LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Collaborazione impossibile: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto condannato per traffico internazionale di stupefacenti, il quale richiedeva il riconoscimento della collaborazione impossibile per accedere ai benefici penitenziari. La Corte ha confermato la decisione del Tribunale di Sorveglianza, sottolineando che il ruolo del condannato non era affatto marginale e che esisteva ancora la possibilità concreta di fornire informazioni utili alla giustizia. La sentenza ribadisce che la valutazione sulla possibilità di collaborare si basa su un’analisi attenta delle sentenze di merito e non può essere messa in discussione con generiche doglianze in sede di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Collaborazione Impossibile: Quando non basta affermare un ruolo marginale

L’accesso ai benefici penitenziari per chi è condannato per reati ostativi è un tema complesso, spesso legato al concetto di collaborazione impossibile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13135 del 2024, offre chiarimenti cruciali su questo istituto, specificando che non è sufficiente per il condannato affermare di aver avuto un ruolo secondario per ottenere una declaratoria in tal senso. La valutazione dei giudici deve basarsi su un’analisi approfondita e concreta delle risultanze processuali.

Il Caso in Esame: Traffico di Droga e Richiesta di Benefici

Il caso riguarda un individuo condannato a una pena significativa per reati legati al traffico internazionale di stupefacenti, in base agli articoli 73 e 74 del d.P.R. 309/1990. Tali reati sono definiti “ostativi”, ovvero bloccano di norma l’accesso a benefici come permessi premio o misure alternative alla detenzione, salvo che il condannato collabori con la giustizia.

L’interessato aveva presentato un’istanza al Tribunale di Sorveglianza di Bologna chiedendo che venisse accertata la sua collaborazione impossibile o inesigibile, ai sensi dell’art. 58-ter dell’ordinamento penitenziario. A suo dire, il suo coinvolgimento nei fatti criminosi era stato marginale, il che gli impediva di fornire informazioni utili e decisive per le indagini.

La Decisione del Tribunale di Sorveglianza

Il Tribunale di Sorveglianza ha rigettato l’istanza. Dopo un’attenta analisi delle due sentenze di condanna a carico del soggetto, i giudici hanno concluso che il suo ruolo non era affatto di secondo piano. Al contrario, era emerso che l’uomo aveva avuto un ruolo attivo nell’organizzazione, ad esempio recandosi personalmente in Francia per verificare canali di transito della droga dal Sudamerica e agendo come potenziale finanziatore del sodalizio criminale. Di conseguenza, il Tribunale ha ritenuto che il condannato fosse ancora in possesso di informazioni rilevanti (come i nomi dei contatti esteri o degli acquirenti finali) e che, quindi, la sua collaborazione non fosse affatto impossibile.

I Motivi del Ricorso in Cassazione sulla collaborazione impossibile

Attraverso il suo difensore, il condannato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente:
1. Una violazione dell’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, come modificato dal D.L. 162/2022, sostenendo che la nuova normativa sarebbe stata più favorevole nel suo caso concreto.
2. Un’errata valutazione da parte del Tribunale, che si sarebbe limitato a un esame astratto senza considerare memoriali e interrogatori che, a suo avviso, dimostravano il suo ravvedimento.
3. L’omessa valutazione della sussistenza dei requisiti per accedere ai benefici secondo la nuova normativa.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Le motivazioni della Suprema Corte sono state chiare e puntuali.

In primo luogo, i giudici hanno chiarito che il Tribunale ha correttamente applicato la disciplina transitoria del D.L. 162/2022, che mantiene in vita l’istituto della collaborazione impossibile ex art. 58-ter per i reati commessi prima dell’entrata in vigore della riforma. L’istanza del detenuto era incentrata proprio su questo istituto, rendendo irrilevanti le censure sulla nuova disciplina dell’art. 4-bis, per la quale potranno essere presentate specifiche e distinte istanze.

Nel merito, la Corte ha stabilito che la valutazione del Tribunale di Sorveglianza era immune da vizi logici o giuridici. I giudici di sorveglianza avevano analizzato in modo approfondito gli elementi emersi dalle sentenze di condanna, concludendo motivatamente che il ruolo del ricorrente non era limitato e che esistevano ancora ampi margini per una collaborazione utile. Ad esempio, non erano mai stati identificati i fornitori e gli acquirenti con cui egli aveva avuto contatti diretti. Il ricorso, secondo la Cassazione, si traduceva in un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione dei fatti, cosa preclusa in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la declaratoria di collaborazione impossibile non è un automatismo derivante dalla semplice affermazione di un ruolo marginale da parte del condannato. È l’esito di una rigorosa valutazione giudiziale basata sulle prove e sulle sentenze irrevocabili. Il giudice di sorveglianza ha il dovere di esaminare concretamente la posizione del soggetto all’interno del contesto criminale per verificare se egli sia o meno in possesso di informazioni che potrebbero rivelarsi utili. Questa decisione rafforza la centralità dell’analisi fattuale e motivazionale del giudice del merito, limitando la possibilità di contestazioni generiche o meramente assertive in sede di Cassazione.

Cosa si intende per collaborazione impossibile con la giustizia?
Si intende una situazione oggettiva in cui un condannato non è in grado di fornire informazioni utili alle indagini perché la sua partecipazione al reato è stata talmente limitata e marginale da non avergli consentito di conoscere dettagli rilevanti sulla struttura criminale o su altri fatti.

Può la Corte di Cassazione riesaminare i fatti di un processo, come il ruolo di un imputato in un’associazione criminale?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della decisione impugnata sia logica e non contraddittoria. Non può effettuare una nuova valutazione delle prove o sostituire il proprio giudizio sui fatti a quello del giudice precedente.

Come ha risolto la Corte la questione dell’applicazione della nuova legge (D.L. 162/2022) a fatti commessi in precedenza?
La Corte ha specificato che la nuova legge prevede una disciplina transitoria. Per i reati commessi prima della sua entrata in vigore, continua ad applicarsi il precedente istituto della collaborazione impossibile (art. 58-ter ord. pen.), poiché la richiesta del detenuto era basata specificamente su di esso. Ciò non esclude che il condannato possa presentare una nuova e separata istanza per accedere ai benefici previsti dalla nuova disciplina dell’art. 4-bis.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati