Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 8383 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 8383 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CASERTA il 14/04/1976 parte civile: COGNOME avverso la sentenza del 05/03/2024 della Corte d’Assise d’appello di Napoli Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso. udito il difensore avvocato NOME COGNOME per la parte civile, che conclude chiedendo il rigetto del ricorso e deposita conclusioni e nota spese.
Dato atto dell’assenza dei difensori dell’imputato;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte di Assise di appello di Napoli ha confermato la sentenza pronunciata dalla Corte di Assise di Napoli in data 11 aprile 2022 con la quale NOME NOME Ł stato condannato alla pena dell’ergastolo, con isolamento diurno per anni uno, per i reati di concorso, con NOME COGNOME e NOME COGNOME, già irrevocabilmente condannati, e NOME COGNOME (deceduto) nell’omicidio, premeditato e aggravato dal metodo e dal fine di agevolare l’organizzazione mafiosa di camorra denominata clan ‘RAGIONE_SOCIALE‘, di NOME COGNOME, colpito a morte da numerosi colpi esplosi da un kalashnikov e da una pistola (artt. 81, 110, 575, 577, primo comma, n. 3, 416bis .1 cod. pen. capo a), nonchØ del duplice tentato omicidio, analogamente aggravato, commesso ai danni di NOME COGNOME e NOME COGNOME che si trovavano nel locale pubblico che era stato fatto oggetto della sparatoria per uccidere COGNOME (artt. 81, 110, 56, 575, 577, primo comma, n. 3, 416bis .1 cod. pen. capo b).
1.1. Con concorde valutazione di entrambi i giudici di merito Ł stata affermata la responsabilità dell’imputato per i sopra indicati reati essendo stato pronunciato in primo grado il proscioglimento
per prescrizione dai concorrenti reati relativi al porto delle armi (artt. 110, 61 n. 2, 81, 416bis .1 cod. pen., 2 e 4 l. 2 ottobre 1967, n. 895 capo c) sulla base delle indagini di polizia giudiziaria, della perizia balistica e autoptica, delle captazioni, del tracciamento degli apparati cellulari e delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonchØ delle sentenze irrevocabili di condanna pronunciate nei confronti di COGNOME (esecutore materiale) giudicato responsabile prima di divenire collaboratore e NOME COGNOMEconducente del veicolo utilizzato per l’agguato).
Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’omicidio Ł stato deliberato da COGNOME, vertice del clan di camorra operante in Caivano e alleato del clan COGNOME di Acerra, per eliminare l’avversario NOME COGNOME, a sua volta alleato del clan COGNOME di Acerra, che ostacolava i traffici dell’organizzazione del primo nel settore degli stupefacenti e le altre mire espansionistiche del primo gruppo criminale; COGNOME si era avvalso di COGNOME, killer esperto proveniente dai COGNOME di Acerra, e dei suoi sodali NOME NOME, NOME NOME e COGNOME NOME che, reperito il veicolo, avevano fornito supporto logistico e operativo sul territorio, cercando e alla fine localizzando la vittima predestinata che si trovava in un bar; i killers, giunti sul posto a bordo dell’auto rubata, esplodevano vari colpi con il fucile mitragliatore e la pistola, colpendo mortalmente COGNOME e ferendo gravemente due avventori del locale, del tutto estranei alle dinamiche delinquenziali che avevano condotto all’azione di fuoco.
Secondo i giudici di merito, le dichiarazioni dei collaboratori COGNOME e COGNOME, indipendenti e autonome, convergono sulla ricostruzione dei fatti, sulla premeditazione, sulla causale e sul mandato omicida e, nello specifico, sul ruolo svolto da NOME COGNOME quale incaricato, insieme ai fratelli COGNOME, di reperire l’auto utilizzata per l’agguato e di fungere da ‘specchiettista’, cioŁ incaricato di monitorare il territorio e di segnalare la presenza dell’obiettivo in modo da far entrare in azione il gruppo di fuoco, come poi Ł effettivamente avvenuto.
I giudici di appello esclusa la utilizzabilità delle dichiarazioni di COGNOME, che aveva reso dichiarazioni in un diverso procedimento, che il primo giudice aveva distillato dalla sentenza acquisita ex art. 238 cod. pen. hanno confermato il giudizio di attendibilità delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME, di reciproca convergenza delle stesse, nonchØ di reciproco ed esterno riscontro quanto alla responsabilità dell’imputato.
Ricorre COGNOME COGNOME a mezzo del difensore avv. NOME COGNOME che chiede l’annullamento della sentenza impugnata, sviluppando due motivi di ricorso.
2.1. Il primo motivo denuncia la violazione di legge, in riferimento agli articoli 111 Cost., 125, 546 e 598 cod. proc. pen., e il vizio della motivazione con riguardo alla responsabilità che Ł stata fondata sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, i quali sono in parte generici (COGNOME) e in parte inattendibili (COGNOME) e, comunque, non idonei a riscontrarsi reciprocamente come sostiene la sentenza impugnata.
Il ricorso premette che la sentenza impugnata, al pari di quella di primo grado, non ha operato una corretta verifica dell’attendibilità intrinseca ed estrinseca dei collaboratori di giustizia, limitandosi ad attribuire ai medesimi credibilità poichØ accusatisi di avere partecipato all’omicidio di COGNOME, senza investigare approfonditamente sui parametri richiesti dalla giurisprudenza di legittimità per convalidare l’utilizzabilità delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
Il ricorso si duole di non avere ricevuto specifica risposta alle questioni poste con l’atto di appello circa l’idoneità probatoria delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
2.1.1. La dichiarazione di COGNOME Ł generica poichØ il collaboratore ha dichiarato di aver conosciuto il gruppo composto dai fratelli COGNOME, NOME e NOME, e da COGNOME NOME soltanto il giorno prima dell’evento e di averli incontrati in una riunione tenutasi in casa di La Montagna, il quale
era uscito dal carcere circa venti giorni prima.
Il collaboratore non ha saputo riferire chi dei tre individui avesse poi effettivamente procurato il veicolo utilizzato per l’agguato nØ il ruolo attribuito a RUSSO poichØ COGNOME non ha mai direttamente ascoltato le telefonate intercorse con La Montagna nel corso delle quali gli sarebbero stati comunicati gli spostamenti dell’obiettivo.
COGNOME, come ha candidamente confessato, ha riferito unicamente di deduzioni e impressioni dallo stesso ricavate, senza avere mai udito le conversazioni che secondo la sentenza impugnata attribuiscono a RUSSO il ruolo di vedetta sul territorio, necessaria per dare corso all’agguato.
2.1.2. La dichiarazione di NOME NOME Ł, invece, inattendibile perchØ frutto di astio, derivante da una questione personale, e divergente rispetto alla dichiarazione di COGNOME.
Infatti, mentre COGNOME ha ribadito di avere conosciuto i fratelli COGNOME e COGNOME solo la sera prima dell’omicidio, COGNOME ha fatto risalire la propria (e quella del fratello NOME) affiliazione al clan La Montagna a due o tre mesi prima del fatto, così palesando la propria inattendibilità poichØ COGNOME era stato detenuto fino al 28 agosto 2003.
Le dichiarazioni di NOME COGNOME in effetti, sono strumentalmente finalizzate a coinvolgere COGNOME anche mediante l’introduzione, soltanto nella fase dibattimentale, dell’accusa di avere preso parte a precedenti tentativi di eliminazione di COGNOME dei quali, però, non vi Ł alcuna traccia negli atti.
Come pure Ł falsa la dichiarazione di NOME COGNOME che riferisce di avere operato insieme a RUSSO per diverse settimane alla ricerca dell’obiettivo, mentre COGNOME riferisce che l’operazione Ł stata organizzata ‘la sera per la mattina’.
Con riguardo al procacciamento del veicolo utilizzato per compiere l’omicidio, COGNOME racconta di una rapina, mentre Ł pacifico che si tratti di un furto.
Con riguardo, poi, alle telefonate intercorse con La Montagna circa gli avvistamenti di Castaldo, NOME COGNOME riferisce falsamente di avere personalmente assistito a una telefonata effettuata da RUSSO, salvo poi essere costretto ad ammettere di essersi sbagliato.
Analogamente, COGNOME ha riferito il falso allorquando, parlando del tentativo di reperire COGNOME posto in essere nella mattinata, ha dichiarato di essersi recato sul posto (dietro la piscina) dove aveva trovato COGNOME e suo fratello NOME COGNOME circostanza che contrasta con quanto riferito da COGNOME che ha escluso che NOME COGNOME abbia partecipato al primo fallito tentativo posto in essere da COGNOME, COGNOME e da COGNOME durante la mattinata.
Non sono state, infatti, indagate approfonditamente le ragioni di astio, pur ammesse da NOME, che riguardano il legame di NOME e di NOME con la stessa donna, astio che spingeva pure NOME a litigare con NOME attraverso un falso profilo Facebook .
Le dichiarazioni di COGNOME sono false anche per quello che riguarda il recupero del commando effettuato dopo l’omicidio: COGNOME introduce, nelle dichiarazioni dibattimentali, elementi di novità rispetto alle precedenti versioni fornite nel corso delle indagini, elementi che peraltro contrastano con quanto riferito da COGNOME in merito all’assenza di pianificazione per il recupero del gruppo di fuoco, mentre COGNOME illustra una perfetta pianificazione che pone sulla scena NOME COGNOME, un furgone e il panificio della zia di COGNOME, utilizzato come punto di ricovero.
Anche per quello che riguarda la distruzione del veicolo impiegato per l’omicidio, COGNOME indica una tempistica del tutto incompatibile con lo sviluppo dei fatti e con le risultanze investigative che hanno datato l’incendio del veicolo alle 00:30, mentre COGNOME ne colloca la sparizione e alle 16:20.
COGNOME riferisce il falso anche in merito alla circostanza che egli avrebbe scoperto della consumazione dell’omicidio soltanto attraverso il telegiornale della sera, circostanza del tutto incompatibile con quanto in precedenza riferito dallo stesso collaboratore secondo il quale NOME e suo fratello NOME si erano intrattenuti tra la folla creatasi in seguito alla sparatoria e avevano visto i
genitori di COGNOME in lacrime.
Le dichiarazioni di COGNOME in ordine alla presenza di COGNOME sulla scena del delitto, contrastano anche con quanto riferito dall’operatore di polizia COGNOME che ha escluso la veridicità di tale elemento.
La Corte di secondo grado non ha fornito risposta, ovvero l’ha fornita illogica, a tutte queste falsità, contraddizioni e gravi divergenze con i fatti accertati.
2.2. Il secondo motivo Ł rubricato: «art. 606 lett. b) ed e) in relazione all’art. 62bis cod. pen. e alla premeditazione».
La premeditazione Ł stata affermata senza che sia stata esattamente ricostruita la presunta persistenza della determinazione omicida a fronte delle dichiarazioni di COGNOME che ha riferito che il delitto fu organizzato ‘la sera per la mattina’ e, quindi, senza alcuna preventiva programmazione.
Le circostanze attenuanti generiche sono state negate senza un’adeguata motivazione, valorizzandosi unicamente la generica gravità del fatto.
Il contributo offerto da COGNOME Ł veramente minimale, tenuto conto che egli avrebbe semmai concorso nel furto del veicolo utilizzato per commettere l’omicidio, dovendosi riconoscere la circostanza attenuante dell’articolo 114 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che presenta numerose doglianze inammissibili, Ł nel complesso infondato.
Sono in larga parte inammissibili, perchØ generici e meramente assertivi, i motivi di ricorso che contestano il giudizio di credibilità e attendibilità dei collaboratori di giustizia e che opinano per l’esistenza di intenti calunniatori, senza neppure soffermarsi sulla ritenuta convergenza tra loro dei vari contributi dichiarativi e con il restante panorama probatorio.
Il ricorso non si confronta, in particolare, con quanto specificamente illustrato dal giudice di secondo grado, non solo mediante espresso richiamo alle condivise valutazioni operate dai giudici di prima istanza, ma con quanto specificamente esposto, in risposta alle deduzioni difensive formulate con gli atti di appello, sull’attendibilità, credibilità e convergenza delle dichiarazioni dei collaboratori, chiamanti in correità, alle pagine da 43 e seguenti della sentenza impugnata e, in particolare, da pag. 49 a pag. 52.
Va sottolineato, per illustrare le ragioni che conducono verso un giudizio di sostanziale inammissibilità del ricorso, che le censure difensive sono del tutto coincidenti con quelle sviluppate in appello dal medesimo difensore (riassunte alle pag. da 23 a 33), che le ripropongono pedissequamente, come se la sentenza di appello non le avesse neppure considerate, mentre, invece, vi ha fornito specifica risposta.
Similmente, l’esposizione del ricorso, che a lungo si intrattiene sui canoni giurisprudenziali che presidiano la verifica delle dichiarazioni dei collaboratori, Ł, poi, priva di concrete e specifiche critiche alle valutazioni compiute dai giudici di merito circa i suddetti parametri, limitandosi a reiterare le generiche censure, già sviluppate in appello.
2.1. Secondo le logiche e coerenti valutazioni compiute dai giudici di merito, i dichiaranti COGNOME Antonio e COGNOME NOME si sono auto accusati del concorso nell’omicidio di COGNOME NOME, fornendo convergenti indicazioni sulla dinamica, che collimano con quanto risulta dalle prove di generica, e sul ruolo attribuito ai vari soggetti coinvolti, nonchØ, in modo assolutamente decisivo, con riguardo alla causale e al movente dell’agguato, legati alle accertate logiche di controllo criminale del territorio nell’ambito di un piø ampio contrasto tra i due gruppi camorristici, rispettivamente spalleggiati da piø estese organizzazioni criminali operanti nel territorio di Acerra,
che ha portato non solo all’omicidio di cui si tratta, ma anche ad altre azioni violente tra le quali spicca il tentato omicidio di COGNOME Vincenzo, del quale pure si Ł attribuito alla responsabilità COGNOME (separatamente condannato anche per tale reato).
La convergenza, notano i giudici di merito che ricevono critiche del tutto generiche, Ł particolarmente significativa, sia per quello che riguarda il rapporto esistente tra COGNOME e COGNOME, sia in merito alla fornitura da parte del primo delle armi utilizzate per commettere l’omicidio, sia con riguardo alla base operativa utilizzata per organizzare l’agguato, costituita nella mansarda nella disponibilità di La Montagna ove entrambi i collaboratori di giustizia COGNOME e NOME COGNOME collocano gli avvenimenti preparatori e gli incontri organizzativi tra loro due, La Montagna, NOME COGNOME e COGNOME Salvatore.
¨ quindi, evidente, secondo la logica valutazione dei giudici di merito, che vi Ł piena concordanza sugli elementi essenziali della ricostruzione del fatto e sulla responsabilità dell’imputato, da entrambi individuato come componente del commando di supporto logistico, investito di tale compito fin dai giorni precedenti, nonchØ incaricato di reperire il veicolo, individuare la vittima e dare indicazioni per la definitiva attivazione del gruppo di fuoco.
In particolare, entrambi i collaboratori concordano sul ruolo svolto da COGNOME in dette fasi e, specificamente, nell’individuazione e localizzazione della vittima sul territorio, con immediata comunicazione della rilevantissima informazione al mandante e organizzatore COGNOME che, appunto, ha dato il via al commando omicida che, dopo pochi minuti, ha effettivamente raggiunto il luogo pubblico ove si trovava Castaldo, esplodendo i numerosi colpi di arma da fuoco al suo indirizzo, uccidendolo nonchØ ferendo gravemente i due avventori che ivi si trovavano.
2.2. Le dichiarazioni dei collaboratori, secondo i giudici di merito, convergono sempre e comunque sugli aspetti essenziali del fatto e divergono al piø su dettagli non significativi che, rispetto alla portata generale delle loro propalazioni che, del resto, non sono limitate a questa sola vicenda delittuosa ma abbracciano numerosi altri delitti tutti ampiamente riscontrati , ben possono essere dimenticati o riferiti in maniera dubbiosa.
Anzi, il fatto che ci si trovi in presenza di racconti non perfettamente sovrapponibili in alcune rievocazioni depone, secondo un giudizio che non presenta vizi logico giuridici, a favore della loro indipendenza e consente di escludere la possibilità di una previa concertazione o di una possibile suggestione reciproca.
Inoltre, la coerenza, l’assenza di interesse accusatorio specifico, non essendo la loro chiamata in reità nei confronti degli imputati limitata a questa sola vicenda, ma anzi caratterizzata da chiamate in correità (essi accusano sempre prima se stessi) per molti altri gravi reati in un arco temporale apprezzabile, sono stati logicamente giudicai ulteriori indici di piena attendibilità dei dichiaranti.
Si tratta, secondo i giudici di merito, di dichiarazioni costanti perchØ essi sono stati sentiti in varie occasioni sullo stesso fatto e hanno sempre confermato le medesime dichiarazioni senza alcun aggiustamento.
Del resto, il criterio seguìto dai giudici di merito per compiere la valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Ł pienamente aderente al canone ermeneutico secondo il quale la reciproca conferma dell’attendibilità delle dichiarazioni delle persone imputate in procedimenti connessi a norma dell’articolo 12 cod. proc. pen. ovvero imputate di reato collegato ai sensi dell’articolo 371, comma 2, lett. b), cod. proc. pen., non esige che le propalazioni attengano all’ idem dictum ; Ł bensì sufficiente che i fatti rappresentati siano in rapporto di univoca implicazione rispetto alla specifica condotta criminosa da provare (così, in motivazione, Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012 dep. 2013, COGNOME, Rv. 255143).
I giudici di merito hanno correttamente fatto applicazione del principio secondo il quale «le dichiarazioni accusatorie rese dal co-indagato o coimputato nel medesimo reato o da persona
indagata o imputata in un procedimento connesso o collegato ai sensi dell’art. 371, comma 2, lett. b), cod. proc. pen. sono idonee a fornirsi reciproco riscontro qualora siano attendibili e, anche in relazione a distinti frammenti dell’attività criminosa, colleghino l’indagato o l’imputato al fatto» (Sez. 1, n. 40237 del 10/10/2007, Cacisi, Rv. 237867).
¨ perciò infondata la doglianza che contesta, allo scopo di escludere la credibilità dei collaboratori di giustizia, la parziale non coincidenza delle rappresentazioni fattuali dei chiamanti in correità, come pure quella che segnala gli esiti processuali cui altri giudici sono pervenuti in merito alla responsabilità di alcuni soggetti implicati nella vicenda (La Montagna Ł stato assolto per l’incertezza probatoria sulla determinazione omicida).
2.3. Sono stati giustificati alla stregua di logiche deduzioni, e quindi non di puntuali affermazioni dalle quali possano trarsi elementi di dubbio sulla veridicità del narrato e sulla convergenza delle dichiarazioni, i riferimenti fatti da COGNOME alla ‘recente’ affiliazione al clan dei fratelli COGNOME NOME e NOME e di COGNOME che non sono, perciò, in contrasto con quanto riferito da COGNOME che colloca la loro l’affiliazione a qualche mese prima.
2.4. Gli intenti calunniatori di COGNOME, che la difesa ascrive a motivi di gelosia, sono stati ritenuti insussistenti perchØ la condotta di riserbo intrattenuta dal collaboratore Ł apparsa piuttosto giustificata dalla normale ritrosia di esporre situazioni personali imbarazzanti.
Del resto, il ricorso omette di confrontarsi con la smentita dell’affermazione difensiva secondo la quale le dichiarazioni contro NOME sarebbero successive alla ripresa dei rapporti della sua compagna con l’ex marito NOME, poichØ, piuttosto, risulta che la collaborazione di NOME Ł iniziata ben prima che si verificasse la rottura del rapporto affettivo tra NOME e la donna (rapporto dal quale era nato un figlio), sicchØ all’epoca delle dichiarazioni a carico di NOME non sussisteva affatto il presunto intento di calunnia, visto che la compagna del dichiarante non aveva affatto troncato il rapporto con NOME e non aveva ancora ripreso quello con l’ex coniuge NOMECOGNOME
¨ stato, quindi, motivatamente escluso l’intento di calunnia da parte di COGNOME posto che le imprecise datazioni dei precedenti incontri con La Montagna per deliberare l’omicidio sono state valutate compatibili con il periodo di scarcerazione di quest’ultimo e perciò non artefatte; ciò anche tenuto conto che alla materiale esecuzione dell’omicidio si Ł proceduto soltanto quando Ł stato possibile ottenere la disponibilità di COGNOME, killer di comprovata abilità, che era già stato informato dell’intento omicida covato da COGNOME così riscontrandosi la dichiarazione di COGNOME sull’insorgenza dell’intenzione al punto da ottenere il supporto del clan di Acerra anche per l’esecuzione del tentato omicidio di COGNOME Vincenzo, sempre materialmente eseguito da COGNOME.
2.5. ¨ stata ritenuta la piena convergenza delle dichiarazioni dei collaboratori anche per quello che riguarda il ‘trio di appoggio’ su Caivano messo a disposizione da La Montagna e costituito dai fratelli COGNOME e da COGNOME, incaricati dal capo di reperire il veicolo e di effettuare le opportune attività sul territorio per individuare la vittima.
Ebbene, entrambi i collaboratori convergono sul nucleo essenziale del contributo offerto da COGNOME, in disparte alcune imprecisioni o apparenti divergenze sulle modalità attraverso le quali COGNOME avrebbe appreso della individuazione dell’obiettivo dalla voce di La Montagna piuttosto che direttamente dalla voce di COGNOME, tenuto conto che non Ł risultato controverso che il trio operava sul territorio proprio allo scopo di individuare Castaldo e dare il via alla azione di fuoco, tenendone costantemente informato La Montagna che si trovava in compagnia di COGNOME.
Sotto tale profilo, d’altra parte, le dichiarazioni di COGNOME non sono state ritenute divergenti rispetto a quelle di COGNOME perchØ, pur non potendo riferire con certezza che l’informazione finale circa la localizzazione dell’obiettivo provenisse da RUSSO, risulta non controverso che La Montagna ricevette l’informazione dai suoi sodali, i quali erano sul territorio proprio allo scopo predetto, e diede
il via all’operazione cui attese direttamente COGNOME.
2.6. Sono state logicamente valutate minime le discrepanze rilevate nella dichiarazione di COGNOME circa la qualificazione giuridica della condotta di impossessamento del veicolo poi utilizzato per l’agguato, in quanto il riferimento, alternativamente effettuato a una rapina o a un furto, non vale a escludere l’elemento centrale della propalazione accusatoria che riguarda, appunto, la sottrazione di un veicolo al preciso scopo di utilizzarlo per commettere l’omicidio, ferme la scarse competenze giuridiche del dichiarante in punto di qualificazione della condotta.
2.7. Quanto al ruolo di ‘specchiettista’ svolto da COGNOME, ovvero di vedetta sul territorio incaricata di individuare l’obiettivo, le dichiarazioni dei due collaboratori sono state giudicate pienamente convergenti e ampiamente argomentate anche con riguardo al primo tentativo, compiuto nella mattinata, in relazione al quale le denunciate discrasie riguardano elementi di contorno, peraltro relativi a una vicenda che precede quella oggetto del giudizio e non fa parte dell’accusa.
2.8. Il ricorso, infine, omette di confrontarsi con le argomentazioni sviluppate dai giudici di merito circa il momento nel quale COGNOME che, dopo avere fatto fuoco con il kalashnikov, non era certo di avere colpito il bersaglio apprese della morte di COGNOME, trattandosi di elementi secondari, come pure le argomentazioni relative alle attività poste in essere dopo l’agguato in relazione alle quali, in realtà, i giudici di merito non hanno rilevato alcuna divergenza, ma semmai una maggiore ricchezza di dettagli nel racconto di COGNOME rispetto a quello di COGNOME, nella sostanziale convergenza di esse sul nucleo centrale (luogo di recupero; veicolo impiegato).
Sono nel complesso infondate le censure sviluppate al secondo motivo.
3.1. Va premesso che il secondo motivo Ł rubricato unicamente in riferimento alle circostanze attenuanti generiche e alla premeditazione; non Ł, infatti, neppure enunciata la doglianza, invece sviluppata nell’esposizione, concernente la circostanza attenuante dell’art. 114 cod. pen.
Si tratta di una tecnica redazionale non consentita poichØ in violazione dell’art. 581, comma 1, lett. c) e lett. d), cod. proc. pen., mancando la indicazione «delle richieste», relative all’annullamento della sentenza con riguardo alla mancata applicazione della circostanza attenuante dell’art. 114 cod. pen., e «dei motivi», costituiti dal vizio concernente la ridetta mancata applicazione della circostanza attenuante dell’art. 114 cod. pen., ai quali segue «l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sostengono ogni richiesta».
La mancanza della richiesta e del motivo sulla circostanza attenuante dell’art. 114 cod. pen. determina l’inammissibilità del motivo, non ostandovi la circostanza che nella successiva esposizione l’argomento sia trattato, seppure in modo confutativo e generico.
Non Ł, infatti, consentito investire il giudice dell’impugnazione della sola indicazione delle ragioni che sostengono una richiesta non specificamente formulata in relazione a un motivo neppure enunciato.
3.1.1. La questione della circostanza attenuante Ł, del resto, inammissibile.
Nel caso di specie i giudici di merito hanno escluso la ricorrenza dell’ipotesi del contributo di minima importanza ex art. 114, primo comma, cod. pen., ponendo in evidenza, con motivazione che viene soltanto genericamente e apoditticamente criticata dal ricorso, la diretta partecipazione del ricorrente al progetto delinquenziale condiviso e premeditato nonchØ l’assunzione di un ruolo particolarmente rilevante, avendo il medesimo assicurato ai correi la possibilità di individuare la vittima e agire per ucciderla.
3.2. Il motivo di ricorso, che contesta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, Ł manifestamente infondato perchØ, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, nel motivare il diniego del beneficio richiesto, Ł sufficiente un congruo riferimento, da parte del
giudice di merito, agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, come avvenuto nella specie (si veda, in particolare, pag. 64).
3.3. Il motivo di ricorso sulla premeditazione, che Ł caratterizzato da censure generiche, Ł nel complesso infondato.
3.3.1. Il massimo consesso giurisprudenziale ha da tempo chiarito che «elementi costitutivi della circostanza aggravante della premeditazione sono un apprezzabile intervallo temporale tra l’insorgenza del proposito criminoso e l’attuazione di esso, tale da consentire una ponderata riflessione circa l’opportunità del recesso (elemento di natura cronologica) e la ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzione di continuità nell’animo dell’agente fino alla commissione del crimine (elemento di natura ideologica)» (Sez. U, n. 337 del 18/12/2008 – dep. 2009, COGNOME Rv. 241575 – 01).
D’altra parte, in tema di prova si Ł precisato che «la circostanza aggravante della premeditazione, oggetto di prova, ex art. 187 cod. proc. pen. e, pertanto, assoggettata alle regole di valutazione stabilite nell’art. 192, comma 2, del codice di rito, può essere dimostrata anche con il ricorso alla prova logica, sulla scorta degli indizi ricavabili dalle modalità del fatto, dalle circostanze di tempo e luogo, dal concorso di piø persone con ripartizione dei ruoli e dalla natura del movente; non Ł, invece, necessario stabilire con assoluta precisione il momento in cui Ł sorto il proposito criminoso o quello in cui l’accordo Ł stato raggiunto, essendo sufficiente che gli elementi indiziari suddetti siano gravi, precisi e concordanti e che, globalmente valutati, consentano di risalire, in termini di certezza processuale, al requisito di natura cronologica e a quello di natura ideologica, in cui si sostanzia la premeditazione» (Sez. 5, n. 3542 del 17/12/2018 – dep. 2019, COGNOME, Rv. 275415 – 01).
Sotto il profilo probatorio assume particolare rilievo l’organizzazione di un agguato: Sez. 5, n. 26406 del 11/03/2014, COGNOME, Rv. 260219 – 01, ha affermato in modo condivisibile che «in tema di omicidio volontario, l’agguato costituisce, in astratto, indice rivelatore della premeditazione, siccome sinonimo di imboscata od insidia preordinata che postula un appostamento, protratto per un tempo piø o meno lungo, in attesa della vittima designata ed in presenza di mezzi e modalità tali da non consentire dubbi sul reale intendimento dell’insidia, sicchØ già il pur breve arco di tempo dell’attesa, può valere a soddisfare gli elementi costitutivi della premeditazione: il requisito ideologico consistente nel perdurare nell’animo del soggetto, senza soluzione di continuità fino alla commissione del reato, di una risoluzione criminosa ferma ed irrevocabile – e quello cronologico rappresentato dal trascorrere di un intervallo di tempo apprezzabile, fra l’insorgenza e l’attuazione di tale proposito, in concreto sufficiente a far riflettere l’agente sulla decisione presa ed a consentire il prevalere dei motivi inibitori su quelli a delinquere. Spetta al giudice di merito, ai fini della configurabilità dell’aggravante in questione, cogliere ed apprezzare tutte le peculiarità della concreta fattispecie, accertando se i predetti requisiti sussistano o siano, invece, l’uno o l’altro da escludere, come nel caso di avvistamento casuale della vittima o, comunque, di un agguato frutto di iniziativa estemporanea, sicchØ la risoluzione omicida non sia maturata attraverso lunga riflessione, con possibilità di recesso prima dell’attentato».
3.3.2. Ebbene, nel caso in esame, il giudice di merito si Ł attenuto agli insegnamenti della giurisprudenza e ha, in particolare, sottolineato che, sulla scorta delle già valutate attendibili dichiarazioni di COGNOME, riscontrate da quelle già valutate come altrettanto credibili e attendibili di COGNOME, si ricava che la scelta di uccidere COGNOME non fu affatto estemporanea e immediata, ma anzi ben meditata, architettata e organizzata.
Dalle dichiarazioni di COGNOME, che la difesa omette di criticare in modo specifico, Ł emerso che nel periodo in cui era salito il livello di tensione tra i due gruppi antagonisti che si fronteggiavano a Caivano, La Montagna e compagni avevano maturato l’intenzione di eseguire un’azione armata
contro
l’avversario, tanto che se ne era discusso tra COGNOME e COGNOME e tra questi e COGNOME, prestatosi infine a fungere da killer, perchØ piø esperto.
Il commando, appositamente riunito, avviò fin dalla mattina le ricerche del bersaglio e, una volta individuato nel pomeriggio, partì dalla casa di La Montagna con il fine di ucciderlo con il micidiale fucile mitragliatore specificamente fornito da COGNOME.
Del resto, il proposito omicida ebbe nella mente degli imputati un radicamento e una persistenza costanti già dal momento della scarcerazione di La Montagna, avvenuta circa venti giorni prima, quando egli si mise in contatto con il clan COGNOME per avere il supporto del killer (COGNOME e le armi e confessa ai propri sodali COGNOME e COGNOME il progetto criminoso nel quale essi si fanno coinvolgere.
Appare, dunque, inconsistente la critica difensiva sulla premeditazione, poichØ, in tema di omicidio volontario, l’agguato costituisce, di regola, indice rivelatore della premeditazione, siccome sinonimo di imboscata o insidia preordinata che postula un appostamento, protratto per un tempo piø o meno lungo, in attesa della vittima designata e in presenza di mezzi e modalità tali da non consentire dubbi sul reale intendimento dell’insidia.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOMECOGNOME ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME COGNOME ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di Assise di appello di Napoli con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.p.r. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Così Ł deciso, 14/02/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME