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Codice Falso Sigarette: Non basta per l’arresto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2046 del 2025, ha stabilito che la presenza di un codice falso sulle sigarette di contrabbando, o la sua assenza, non costituisce da sola un grave indizio di colpevolezza per il reato di contraffazione di marchio. La Corte ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, confermando che per applicare una misura cautelare personale è necessaria una prova più consistente della falsificazione del prodotto, come una perizia tecnica. Il codice falso è un ‘sintomo’, ma non una prova sufficiente.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Codice Falso Sigarette: la Cassazione esclude l’arresto automatico

La Corte di Cassazione ha emesso una sentenza di grande importanza per i reati di contrabbando, chiarendo che la presenza di un codice falso sulle sigarette non è sufficiente, da sola, a configurare i gravi indizi di colpevolezza necessari per disporre una misura cautelare come gli arresti domiciliari. Questa decisione sottolinea la distinzione fondamentale tra il reato di contrabbando e quello, più grave, di contraffazione di marchio.

I Fatti: Dal Contrabbando all’Ipotesi di Contraffazione

Il caso riguarda un soggetto indagato per aver detenuto e venduto tabacchi lavorati esteri di contrabbando. L’accusa, tuttavia, non si limitava al semplice contrabbando. Secondo l’ipotesi accusatoria, i pacchetti di sigarette sequestrati presentavano un’anomalia decisiva: alcuni recavano un codice identificativo univoco duplicato, altri ne erano del tutto privi.

Questo elemento ha spinto la Procura a contestare anche il reato di detenzione di prodotti con marchi contraffatti (art. 474 c.p.), sostenendo che la manomissione del codice fosse un sintomo inequivocabile della falsificazione dell’intero prodotto. Tale accusa avrebbe comportato l’applicazione di un’aggravante speciale, che a sua volta avrebbe permesso l’adozione di misure cautelari personali.

L’Iter Giudiziario e il problema del codice falso sigarette

Il Tribunale del Riesame di Napoli, per ben due volte, aveva annullato l’ordinanza di arresti domiciliari, ritenendo che il solo codice falso sulle sigarette non potesse fondare un giudizio di gravità indiziaria per il reato di contraffazione. La questione è così giunta all’attenzione della Corte di Cassazione, chiamata a decidere se un ‘sintomo’ possa assurgere al rango di ‘grave indizio’.

La Procura sosteneva che l’alterazione del codice di tracciabilità, un sistema nato per garantire l’autenticità e il percorso legale del prodotto, fosse logicamente collegata alla falsità del marchio stesso. D’altronde, quale sarebbe l’utilità di apporre un codice falso su un prodotto originale?

La Distinzione tra Contrabbando e Contraffazione

Il cuore del problema risiede nella differenza tra due fenomeni criminali spesso confusi:
1. Contrabbando: Si tratta di prodotti originali, fabbricati legittimamente dalla casa madre, ma introdotti illegalmente nel territorio dello Stato per eludere il pagamento dei monopoli e delle tasse.
2. Contraffazione: In questo caso, l’intero prodotto è falso. Non solo il marchio, ma anche le sigarette, l’imballaggio e i contenuti sono imitazioni prodotte illegalmente.

Il Tribunale prima e la Cassazione poi hanno evidenziato che il contrabbando di prodotti originali è un fenomeno storico e radicato. Spesso le sigarette provengono da mercati extra-UE (asiatici, americani o anche da Paesi europei non membri dell’Unione) dove il codice identificativo univoco previsto dalla normativa europea semplicemente non viene apposto all’origine.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, condividendo pienamente il ragionamento del Tribunale del Riesame. I giudici hanno chiarito che, sebbene la falsificazione o l’assenza del codice rappresenti un ‘sintomo’ e un elemento di sospetto, non raggiunge quel livello di ‘gravità indiziaria’ richiesto dall’art. 273 c.p.p. per limitare la libertà personale di un individuo.

Secondo la Corte, è del tutto plausibile che sigarette autentiche, prodotte per mercati non soggetti alla normativa di tracciamento europea, vengano importate illegalmente in Italia. In questo scenario, l’assenza del codice non prova la falsità del marchio, ma solo l’origine illecita del prodotto ai fini fiscali.

La Cassazione ha inoltre affermato che, per sostenere l’accusa di contraffazione in sede cautelare, sono necessari elementi ulteriori e più concreti. In particolare, si è sottolineata la necessità di una verifica tecnica, anche a campione, sul prodotto sequestrato. Solo un’analisi comparativa tra le sigarette sospette e quelle originali può accertare l’effettiva imitazione del marchio, della confezione e del contenuto.

In assenza di tale accertamento, basare una misura cautelare sul solo dato del codice significherebbe fondarla su una mera congettura, invertendo l’onere della prova e chiedendo all’indagato di dimostrare l’autenticità del prodotto.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione traccia una linea netta: un indizio, per quanto significativo, non equivale a un ‘grave indizio’. La lotta al commercio illecito di tabacchi deve basarsi su prove solide, specialmente quando si tratta di applicare misure che incidono sulla libertà personale. La presenza di un codice falso sulle sigarette è un campanello d’allarme che deve spingere gli inquirenti ad approfondire le indagini, ma non può essere considerata una scorciatoia per ottenere un arresto per contraffazione di marchio. Per arrivare a tanto, serve la prova, o almeno un grave indizio, che ad essere falso sia l’intero prodotto, e non solo il suo ‘passaporto’ digitale.

La falsificazione del codice identificativo su un pacchetto di sigarette è sufficiente per disporre un arresto per contraffazione del marchio?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la falsificazione o l’assenza del codice identificativo univoco è un ‘sintomo’ di possibile contraffazione, ma non costituisce da sola un grave indizio di colpevolezza sufficiente a giustificare una misura cautelare personale come gli arresti domiciliari.

Perché la Corte ha ritenuto non sufficiente il solo codice falso come grave indizio?
Perché è plausibile e storicamente accertato che vengano contrabbandati prodotti originali fabbricati per mercati extra-UE, dove il codice di tracciabilità europeo non è richiesto. Pertanto, l’assenza del codice può indicare semplicemente contrabbando di merce autentica e non necessariamente la contraffazione del marchio.

Quali prove sono necessarie per dimostrare la contraffazione di un marchio su prodotti di tabacco ai fini di una misura cautelare?
La Corte suggerisce che per raggiungere la soglia della gravità indiziaria è necessario un accertamento più approfondito. Questo può includere una verifica tecnica sul prodotto (anche a campione) per compararlo con l’originale, o dichiarazioni di persone qualificate, al fine di dimostrare che non solo il codice, ma l’intero pacchetto e il suo contenuto sono un’imitazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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