Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13135 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13135 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BOLZANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23/05/2023, il Tribunale di sorveglianza di RAGIONE_SOCIALE ha rigettato l’istanza proposta il 04/10/2022 nell’interesse di NOME COGNOME – in espiazione della pena di anni 14 mesi 3 e giorni 3 di reclusione, in relazione a due condanne per delitti di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. 309 del 1990 -, avente ad oggetto l’accertamento della condotta di collaborazione impossibile/inesigibile ex art. 58 ter ord. pen..
1.1. Il Tribunale ha preliminarmente rilevato il perdurante interesse del condannato alla decisione di merito sull’istanza proposta, osservando come la modifica normativa intervenuta con d. I. 162 del 2022 (in vigore dal 31/10/2022), profondamente innovatrice dell’art. 4-bis ord. pen., preveda una specifica disciplina intertemporale (art. 3 d. I. cit.) che, quantomeno in ordine ai profili di ammissibilità delle domande di benefici penitenziari, ha fatto salvo l’istituto della collaborazione impossibile/inesigibile ex art. 58 ter ord. pen. -istituto ritenuto peraltro più favorevole dell’attuale disciplina di cui a novellato art. 4-bis ord. pen. per i soggetti che non hanno prestato collaborazione-, in relazione ai fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore del citato decreto.
1.2. Nel merito, il Tribunale analizzava le due sentenze di condanna in esecuzione, entrambe per i reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. 309 del 1990, valutando analiticamente le vicende criminali che avevano visto il COGNOME come protagonista: alla luce di tale disamina osservava come non fosse possibile affermare l’impossibilità della collaborazione del COGNOME il quale, contrariamente a quanto dedotto nell’istanza, non aveva affatto rivestito un ruolo di secondo piano nella perpetrazione delle condotte illecite, tale da escludere che la sua partecipazione alle vicende criminali potesse essere ritenuta limitata; del pari doveva anche escludersi che al COGNOME fosse impedito di rendere utile collaborazione con la giustizia in merito a circostanze e ancora non del tutto chiarite.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME AVV_NOTAIO, per il tramite del difensore AVV_NOTAIO, deducendo un unico motivo con cui lamenta la violazione dell’art. 4-bis ord. pen. e il corrispondente vizio della motivazione.
2.1. Si duole in via preliminare il ricorrente che il Tribunale abbia operato una valutazione astratta circa la portata meno favorevole del regime normativo attualmente previsto dal novellato art. 4-bis ord. pen. per i soggetti che non hanno prestato collaborazione, senza alcuna valutazione circa l’opportunità di applicare la nuova disciplina al caso di NOME COGNOME che, al contrario, avrebbe rispettato il principio del favor rei, in concreto e non in astratto, possedendo il prevenuto tutti i requisiti richiesti dal novellato art. 4-bis ord. pen..
2.2. Osserva poi il ricorrente come erroneamente il Tribunale non abbia riconosciuto in capo al COGNOME l’impossibilità di un’utile collaborazione con la giustizia, di cui in realt
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ricorrevano tutti i presupposti. Premessa l’irrilevanza e genericità delle informative acquisite provenienti rispettivamente dalla D.D.A. di RAGIONE_SOCIALE e dalla D.D.A di RAGIONE_SOCIALE, ci si duole che il Tribunale abbia operato una valutazione in astratto, limitandosi a prendere in esame i capi di imputazione delle sentenze di condanna ed omettendo altresì di valutare l’allegazione compiuta in istruttoria, comprovante la circostanza che COGNOME, sin dall’esordio dei procedimenti sfociati nelle sentenze di condanna in esecuzione, aveva versato in atti lunghi memoriali in cui chiariva il proprio ruolo nell’ambito delle condotte criminose allo stesso addebitate, nonché aveva reso interrogatori nel corso dei quali emergeva il suo ravvedimento rispetto alle condotte poste in essere.
2.3. Il ricorrente si duole anche che il Tribunale abbia omesso di operare lo scioglimento del cumulo: in particolare la condanna inflitta in relazione alle più gravi vicende giudicate con sentenza della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE è stata interamente espiata.
2.4. Infine, sul presupposto che, nel caso specifico, l’applicazione della nuova normativa di cui al novellato art. 4-bis ord. pen. era certamente più favorevole per il COGNOME, il Tribunale ha omesso di valutare la sussistenza in capo al richiedente di tutti i requisiti di accesso ai benefici penitenziari.
Nella requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va innanzitutto chiarito come la domanda proposta dal detenuto attenesse l’accertamento della condotta di collaborazione impossibile/inesigibile ex art. 58 ter ord. pen.: entro tali limiti si è attenuta la valutazione del Tribunale.
Il Tribunale si è quindi limitato ad evidenziare come la posizione giuridica del ricorrente fosse soggetta alla disciplina transitoria prevista dall’articolo 3 del d. I. n. 16 del 2022, in quanto le condanne in esecuzione attengono a reati commessi prima dell’entrata in vigore di tali modifiche legislative.
Ed invero, il comma 2 del citato art. 3 prevede che l’accesso ai benefici penitenziari possa essere riconosciuta ai condannati che abbiano commesso il reato prima dell’entrata in vigore della modifica, consentendo quindi la sopravvivenza della cd. collaborazione impossibile, inesigibile o irrilevante, fino all’esaurirsi delle posizioni comprese nel limite temporale indicato dalla legge.
Ed infatti, prima dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 162 del 2022, il comma 1-bis, dell’art. 4-bis, per i reati “ostativi” prevedeva il superamento del divieto di ammissione ai benefici anche nelle due ipotesi di c.d. collaborazione impossibile o irrilevante e cioè nei casi:
di impossibilità di un’utile collaborazione con la giustizia determinata dalla limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero dall’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità, operato con sentenza irrevocabile;
in cui, anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti sia stata applicata la circostanza attenuante dell’avvenuto risarcimento del danno (art. 62, numero 6, c.p.), oppure quella della minima partecipazione al fatto (art.114 c.p.) ovvero se il reato è più grave di quello voluto (art. 116, secondo comma, c.p.).
L’affermazione quindi in ordine al maggior favore della disciplina di cui all’art. 58 ter ord. pen. rispetto al novellato art. 4 bis è stata operata dal Tribunale al solo fine di evidenziare il perdurante interesse del richiedente ad ottenere risposta in ordine all’istanza avanzata, che era, e non diversamente risulta dal medesimo tenore del ricorso, volta ad ottenere declaratoria di collaborazione impossibile/inesigibile ex art. 58 ter ord. pen.
Del tutto aspecifici e de-assiali risultano pertanto gli argomenti svolti in ricorsi circa il maggior favore della nuova disciplina e la censura mossa al Tribunale di non avere valutato la ricorrenza dei presupposti per l’accesso ai benefici ex art. 4 bis novellato: benefici, è appena il caso dii sottolineare, che ben potranno essere richiesti al competente Magistrato di sorveglianza dal condannato con specifica istanza.
Le doglianze mosse alla disamina effettuata dal Tribunale sullo specifico tema allo stesso devoluto circa la sussistenza dei presupposti della di collaborazione impossibile/inesigibile sono generickaspecificke comunque manifestamente infondatg
Il Tribunale di sorveglianza ha in primo luogo analizzato gli elementi scaturenti dalle decisioni dei giudici del merito, valutando attentamente la posizione del COGNOME e, quindi, ritenendo, con percorso motivazionale articolato ed esente da vizi di manifesta illogicità, l’insussistenza delle condizioni per applicare l’art. 58 ter ord. pen.
3.1. Con riferimento alla sentenza della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE del 26/11/2019, irr. il 21/09/2021, che ha condannato il COGNOME per i reati di cui agli artt. 74 d.P.R. 309 del 1990 (associazione finalizzata al narcotraffico, con le aggravanti della transnazionalità e del numero di sodali non inferiori a dieci) e art. 73 d.P.R. 309 del 1990, osserva il Tribunale come dall’analisi delle sentenze di merito fosse emerso il ruolo attivo ricoperto dal COGNOME “che aveva apportato un contributo determinante nell’acquisto di stupefacente recandosi personalmente in Francia per verificare se lo
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stupefacente da acquistare in Sudamerica potesse transitare da quel canale prima di giungere in Italia, e per i contatti avuti personalmente nella mediazione con il colombiani”.
Evidenzia quindi il Tribunale come la sentenza di condanna avesse recisamente escluso che COGNOME ricoprisse un ruolo di secondo piano nella perpetrazione delle condotte illecite tale da escludere che la sua partecipazione possa considerarsi limitata. Rileva anche come debba escludersi l’impossibilità di rendere ulteriore utile collaborazione con la giustizia in merito a circostanze non ancora del tutto chiarite, per esempio indicando il nominativo dei soggetti incontrati in Francia e le modalità con le quali questi avrebbero potuto assicurare l’arrivo in sicurezza delle sostanze in loco dal Sudamerica ed il successivo trasporto delle stesse in Italia.
3.2. La seconda condanna in esecuzione è quella inflitta con sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE del 31/01/2017, irr. il 02/10/2018, con la quale COGNOME è stato ritenuto responsabile dei di cui agli artt. 74 d.P.R. 309 del 1990 e art. 73 d.P.R. 309 del 1990. Anche con riferimento a tale vicenda criminale, osserva il Tribunale come debba escludersi dalla lettura delle sentenze di merito, che COGNOME abbia ricoperto un ruolo gregario o di mero esecutore di ordine altrui, avendo egli mostrato di avere autonomia decisionale con riferimento alla decisione di vendere stupefacente anche in assenza di previa autorizzazione del capo dell’associazione o comunque di una condivisa decisione assunta con gli altri sodali; COGNOME, inoltre, all’interno del sodalizio rappresentava un potenziale finanziatore delle attività illecite (essendo egli, in quanto titolare d un’impresa edile, in attesa di ottenere una forte somma di denaro, pari ad C 200.000, quale corrispettivo d per un appalto pubblico in precedenza realizzato).
Osserva il Tribunale come certamente residui da parte sua la possibilità di offrire una collaborazione in ordine all’identità degli acquirenti a cui lui vendeva direttamente lo stupefacente in quantità tali da fare escludere che la cessione fosse finalizzata ad uso personale dei compratori; nè risulta sussistente un’impossibilità della collaborazione da parte del COGNOME sotto il profilo dell’integrale accertamento dei fatti e delle responsabilità altrui, dal momento che né gli acquirenti né i fornitori dello stupefacente, con i quali COGNOME ebbe a che fare personalmente, sono mai stati identificati.
3.3. Ebbene, il Tribunale di Sorveglianza, facendo riferimento alle vicende processuali che hanno coinvolto il ricorrente, ha evidenziato i punti essenziali per i quali ha ritenuto come possibile la sua eventuale collaborazione con la giustizia.
A fronte di ciò, il ricorrente si limita ad essere confutativo: a fronte di questa motivazione completa, le censure sollevate con il ricorso appaiono astratte, essendo costituite da mere doglianze in punto di fatto tese a sovrapporre un’interpretazione delle risultanze probatorie (circa la marginalità del ruolo rivestito dal COGNOME) diversa da quella recepita dal Tribunale di sorveglianza, più che a denunciare un vizio rientrante in una delle categorie individuate dall’art. 606 cod. proc. pen.
Il Collegio condivide la linea interpretativa tracciata da questa Corte, secondo la quale l’epilogo decisorio non può essere invalidato da prospettazioni alternative che si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giudice di merito, perché illustr come maggiormente plausibili, o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, Rv. 234148).
D’altronde, nessun vizio logico argomentativo è ravvisabile nella motivazione offerta dal Tribunale di sorveglianza, che ha esplicitato, con argomentazioni puntuali e adeguate le ragioni per le quali ha rigettato l’istanza presentata da COGNOME.
3.4. Va infine osservato come la doglianza inerente il mancato scioglimento del cumulo risulti aspecifica, dal momento che il Tribunale ha approfonditamente analizzato entrambe le vicende criminali, argomentando in ordine all’assenza dei requisiti della collaborazione inesigibile impossibile e/o inesigibile con riferimento ad ambedue le sentenze di condanna.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 14 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Pvesidente