazioni – quali quelle rese dai collaboratori di giustizia COGNOME, COGNOME e COGNOME – che, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non vengono allegate.
L’impugnazione rivela tutta la sua fragilità, per altro verso, perché non spiega in alcun modo per quale ragione COGNOME nulla ha detto, in ordine alla partecipazione di COGNOME alla rapina in questione, nell’ambito del precedente procedimento finalizzato al riconoscimento dell’impossibilità della collaborazione (definito, come detto, con ordinanza di rigetto del 18 maggio 2021), persino
quando, a seguito dell’annullamento con rinvio, da parte della Corte di cassazione, dell’ordinanza resa dal Tribunale di sorveglianza il 26 novembre 2019, la centralità del tema era apparsa in tutta la sua evidenza.
4. Privo di pregio è, del pari, l’ultimo motivo.
Se è vero, infatti, che l’istanza introduttiva del presente procedimento, redatta e depositata nella vigenza della preesistente cornice normativa, è silente circa l’adempimento degli obblighi riparatori e che, all’entrata in vigore della novella, COGNOME, con la missiva del 14 novembre 2022, si è dichiarato pronto a cedere una parte dei redditi prodotti grazie al lavoro in carcere in favore delle famiglie delle vittime dei reati da lui commessi, non è meno vero, per converso, che la richiamata professione di intenti non è in alcun modo sufficiente a soddisfare le condizioni indicate nel nuovo testo dell’art. 4 -bis, comma 1 -bis, legge 26 luglio 1975, n. 354.
A tal fine, è, infatti, richiesto, da un canto, l’avvenuto adempimento degli obblighi riparatori (nei limiti, ovviamente, delle effettive possibilità economiche del condannato) e non una semplice, ancorché apprezzabile, manifestazione di intenti – dovendo il giudice, vieppiù, accertare «la sussistenza di iniziative dell’interessato a favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quella della giustizia riparativa» – e, dall’altro, l’acquisizione, in positivo, di element che inducano ad escludere l’attualità di collegamenti dell’istante con la criminalità organizzata ed il pericolo del loro ripristino, ovvero l’esecuzione di un’attività istruttoria, stimolata, in primo luogo, dalle allegazioni dell’interessato che, nel caso di specie, relativo ad istanza presentata in epoca precedente all’approvazione ed all’entrata in vigore delle disposizioni contenute nel d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, non risulta essere stata compiuta.
Dal rigetto del ricorso discende la condanna di NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616, comma 1, primo periodo, cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 25/10/2023.