Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7741 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7741 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
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SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
GLYPH 2 6 FEB. 2025
COGNOME NOMECOGNOME nato a Barcellona Pozzo di Gotto il 08/03/1988 avverso l’ordinanza emessa in data 15/07/2024 dal Tribunale di Messina visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15/07/2024, il Tribunale di Messina, adito con richiesta di riesame ex art. 309 cod. proc. pen. da COGNOME Giovanni, ha confermato l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere disposta nei suoi conftonti dal G.i.p. del Tribunale di Messina, in data 14/06/2024, in relazione ai
reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990, a lui rispettivamente ascri ai capi 119) e 124) della rubrica.
Ricorre per cassazione il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria. Si deduce che lo stesso Tribunale, esaminando la posizione del fratello del ricorrente COGNOME NOMECOGNOME aveva escluso l’attendibilità delle dichiarazioni della collaboratrice COGNOME NOMECOGNOME la quale aveva ricostruito in termini alquanto incerti un episodio di fornitura di stupefacente da NOME per il quale il proprio marito aveva incaricato COGNOME NOME, tra l’altro individuando il soggetto poi incaricato dello smercio in COGNOME NOME (anziché in COGNOME NOME, come riferito dal GENOVESE). In relazione a tale episodio, si evidenzia inoltre l’equivocità del ruolo che avrebbe svolto il ricorrente (forse di consumatore). Altrettanto generiche erano poi, ad avviso del difensore, le dichiarazioni della COGNOME quanto alla presunta vicinanza del COGNOME al marito COGNOME.
Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, ritenendo adeguata la motivazione del Tribunale sotto ogni profilo oggetto di impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve essere perciò rigettato.
Per ciò che riguarda l’imputazione associativa, deve osservarsi che la difesa non aveva contrastato, in sede di riesame, gli elementi valorizzati dal G.i.p. in ordine alla configurabilità dell’associazione di cui al capo 124), ma solo la ritenuta appartenenza di CALABRO’ Giovanni al predetto sodalizio (cfr. sul punto pag. 9 dell’ordinanza impugnata).
Anche quanto a tale specifico profilo, peraltro, il Tribunale ha diffusamente esposto le ragioni a sostegno dell’imputazione associativa a carico del CALABRO’, valorizzando anzitutto le dichiarazioni di GENOVESE NOME, soggetto posto in posizione apicale nel sodalizio poi divenuto collaboratore di giustizia, il quale aveva definito il ricorrente come il proprio “braccio destro” nel traffico di stupefacent soprattutto nella fase di procacciamento e successivo smercio della droga sintetica spice, oltre che per la convocazione dei pusher poco solerti nel pagamento della droga ricevuta e destinata allo spaccio (cfr. pag. 6). In secondo luogo, il Tribunale ha valorizzato le dichiarazioni di COGNOME NOME, moglie del GENOVESE divenuta anch’ella collaboratrice, la quale aveva riferito in ordine alla stret vicinanza del CALABRO’ con il marito (“erano anima e corpo”) per via del comune interesse nel narcotraffico (cfr. pag. 8 dell’ordinanza, in cui si sottolinea che
COGNOME aveva reso, in ordine al ricorrente, indicazioni più puntuali di quelle concernenti il fratello del ricorrente, COGNOME NOME). In terzo luogo, il Tribunale di Messina ha evidenziato che l’appartenenza al sodalizio di COGNOME NOME con un ruolo di rilievo era stata confermata, in termini sostanzialmente sovrapponibili a quelli delineati dal GENOVESE, anche dagli ulteriori dichiaranti COGNOME NOME e COGNOME NOME, intranei all’associazione di cui ben conoscevano l’organigramma (cfr. pag. 17 dell’ordinanza, con richiami a pag. 231 del provvedimento applicativo della misura).
Tali convergenti risultanze sono rimaste sostanzialmente prive di confutazioni da parte della difesa ricorrente, che si è soffermata sul solo episodio di cui al capo 119 (su cui cfr. infra, § seg.) e sulla asserita genericità delle dichiarazioni della COGNOME, senza alcun confronto con i contributi dichiarativi del COGNOME e dei fratelli COGNOME, né, tanto meno, con la valutazione della loro piena convergenza anche quanto al ruolo di rilievo svolto dal COGNOME. Il ricorso, sul punto, appare privo delle indispensabili connotazioni di specificità.
3. In relazione alla ulteriore incolpazione di cui al capo 119), relativa a concorso nella detenzione e cessione di cocaina con il GENOVESE ed altri soggetti, emerge dal provvedimento impugnato che l’accusa a carico del CALABRO’ concerne, in sostanza, il ruolo di intermediario tra il fratello NOME (detentore della sostanza) ed il GENOVESE (interessato all’acquisto in vista dello spaccio al minuto): l’operazione aveva peraltro avuto esito negativo, nel senso che il pusher che aveva ricevuto la sostanza aveva poi provveduto a restituirla, in quanto eccessivamente tagliata. Emerge inoltre che la cattiva qualità del prodotto, in parte trattenuto inopinatamente da COGNOME NOME, aveva determinato la reazione del GENOVESE, che aveva deciso di non versare il compenso a COGNOME NOME, ed aveva invitato l’odierno ricorrente a “cercare i soldi al fratello che aveva rovinato la sostanza” (cfr. le dichiarazioni del GENOVESE, riportate a pag. 6 dell’ordinanza). Dal canto proprio, la COGNOME aveva rievocato l’episodio precisando che il marito aveva reagito con toni aggressivi nei confronti di CALABRO’ NOME, appositamente convocato dopo la restituzione della droga dal pusher (nella parte non trattenuta per sé), e l’aveva invitato a provvedere lui al pagamento (cfr. pag. 8: “l’ha chiamato, l’ha fatto venire a casa mia, l’ha sgridato, gli ha messo le mani al collo e gli ha detto che ora doveva fare in modo di procurarsi tutti i soldi di quella che si era preso lui e di farglieli avere a suo fra perché lui di tasca sua non ne usciva”).
La sussistenza della gravità indiziaria è stata contestata dalla difesa ricorrente, soprattutto quanto alla convergenza del compendio dichiarativo.
Deve peraltro osservarsi che le ricostruzioni dei collaboratori divergono nella sola individuazione dello spacciatore incaricato dello smercio (COGNOME NOME
secondo il GENOVESE, COGNOME NOME secondo la COGNOME): il Tribunale ha peraltro ritenuto decisiva, per la conferma del titolo custodiale anche quanto al capo 119), la piena omogeneità delle dichiarazioni dei collaboratori sul nucleo essenziale della vicenda, e sul suo peculiare esito: la “sconsiderata” decisione presa da COGNOME NOME di trattenere per sé una parte della sostanza acquistata da destinare allo spaccio, il rifiuto del GENOVESE di pagare lo stupefacente in parte trattenuto dal ricorrente ed in parte restituito perché “inservibile”, nonché l’intenzione dello stesso GENOVESE di trasferire proprio sull’odierno ricorrente il debito maturato (cfr. pag. 9).
Ad avviso del Collegio, la valutazione del Tribunale in ordine alla non decisività della discrasia sul nominativo del destinatario della droga acquistata dal fratello del ricorrente, in presenza di una totale convergenza nella ricostruzione dei punti essenziali della vicenda, deve ritenersi immune da censure deducibili in questa sede, avuto riguardo all’insegnamento di questa Suprema Corte secondo cui «in tema di valutazione delle dichiarazioni di reità o di correità dei collaborant rappresentative di fatti assai remoti nel tempo, il criterio selettivo tra detta secondari della narrazione, suscettibili di fisiologiche discrasie e incertezze, ed i nucleo essenziale della chiamata deve essere modulato, non in termini astratti dal contesto delle rappresentazioni, ma in funzione del rilievo che l’evento, la condotta o la circostanza assumono intrinsecamente nell’ambito della propalazione alla stregua del rilievo loro assegnato dal dichiarante nell’economia del racconto, senza che i profili essenziali del narrato così individuati possano essere ulteriormente scomposti» (Sez. 1, n. 34102 del 14/07/2015, COGNOME, Rv. 264368 – 01).
Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Non derivando dall’odierno provvedimento la rimessione in libertà del ricorrente, la Cancelleria provvederà agli adempimenti comunicativi di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 8 gennaio 2025
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Il Pr sidente