Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 19858 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19858 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
Sent. n. 361
UDIENZA PUBBLICA
DEL
26/02/2025
R.G.N. 35067/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Nigeria il 01/01/1978
avverso la sentenza del 15/03/2024 della Corte di appello di Perugia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendola declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 15/03/2024, la Corte di appello di Perugia, in parziale riforma della sentenza emessa in data 30/03/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia, confermata l’affermazione di responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 73, comma 1 e 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990, riduceva la pena inflitta all’imputato ad anni cinque, mesi otto di reclusione ed euro 24.000,00 di multa.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, articolando un unico motivo, con il quale deduce violazione dell’art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309/1990 e vizio di motivazione.
Argomenta che la Corte di appello aveva denegato l’applicabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309/1990, in maniera erronea e con motivazione manifestamente illogica e contraddittoria; in particolare, la Corte territoriale aveva affermato che le dichiarazioni dell’imputato non avevano prestato alcun significativo contributo alle indagini, mentre, al contrario, tali dichiarazioni erano state determinanti per l’emissione, prima della pronuncia impugnata, di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 28 soggetti per il delitto di associazione anche transnazionale dedita al traffico di stupefacenti e di innumerevoli reati-fine di detenzione/cessione di sostanze stupefacenti del tipo eroina e cocaina emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia nel procedimento n. 779/23 RGNR; successivamente, il Tribunale del riesame, che aveva approfondito l’ordinanza cautelare nei riesami ex art. 309 cod.proc.pen, aveva rigettato l’appello del Pg confermando la misura degli arresti domiciliari per NOME COGNOME riconoscendo che vi era stato un contributo causale tra le dichiarazioni del predetto ed i risultati delle indagini effettuate nel procedimento n. 779/23 RGNR.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso è inammissibile e, comunque, manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha ritenuto non configurabile l’attenuante di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309/1990, rimarcando, con apprezzamento di merito sorretto da motivazione adeguata e priva di vizi logici, come il contributo
collaborativo dell’imputato fosse risultato privo di concretezza in relazione alla lotta al traffico di stupefacenti.
I Giudici di appello hanno esaminato e valutato le dichiarazioni rese dall’imputato nel corso dell’interrogatorio del 03/02/2023 ed hanno evidenziato come le stesse non avessero fornito alcun contributo alla neutralizzazione dell’attività criminosa; in particolare, è stato precisato che le dichiarazioni aventi ad oggetto i rapporti dell’imputato con NOME COGNOME intervenivano quando gli inquirenti avevano già interrogato il Carrara in merito al traffico di stupefacenti, nel quale entrambi erano coinvolti, e questi aveva già reso dichiarazioni riguardanti l’attività illecita oggetto di giudizio; inoltre, si è sottolineato, con riferimento alle dichiarazioni relative a tale Jo, che l’imputato aveva riferito di consegne di eroina verificatesi negli anni precedenti, senza fornire elementi di attualità rispetto a tale soggetto, già conosciuto dalle forze dell’ordine perché dedito al traffico di stupefacenti; infine, si è rimarcato che, con riferimento ad NOME, personaggio dal quale l’imputato avrebbe acquistato gli 8 Kg di eroina, poi sequestrati presso la sua abitazione, l’COGNOME aveva fornito indicazioni del tutto generiche, inidonee ad una esatta identificazione del soggetto; conseguentemente ed in conclusione, si è affermato che le dichiarazioni rese dall’COGNOME non hanno prestato alcun significativo contributo alle indagini, né, per quanto qui rileva, l’interruzione dei traffici criminali. Il che impedisce di ravvisare l’attenuante della collaborazione di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309/1990, che consente di riconoscere un consistente sconto di pena a chi si adoperi per “evitare che l’attività criminosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti”.
La valutazione della Corte territoriale è in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309/1990 è necessario un concreto contributo diretto ad evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, che si traduca in un esito favorevole per le indagini e per la cessazione di attività criminali nel campo degli stupefacenti (Sez.6,n.45457 del 29/09/2015, Rv.265522 – 01; Sez. 6, n. 24189 del 27/03/2003, COGNOME, Rv. 225661; Sez. 4, n. 5481 del 28/02/1994, COGNOME, Rv. 198652.), contributo che, come congruamente argomentato dalla Corte di merito, nella specie non è ravvisabile.
Il ricorrente lamenta la mancata considerazione da parte dei Giudici di appello di un’ordinanza di custodia cautelare emessa (quindici giorni prima della pronuncia della sentenza impugnata) dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia nel proc. n. 779/2023 R.G.N.R in relazione al delitto di
associazione criminosa, anche transnazionale, dedita al traffico di stupefacenti e di innumerevoli reati-fine, il cui compendio indiziario era costituito in gran parte dalle dichiarazioni rese dall’attuale ricorrente.
In tal modo il ricorrente lamenta il vizio di ‘travisamento della prova”, per omissione della valutazione di una prova, previsto dall’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc.pen., a seguito della modifica apportata dalla l. n. 46 del 2006,
Va ricordato che (Sez.1, n.6112 del 22/01/2009, Rv.243225; Sez.6, n.10951 del 15/03/2006, Rv.233711; Sez.6, n.14054 del 24/03/2006, Rv.233454) è necessario perché si possa fare utile applicazione della predetta disposizione che: sia specificamente indicato l’atto del processo dal quale risulterebbe in tesi il vizio motivazionale; sia individuato l’elemento fattuale o il dato probatorio emergente da tale atto e incompatibile con la ricostruzione propria della decisione impugnata; sia fornita la prova della corrispondenza al vero di tale elemento o dato; vengano indicate le ragioni per le quali tale dato, non tenuto presente dal giudice, risulti decisivo per la tenuta logica della motivazione già adottata, sia cioè tale da mettere in crisi, disarticolandolo, l’intero impianto argomentativo sottoposto ad esame.
Nella specie, il ricorrente non comprova, e neppure deduce, che l’ordinanza cautelare in questione, che allega in copia al ricorso, fosse stata effettivamente e ritualmente prodotta in giudizio ed allegata agli atti processuali e che, quindi, facesse effettivamente parte del compendio probatorio valutabile dai Giudici di appello.
In tal modo il ricorrente non ha adempiuto all’onere di allegazione a suo carico, ed a tanto consegue, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, l’inammissibilità del motivo proposto (Sez.6, n.29263 del 08/07/2010, Rv.248192; Sez.2, n.26725 del 01/03/2013, Rv.256723; Sez.3, n.43322 del 02/07/2014, Rv.260994; Sez.4, n.46979 del 10/11/2015, Rv.265053; Sez.2, n.20677 del 11/04/2017, Rv.270071).
Il ricorrente, poi, allega al ricorso anche copia dell’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Perugia in data 30/04/2024 e, dunque, successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, nella quale si apprezza la valenza positiva delle dichiarazioni rese dall’COGNOME, al fine di evidenziare l’erroneità della sentenza impugnata,
Tale produzione è inammissibile, in quanto implicante una valutazione di merito, preclusa in sede di legittimità.
Va ricordato che nel giudizio di legittimità possono essere prodotti esclusivamente i documenti che l’interessato non sia stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio, sempre che essi non costituiscano “prova nuova” e non comportino un’attività di apprezzamento circa la loro validità formale e la loro
efficacia nel contesto delle prove già raccolte e valutate dai giudici di merito (Sez. 2, n. 42052 del 19/06/2019, Rv. 277609 – 01).
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/02/2025