Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26236 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26236 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Crotone il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice del riesame, del 07/11 /2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME NOME COGNOME, il quale – riportandosi alla requisitoria già depositata e notificata alle parti – ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso ;
sentiti i difensori AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso con il conseguente annullarne to dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catanzaro ha respinto la richiesta di riesame avanzata, ai sensi dell’art.309 cod. proc. pen., da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale del 4 ottobre 2023, con la quale era stata disposta nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere perché gravemente indiziato del delitto di omicidio pluriaggravato commesso, in concorso con altri, nei confronti di NOME COGNOME in Crucoli (KR) l’ 1 settembre 2001, confermando integralmente l’ordinanza genetica.
1.1. In particolare, l’imputazione provvisoria oggetto di conteRAGIONE_SOCIALE a carico di NOME COGNOME riguardava il reato di cui agli artt.110,112 comma 1 n..1, 575, 577, comma 1 nn.3 e 4, 61, primo comma n.1, cod. pen. perché, in concorso morale e materiale con NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME quali esponenti delle locali di ‘ndrangheta di NOME, Cassano e Corigliano Calabro fra loro alleate, deliberavano e cagionavano la morte di NOME COGNOME attirandolo in una trappola, attraverso l’ausilio di NOME COGNOME e NOME COGNOME. In particolare – previo accordo, tra gli altri, con NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME – NOME COGNOME ordinava a NOME COGNOME di recarsi a NOME con il pretesto di concludere un acquisto e trasporto di armi unitamente al COGNOME; questi informato del mandato omicidiario direttamente da NOME COGNOME e NOME COGNOME, a bordo della Fiat Bravo a lui in uso, unitamente alla vittima, conduceva invece il COGNOME presso il lungomare di Torretta di Crucoli, per ivi consegnarlo, fra gli altri, a NOME COGNOME (detto ‘COGNOME‘) e NOME COGNOME i quali, unitamente ad altri rimasti allo stato sconosciuti, bloccavano immediatamente il COGNOME una volta che questi scendeva dall’auto e, mediante l’esplosione di colpi di arma da fuoco di pistola TARGA_VEICOLO, sparati direttamente da COGNOME, ne cagionavano la morte. Successivamente, grazie all’ausilio di mezzi meccanici in uso all’azienda di NOME COGNOME ne occultavano il cadavere, interrandolo. Con l’aggravante della premeditazione e nell’ambito e con i mezzi e per le finalità dell’associazione di tipo mafioso riferite alle cosche di Corigliano Calabro, Cassano Ionio e NOME e di conseguenza per agevolare l’operatività dei sodalizi di riferimento. Con le circostanze aggravanti interamente realizzate: a) dell’avere agito in numero di cinque o più persone) dell’avere Corte di Cassazione – copia non ufficiale
agito per motivi abbietti o futili connessi alla eliminazione per vendetta o comunque per il mantenimento del controllo criminale del territorio; c) dell’avere commesso il fatto al fine di ribadire la forza di intimidazione dell’organizzazione di appartenenza ed al fine di mantenere il controllo del territorio di Cassano Ionio, mantenendo l’ultrattività del vincolo associativo; d) di avere commesso il fatto con crudeltà, occultando altresì il cadavere; e) dell’avere agito nell’ambito e con i mezzi dell’associazione per delinquere di stampo mafioso riferiti alle cosche stanziate nei territori di Cassano Ionio, Corigliano e NOME, in quel periodo alleate tra loro, sfruttando il c.d. metodo mafioso; f) dell’avere agito con premeditazione; g) dell’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali ostacolare la privata difesa. In Crucoli (KR) l’ 1 settembre 2001.
1.3. Il Tribunale di Catanzaro ha confermato integralmente l’ordinanza genetica ritenendo, anzitutto, sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente in ordine al reato oggetto della imputazione provvisoria, tenuto conto del complesso dei dati investigativi con particolare riguardo alle dichiarazioni, anche autoaccusatorie, dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME (oltre a NOME COGNOME), ritenute credibili in quanto lineari, convergenti, prive di contraddizioni ed arricchite di particolari ben definiti rispetto alla dinamica dei fatti, alla identità degli esecutori materiali, dei mandanti, della causale posta a fondamento dell’omicidio (relativo al timore che la vittima avesse intenzione di collaborare con le forze dell’ordine) e per i riscontri oggettivi del narrato dei medesimi propalanti.
1.4. Rispetto alle esigenze cautelari, è stato dato rilievo alla sussistenza della presunzione di cui all’ art.275, comma 3, cod. proc. pen. e di inadeguatezza di misure differenti rispetto a quella carceraria, tenuto conto del pericolo di reiterazione dei reati, di talché solo la custodia cautelare in carcere è stata considerata misura idonea a prevenire il rischio di recidiva specifica.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME, per mezzo degli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. pr pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione di legge ed il COGNOME ‘o di motivazione
rispetto alla valutazione degli elementi ritenuti indizianti; al riguardo osserva che la gravità indiziaria a suo carico è stata desunta esclusivamente dal contenuto delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME senza, però, tenere conto delle palesi contraddittorietà, dei motivi di astio che hanno animato le accuse di NOME COGNOME e degli elementi di smentita che hanno svilito le affermazioni dei dichiaranti.
In particolare, l’indagato evidenzia che il narrato dei due collaboratori diverge rispetto a chi aveva affidato a NOME il compito di condurre la vittima presso NOME ed il movente del delitto stesso; inoltre, le dichiarazioni di NOME rispetto alla mattina dell’i settembre 2011 sono smentite da quanto riferito da due testimoni oculari (NOME COGNOME ed NOME COGNOME) le cui versioni sono differenti rispetto a quelle del citato propalante.
Inoltre il narrato di NOME COGNOME, con riferimento alla autovettura nella quale sarebbe entrata la vittima per recarsi in Girò NOME, è smentito da NOME COGNOME che aveva indicato un’auto di colore e lunghezza diversi rispetto a quanto sostenuto dal predetto; la circostanza secondo la quale il telefono cellulare di NOME COGNOME era stato sepolto assieme al cadavere è smentita dal traffico telefonico registrato su tale utenza, in considerazione di una chiamata in entrata della durata di 158 secondi avvenuta il giorno successivo alla scomparsa della vittima e proveniente da tale NOME COGNOME. A quanto sopra deve aggiungersi che il padre della vittima aveva dichiarato di avere seguito il figlio, il giorno dell scomparsa, fino a NOME, a Lauropoli e fino a Cassano e di averlo visto a bordo di un’auto Mini Minor, assieme a due nomadi, nella frazione di Lauropoli per recarsi verso la località ‘Timpone Rosso’; poco dopo aveva visto tornare l’auto senza il figlio. Secondo il genitore la causale del delitto era da individuarsi in realtà nella gelosia della moglie della vittima a causa delle varie relazioni extraconiugali intrattenute da NOME COGNOME. Infine, NOME COGNOME aveva forti motivi di risentimento nei confronti di NOME COGNOME e, quindi, le sue accuse trovavano la loro esclusiva origine da tale astio.
In conclusione, secondo l’indagato il Tribunale di Catanzaro avrebbe omesso di analizzare gli elementi sopra indicati che confermavano la inattendibilità delle dichiarazioni accusatorie dei due collaboratori, sostenendo in modo del tutto
generico la loro credibilità, senza nemmeno dare conto delle contraddizioni esistenti tra le versioni da loro fornite.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., la violazione degli artt.273,274 e 275 ed il relativo vizio di motivazione con riferimento alla valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari e del criterio di scelta della misura.
In particolare – tenuto conto del notevole arco di tempo trascorso dai fatti contestati e dalla assenza di condotte sintomatiche di perdurante pericolosità nel corso dello stesso – la distanza temporale (oltre venti anni) dai fatti doveva essere valutata come elemento dal quale desumere la insussistenza delle esigenze cautelari; al contrario il Tribunale non ha proceduto a tale valutazione fondando la conferma della ordinanza cautelare su esigenze cautelari in realtà insussistenti.
La Procura generale ha provveduto al deposito di articolata memoria con la quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Alla udienza in camera di consiglio le parti hanno concluso nei termini sopra riportati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Invero, quanto al primo motivo, va ricordato che in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con il ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai lim che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
2.1. Inoltre, al fine dell’adozione della misura cautelare, è sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata probabilità” sulla responsabilità dell’indagato» in ordine ai reati addebitati. In altri termini, in sede cautelare gli indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comm 2, cod. proc. pen.
2.2. Ciò posto si rileva che il Tribunale di Catanzaro non è incorso nei lamentati vizi atteso che, con motivazione adeguata e non manifestamente illogica, ha dato conto delle ragioni per le quali ha confermato la valutazione di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’odierno ricorrente per i fatti oggetto della imputazione provvisoria.
2.3. L’ordinanza impugnata ha ricostruito la vicenda nei seguenti termini.
Il 2 settembre 2001 NOME COGNOME (moglie di NOME COGNOME) si era recata presso il comando della RAGIONE_SOCIALE Sibari Scalo per denunciare la scomparsa del marito, il quale il giorno precedente si era allontanato da Sibari a bordo del suo fuoristrada Renault Cherokee di colore grigio con la targa di prova TARGA_VEICOLO; la donna aveva precisato che alle ore 12:00 dell’i settembre 2021, dopo avere parlato telefonicamente con il coniuge, lo aveva incontrato presso la località ‘Lattughelle’ e nell’occasione il marito aveva prelevato dall’auto a lei in uso due CD musicali che, a suo dire, avrebbe ascoltato nella propria auto, a bordo della quale si era poi allontanato in direzione della SS 106bis per poi dirigersi verso Corigliano Calabro. Alle ore 22:00 dell’ 1 settembre la donna aveva cercato di contattare l’utenza telefonica cellulare del marito senza ricevere risposta; quindi, non avendo più ricevuto notizie, il giorno successivo assieme ai propri fratelli si era messa alla ricerca del coniuge e, nell’occasione, aveva rinvenuto il fuoristrada di NOME COGNOME parcheggiato all’interno dell’area di servizio TAMOIL, sita lungo la sopra indicata strada statale. NOME COGNOME aveva precisato che il consorte frequentava la famiglia COGNOME di Cassano, NOME COGNOME da Sibari e NOME COGNOME da Corigliano.
Le indagini susseguenti la denuncia di scomparsa, in forza della raccolta di vari elementi di carattere indiziario e, in particolare, delle dichiarazioni di alcun collaboratori di giustizia, hanno portato NOME COGNOME ad essere indagato per i fatti sopra indicati, ritenuti maturati nell’ambito della RAGIONE_SOCIALE mafiosa cui
apparteneva la vittima e del contesto criminale di Cassano Ionio. In particolare, l’omicidio di NOME COGNOME è stato ritenuto un episodio di ‘lupara bianca’ attesa la sua organicità alla RAGIONE_SOCIALE ed al movente da inquadrarsi nella convinzione dei sodali che egli fosse un confidente delle forze dell’ordine e volesse collaborare con la giustizia.
L’appartenenza della vittima alla ‘ndrina cassanese era risultata (oltre che dai numerosi precedenti penali a suo carico) nel corso di numerosi processi ed indagini riguardanti le organizzazioni criminali operanti nella sibaride; inoltre, NOME COGNOME era stato condannato alla pena dell’ergastolo (comminatagli nel 2005 in contumacia) per avere preso parte all’omicidio di NOME COGNOME.
L’odierno ricorrente viene ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio oggetto della imputazione provvisoria sulla base del materiale indiziario, tra cui assumono particolare rilievo le dichiarazioni dei collaboratori NOME COGNOME e NOME COGNOME.
2.4. Il primo (affiliato alla ‘ndrina cassanese), nel verbale di interrogatorio dell’Il marzo 2005, aveva descritto l’ascesa criminale della vittima che si era legata alla famiglia degli Abruzzese di Cassano Ionio dalla quale era stato anche ritualmente affiliato (fino a raggiungere come ‘fiore’, vale a dire riconoscimento criminale, il grado della ‘seconda’) ed era diventato il responsabile, per l’area di Sibari, della raccolta dei proventi delle attività estorsive.
All’interno della RAGIONE_SOCIALE, ad un certo momento, era però maturata l’idea di eliminare COGNOME perché ritenuto un confidente e, in particolare, per avere indicato alle forze di polizia dove si trovava NOME COGNOME (reggente della omonima famiglia, poi arrestato) e di averle avvertite del probabile agguato che NOME COGNOME ed NOME COGNOME intendevano effettuare ai danni di NOME COGNOME (circostanza smentita dal medesimo collaboratore). L’incarico affidato al COGNOME (da parte di NOME COGNOME e di NOME COGNOME) era quello di attrarre in una trappola NOME COGNOME e condurlo nel posto dove poi sarebbe stato eliminato; in particolare, il collaboratore doveva far credere alla vittima che, assieme, dovevano andare a prelevare delle armi da NOME COGNOME e che poi il COGNOME avrebbe dovuto fungere da staffetta per segnalare eventuali posti di blocco, per condurlo così nel luogo stabilito per l’esecuzione dell’omicidio. Sul posto era già presente NOME COGNOME e poco dopo era sopraggiunto l’odierno ricorrente (soprannominato ‘u COGNOME‘) che aveva immediatamente sparato verso il Di
NOME e, dopo che la pistola si era inceppata, aveva utilizzato una TARGA_VEICOLO con la quale aveva esploso due colpi in direzione della vittima uccidendola. Subito dopo l’omicidio era stato utilizzato uno scavatore messo a disposizione da COGNOME ed il corpo (mai ritrovato) veniva seppellito in una buca unitamente al suo telefono cellulare; successivamente (il 2 marzo 2022) NOME COGNOME aveva fornito ulteriori dettagli sull’omicidio ; indicando il luogo dove gli era stato affidato l’incarico di attirare nel tranello NOME COGNOME ed aveva precisato che il colpi esplosi da NOME COGNOME erano diretti al petto della vittima.
2.5. Anche NOME COGNOME (affiliato alla RAGIONE_SOCIALE) ha riferito dell’omicidio di cui si tratta; in particolare, ha raccontato che NOME COGNOME aveva invaso senza autorizzazione il mercato degli stupefacenti della zona di Cassano Ionio gestito dagli ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e che, per tale motivo, ne era stata decisa l’eliminazione mediante l’utilizzo dell’autovettura solitamente in uso a NOME COGNOME, che però in quello stesso periodo – come ipotizzato dal collaboratore – era sottoposta ad intercettazione ambientale. Successivamente l’RAGIONE_SOCIALE aveva discusso con l’odierno ricorrente della presenza delle microspie nella autovettura della vittima e di come fosse corretta la decisione di eliminarla dato che certamente avrebbe collaborato con la giustizia. Inoltre, lo stesso collaboratore ha riferito che NOME COGNOME aveva saputo da alcuni carabinieri che la vittima era stata oggetto di indagini, che era controllata a mezzo di microspie e che era stata avvicinata dagli investigatori per convincerla a collaborare; avendo il COGNOME utilizzato l’auto di NOME COGNOME per la preparazione dell’agguato mortale in danno di NOME COGNOME, egli temeva di essere coinvolto (così come anche l’odierno ricorrente) nelle relative indagini. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
NOME COGNOME, pertanto, aveva avvertito NOME COGNOME di quanto appreso e quest’ultimo si era subito recato a NOME, in compagnia di NOME COGNOME, ad avvertire NOME COGNOME (anche lui coinvolto nell’omicidio COGNOME come esecutore materiale); veniva quindi decisa l’eliminazione di NOME COGNOME che avrebbe dovuto essere condotto, mediante uno stratagemma, presso il luogo dove lo avrebbero atteso i sicari. NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano quindi ingaggiato NOME COGNOME affidandogli il compito di convincere la vittima ad accompagnarlo con la scusa dell’acquisto delle armi; l’COGNOME aveva avuto la conferma dell’esecuzione, avvenuta secondo i piani, dai racconti di COGNOME e di COGNOME.
2.6. Anche il collaboratore NOME COGNOME (organico al gruppo criminali degli ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e fratello di NOME COGNOME, posto al vertice dell’omonimo clan mafioso), nel corso dell’interrogatorio del 20 luglio 2021, aveva dichiarato di avere saputo da NOME COGNOME le ragioni della uccisione di NOME COGNOME da individuarsi nel timore che egli collaborasse, visto che nella sua auto vi erano delle microspie che avevano registrato le varie fasi dell’agguato contro NOME COGNOME.
Il Tribunale di Catanzaro, come visto, ha ritenuto credibili le dichiarazioni dei predetti collaboratori (con particolare riferimento alle chiamate in correità operate dai primi due) in quanto lineari, convergenti tra loro, prive di contraddizioni, contenenti precisi dettagli circa la dinamica dei fatti, l’identit degli esecutori, dei mandanti e la causale dell’omicidio.
3.1. Il Tribunale del riesame si è puntualmente uniformato ai principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia di efficacia dimostrativa delle chiamate in reità rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell’art. 12 cod. proc. pen.; dette dichiarazioni ben possono costituire elemento indiziario valutabile ai sensi dell’art. 273 cod. proc. pen. per l’applicazione delle misure cautelari se confortate, ai sensi dell’ad 192, comma terzo, cod. proc. pen., da riscontri estrinseci certi, univoci, specifici, individualizzanti, e tali da consentire un collegamento diretto ed obiettivo con i fatti contestati e con la persona imputata (ex plurimis: Sez. 1, n. 19517, del 01/04/2010, Iannicelli, Rv. 247206).
La chiamata in correità o in reità “de relato”, anche se non asseverata dalla fonte diretta, il cui esame risulti impossibile, può avere come unico riscontro, ai fini della prova della responsabilità penale dell’accusato, altra o altre chiamate di analogo tenore, purché siano rispettate le seguenti condizioni: a) risulti positivamente effettuata la valutazione della credibilità soggettiva di ciascun dichiarante e dell’attendibilità intrinseca di ogni singola dichiarazione, in base ai criteri della specificità, della coerenza, della costanza, della spontaneità; b) siano accertati i rapporti personali fra il dichiarante e la fonte diretta, per inferirne da sintomatici della corrispondenza al vero di quanto dalla seconda confidato al primo; c) vi sia la convergenza delle varie chiamate, che devono riscontrarsi reciprocamente in maniera individualizzante, in relazione a circostanze rilevat i ti
del “thema probandum”; d) vi sia l’indipendenza delle chiamate, nel senso che non devono rivelarsi frutto di eventuali intese fraudolente; e) sussista l’autonomia genetica delle chiamate, vale a dire la loro derivazione da fonti di informazione diverse (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255143).
3.2. Ciò posto l’ordinanza impugnata, con adeguata motivazione e senza incorrere in vizi logici, ha attribuito valenza gravemente indiziante alle plurime chiamate in reità evidenziando la attendibilità dei propalanti, la convergenza delle loro dichiarazioni sul ruolo di esecutore materiale di NOME COGNOME, sulla causale posta a fondamento della decisione di eliminare NOME COGNOME ed i riscontri di carattere oggettivo rispetto alle medesime dichiarazioni.
In particolare, sia NOME COGNOME che NOME COGNOME hanno indicato che la decisione dell’omicidio inizialmente apparteneva a NOME COGNOME ed a NOME COGNOME, alla quale avevano poi aderito NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; inoltre, gli stessi propalanti hanno precisato che il movente era da individuarsi nel timore di una possibile collaborazione della vittima tenuto anche conto della presenza di microspie sulla auto utilizzata per la eliminazione di NOME.
Quanto poi ai riscontri esterni essi sono stati indicati – in modo non manifestamente illogico – nella circostanza che la vittima era stata condannata nel 2005 (in contumacia) alla pena dell’ergastolo per l’omicidio di NOME COGNOME rispetto al quale era stato indagato anche l’odierno ricorrente, che a seguito di ricognizione effettuata dagli investigatori sui luoghi in cui, secondo NOME COGNOME, si era consumato l’omicidio per cui si procede era possibile accertare la effettiva coincidenza degli stessi con quanto descritto dal propalante e che, effettivamente, su tale area era stato poi edificato un resort . Inoltre, era risultato che, effettivamente, la vittima era sottoposta ad intercettazioni nell’epoca in cui poi sarebbe stata uccisa e che, nel corso delle stesse, era possibile percepire i timori dei sodali sul fatto che l’auto del COGNOME contenesse delle microspie.
Con riferimento poi alle specifiche censure riguardanti l’omessa valutazione degli elementi che dimostrerebbero la inattendibilità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, deve evidenziarsi che il Tribunale, con motivazione non contraddittoria, in realtà ha affrontato tali aspetti ritenendoli non rilevanti e comunque, non in grado di travolgere il quadro indiziario sopra delineato.
4.1. In particolare, quanto al profilo del conferimento dell’incarico a NOME COGNOME anche da parte di NOME COGNOME, è stato spiegato, in modo coerente, che l’iniziale mancata indicazione di quest’ultimo ad opera NOME COGNOME era spiegabile con il decorso del tempo e che, in ogni caso, il coinvolgimento di COGNOME aveva trovato conferma esterna nel suo avvistamento, nell’agrumeto presso il quale il COGNOME aveva ricevuto l’incarico, il giorno 31 agosto 2001.
Il Tribunale, inoltre, ha escluso la contraddittorietà delle dichiarazioni in ordine al movente poiché le dichiarazioni di COGNOME ed COGNOME erano sovrapponibili tra loro, poiché il primo aveva preso parte solo alla fase esecutiva, mentre il secondo aveva partecipato alla ideazione e dato che, in ogni caso, per entrambi la causale era da individuarsi nel timore che la vittima fosse un confidente ed avesse intenzione di collaborare con la giustizia. L’ordinanza ha poi precisato che la sussistenza del movente, rispetto alla posizione di NOME COGNOME, era all’epoca sussistente poiché la sua assoluzione per l’omicidio NOME era intervenuta soltanto alcuni anni dopo con la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro pronunciata il giorno 5 dicembre 2006.
4.2. E’ stata altresì esclusa la lamentata discrasia tra le s.i.t. e le dichiarazioni dei collaboratori circa i movimenti di NOME COGNOME il giorno 1 settembre 2001 atteso che era stata la moglie stessa a confermare che la vittima si era allontanata a bordo della Renault Cherooke e che la titolare della area di servizio Tamoil non aveva dichiarato di avere visto la vittima salire a bordo di una auto Ford Focus, ma bensì su di un’auto lunga quasi come il citato modello, come è per l’appunto TARGA_VEICOLO 01.55à. la Fiat Bravo condotta da NOME COGNOME.
L’ordinanza impugnata ha poi evidenziato che la telefonatar x COGNOME eirat registrata in entrata sul telefono cellulare della vittima il giorno successivo alla sua sparizione non dimostrava la inattendibilità di quanto dichiarato dal COGNOME (secondo il quale assieme al corpo di COGNOME era stato sepolto anche il suo cellulare) poiché si trattava unicamente di un prolungato tentativo di chiamata rimasto senza risposta.
4.3. Anche le dichiarazioni del padre della vittima sono state considerate non in grado di inficiare la credibilità dei propalanti, non essendo stati acquisiti elementi a conferma delle relazioni extraconiugali di COGNOME e, comunque, di un intento vendicativo della mogliez ck. fjeA NOME,”
Con riferimento poi al motivo di risentimento, che sarebbe alla base delle dichiarazioni di NOME COGNOME nei confronti dell’odierno ricorrente per non averlo favorito nel corso di una indagine, esso è stato escluso dal Tribunale poiché il coinvolgimento di NOME COGNOME aveva trovato riscontro nelle dichiarazioni di NOME COGNOME che aveva assistito personalmente all’omicidio.
4.4. Ne consegue che il ricorrente, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, suggerisce una non consentita valutazione alternativa degli elementi indiziari, rispetto a quella coerentemente svolta dal Tribunale per confermare l’ordinanza genetica.
Passando all’esame del secondo motivo deve ricordarsi che, secondo un’esegesi costituzionalmente orientata della presunzione ex art. 275, comma, cod. proc. pen., si è affermato che il giudice ha l’obbligo di motivare puntualmente, su impulso di parte o d’ufficio, in ordine alla rilevanza del tempo trascorso sull’esistenza e sull’attualità delle esigenze cautelari, anche nel caso in cui, trattandosi di reati associativi o di delitto aggravato dall’art. 7 della 10 legge n. 203 del 1991 (ora art. 416-bis.1 cod. pen.), non risulti la dissociazione dell’indagato dal sodalizio criminale (Sez. 6, n. 19863 del 04/05/2021, Rv. 281273; Sez. 6, n. 16867 del 20/03/2018, Rv. 272919). Il fattore tempo (quando è rilevante l’arco temporale) diviene quindi un elemento distonico rispetto alla presunzione di perdurante pericolosità dell’indagato, destinato pertanto ad essere potenzialmente idoneo a vincere la suddetta presunzione (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Rv. 285272).
Il Tribunale di Catanzaro – con motivazione adeguata e non manifestamente illogica – ha ritenuto che la efferatezza e spregiudicatezza mostrata dall’indagato e la sua biografia criminale non consentivano di superare la presunzione sopra richiamata pur tenendo conto del tempo trascorso dai fatti. In sostanza, il giudice del riesame si è soffermato sul dato della mancata dimostrazione della rescissione dei rapporti dell’indagato con gli ambienti della criminalità organizzata nei quali sono maturati i fatti oggetto della imputazione provvisoria, giacché tali legami ne connotano il profilo criminale dell’indagato in senso oggettivo e soggettivo.
Orbene, rispetto a tale compiuto ragionamento contenuto nella ordinanza impugnata il ricorrente non si è confrontato in modo specifico e non ha dedotto
concreti elementi per superare la sopra indicata presunzione, essendosi limitato ad indicare solo il decorso del tempo.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2024.