Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26633 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26633 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME nato a Napoli il 19/11/1986 avverso l’ordinanza resa il 9/4/2025 dal Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. sentite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento d ei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Napoli, sezione per il riesame, ha respinto l’appello presentato nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli che il 4 marzo 2025 aveva respinto l’istanza di sostituzione della misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari. COGNOME NOME è sottoposto dal 30 ottobre 2023 alla misura custodiale perché imputato e condannato in primo grado per il delitto di partecipazione al sodalizio criminale diretto e promosso da NOME COGNOME, operativo sul territorio di Caivano.
Avverso detta pronunzia ha proposto ricorso l’imputato, deducendo quanto segue:
2.1. violazione di legge e in particolare degli artt. 274, 275, 299 e 284 cod. proc. pen. e dell’ art. 16octies della l. n. 45/2001 poiché il Tribunale ha respinto il gravame condividendo il parere formulato dal Sostituto Procuratore nazionale, il quale con atto del 7 aprile 2025 si è detto contrario alla sostituzione della misura cautelare, in quanto il periodo temporale trascorso dall’inizio della collaborazione del COGNOME non consentirebbe di poter affermare con certezza che questi abbia definitivamente reciso ogni legame con il contesto di criminalità organizzata di appartenenza.
COGNOME ha manifestato la volontà di collaborare con la giustizia il 29 dicembre 2023 e recentemente, su parere favorevole del Procuratore nazionale antimafia, è stato sottoposto unitamente ai propri familiari ad un programma di protezione per la durata di 24 mesi, che comporta il trasferimento dell’interessato in una località protetta ai fini della cosiddetta mimetizzazione anagrafica; inoltre gli è stata riconosciuta l’attenuante speciale della collaborazione nella sentenza di primo grado emessa il 25 febbraio 2025.
Il giudizio cautelare sulla pericolosità deve essere condotto verificando, in concreto, se il comportamento collaborativo sia garanzia di una scelta radicale di rescissione di qualsivoglia legame con la criminalità organizzata. Il Tribunale del riesame, invece, non ha inteso discostarsi dal parere negativo formulato dal pubblico ministero e ha valorizzato solo il peso di comportamenti commessi dal COGNOME nel periodo precedente alla scelta collaborativa, senza considerare le condizioni, le modalità e l’estensione della collaborazione.
Osserva inoltre il difensore che l’ammissione alle misure di protezione consente di applicare la speciale disciplina in materia di sostituzione della custodia cautelare prevista dall’art. 16octies del decreto legge n. 8/1981 e segg., il quale stabilisce che può procedersi alla sostituzione della misura cautelare solo se il giudice che procede non ha acquisito elementi dai quali si desuma l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e abbia accertato che il soggetto ha rispettato gli impegni assunti.
Compito del giudice cautelare in questo caso è verificare se il comportamento collaborativo rappresenti sul piano soggettivo il sintomo di un distacco dal contesto criminale, in cui il collaboratore nel passato era ben inserito, e un punto di non ritorno nella progressione criminale; il fatto che il soggetto, prima di assumere la decisione di collaborare con gli organi inquirenti, abbia bruciato le tappe di un cursus honorum criminale non dimostra che la decisione assunta non sia seria e che la sua scelta di vita non lo ponga in condizioni di obiettiva incompatibilità con i suoi complici.
In caso contrario l’ odierno ricorrente, ritenuto credibile nel momento in cui indica e coinvolge altre persone a carico delle quali sono state applicate numerose condanne, viene ritenuto meno credibile dal giudice cautelare, quando rende dichiarazioni in ordine al suo effettivo pentimento.
2.2. Con memoria trasmessa il 14 giugno 2025 l’avv. COGNOME ha proposto motivi nuovi, deducendo che la sentenza resa il 25 Febbraio 2025, depositata il 26 maggio 2025 dal GIP del Tribunale di Napoli, che ha condannato il COGNOME alla pena di anni sette di reclusione, ha riconosciuto in suo favore l ‘ attenuante speciale della collaborazione in quanto emerge dalla motivazione che ha fornito un contributo rilevante e decisivo per la ricostruzione dei fatti contestati, rendendo dichiarazioni etero e auto incriminanti.
Sussistono, pertanto, nel caso in esame concreti elementi idonei a superare la presunzione iuris tantum prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. e soprattutto l’intervenuta scelta di collaborare con la giustizia impone la rescissione dei legami con la criminalità organizzata.
Nel caso in esame, inoltre, il Tribunale non ha motivato in ordine agli elementi per cui la misura degli arresti domiciliari sarebbe inidonea a fronteggiare l’esigenza cautelare e si limita a formulare una motivazione apparente, valorizzando il breve periodo di tempo trascorso dalla collaborazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
L’art. 16octies d.l. 8/91 stabilisce che ‘ la misura della custodia cautelare non può essere revocata o sostituita con altre misure meno grave per il solo fatto che la persona nei cui confronti è stata disposta ha tenuto alcune delle condotte di collaborazione che consentono la concessione delle circostanze attenuanti previste dal codice penale o da disposizioni speciali. In tali casi alla revoca o alla sostituzione può procedersi solo se, nell’ambito degli accertamenti condotti in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, il giudice che procede, sentiti il Procuratore nazionale antimafia e i procuratori generali presso le corti d’appello interessati, non ha acquisito elementi dai quali si desuma l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso terroristico immersivo e ha accertato che il collaboratore, ove soggetto a speciali misure di protezione, ha rispettato gli impegni assunti a norma dell’articolo 12 ‘ .
Dalla lettura di questa norma emerge che, a dispetto della presunzione relativa di pericolosità sociale derivante dalla contestazione dei delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso o aggravati dall’art. 416 -bis .1 cod. pen., ricorre una sorta di inversione dell’onere della prova rispetto alla presunzione di pericolosità, nel senso che spetta alla pubblica accusa dedurre fatti specifici da cui desumere la sussistenza di persistenti legami con la criminalità organizzata.
Nel rispetto di questo principio è stato precisato che, nei confronti degli indagati o imputati che rivestono la qualità di collaboratori di giustizia, il giudizio sulla pericolosità ai fini della sostituzione o della revoca della misura della custodia cautelare non può essere limitato alla condotta processuale del collaboratore nel singolo giudizio, ma va
condotto verificando in concreto se il comportamento collaborativo sia espressione di una scelta radicale di rimozione di qualsivoglia legame con la criminalità organizzata e, in particolare, con la precedente attività delinquenziale (Sez. 1, n. 9417 del 22/01/2019, COGNOME, Rv. 276169-01).
Deve pertanto ritenersi che, a fronte delle allegazioni della difesa, incombeva sui giudici di merito l’onere di accertare in concreto, alla stregua della condotta di vita precedente alla scelta collaborativa ma, soprattutto, alla luce della modificata situazione, la sussistenza o meno della pericolosità sociale di COGNOME; detto accertamento non poteva che essere effettuato verificando se gli ulteriori elementi dedotti, in primo luogo la collaborazione con la giustizia instaurata dal prevenuto e il correlativo contributo e l’avvio del corrispondente programma di protezione, avessero o meno determinato il decadimento o comunque un’attenuazione della pericolosità sociale giustificatrice della persistenza della più grave misura cautelare applicata nei suoi confronti.
In particolare, l’ammissione di COGNOME al programma di protezione per i collaboratori di giustizia avrebbe dovuto essere oggetto di vaglio specifico, e non nominalistico, posto che lo stesso inserimento nel programma implica un accertamento positivo delle qualità personali, che non richiedono, quindi, un onere dimostrativo da parte dell’interessato ai fini della valutazione sulla persistenza della pericolosità sociale: in tal caso, diviene, pertanto, necessario procedere al controllo del requisito della pericolosità, verificando se emergono elementi di fatto idonei a superare la presunzione che il soggetto abbia troncato i rapporti con l’ambiente criminale, radicata sulla sua ammissione al programma di protezione per i collaboratori di giustizia.
Nel caso in esame, il Tribunale ha motivato il rigetto dell’istanza difensiva valorizzando il carattere recente della collaborazione del COGNOME e il suo radicato inserimento nella criminalità organizzata in epoca precedente alla collaborazione, nonché il mancato deposito delle motivazioni della sentenza di condanna che gli ha riconosciuto l’attenua nte della collaborazione.
Si tratta di motivazione non condivisibile in quanto la scelta collaborativa ha un significato rescissorio che, pur non comportando automaticamente la revoca della misura cautelare, in forza dell’art. 16 citato deve essere comunque valutata come sintomo di una scelta di vita incompatibile con la vita anteatta e si riflette sulla valutazione del percorso criminale del collaboratore, che, in assenza di fatti specifici che palesino la persistenza di legami con il contesto pregresso, può giustificare l’attenuazione della misura applicata.
Per questi motivi si impone l’annullamento del provvedimento impugnato per carenza di motivazione e il rinvio al Tribunale di Napoli che rivaluterà la pericolosità attuale dell’imputato , anche alla stregua del contenuto della sua collaborazione, e
l’eventuale inidoneità di misura meno afflittiva a garantire le persistenti esigenze cautelari.
P.Q.M.
Annulla l’ordin anza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli in diversa composizione.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 , comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Roma 1 luglio 2025 Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME