Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2046 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2046 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI NAPOLI nel procedimento a carico di:
NOME nato a CASORIA il 25/11/1970
avverso l’ordinanza del 23/09/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni scritte ex art. 611 c.p.p. del PG in persona del Sostituto proc. gen. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso del PM e dell’Avv. NOME COGNOME per NOME Angelo che pure ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con una prima ordinanza del 28 marzo 2024 1 pronunciando in sede di riesame personale, il Tribunale di Napoli, accoglieva l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del GIP del Tribunale di Napoli Nord, che aveva disposto nei confronti del medesimo la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione ai reati di cui agli att. 291-bis comma 2, 291-ter, comma 2, lett. c), e 296, comma 2, d.P.R. n. 43 del 1973 nonché 474 e 648 cod. pen.
Secondo la contestazione, NOME COGNOME con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, tra il mese di ottobre 2023 e il mese di febbraio 2024, avrebbe detenuto e posto in vendita nel territorio dello Stato tabacco lavorato estero di contrabbando, con l’aggravante della connessione dei fatti con un delitto contro la fede pubblica, ovvero l’art. 474 cod. pen., in quanto i pacchetti di sigarette, o recavano il medesimo codice identificativo univoco, o non lo riportavano affatto.
Il giudice del gravame cautelare aveva, però, escluso che il codice identificativo univoco fosse qualificabile come marchio o altro segno distintivo, a norma dell’art. 474 cod. peni, e, quindi, aveva escluso la configurabilità dei reati di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen., nonché, conseguentemente, la configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 291-ter d.P.R. n. 43 del 1971, che eleva i limiti edittal del reato di contrabbando e rende applicabili misure cautelari personali.
2. Contro quella prima ordinanza ebbe a presentare ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord, lamentando, con un unico motivo, vizio di motivazione, riguardo alla ritenuta esclusione dell’aggravante, di cui all’art. 291-ter, comma 2, lett. c), d.P.R. n. 43 del 1973. Dedusse il PG che g illegittimamente il giudice del riesame aveva escluso la configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 291-ter, comma 2, lett. c), d.P.R. n. 43 del 1973, perché aveva errato nell’individuare l’oggetto della contraffazione. Si precisava in quel ricorso che la fraudolenta, o mancata, apposizione di codici identificativi sui pacchetti di sigarette era da valutare quale “sintomo” della contraffazione dei marchi relativi ai produttori delle sigarette (ad esempio, Marlboro). E si osservava che, sulla base della normativa europea richiamata, ogni pacchetto di sigarette necessita di un proprio codice univoco, e la mancata apposizione dello stesso dimostrerebbe l’origine illecita del prodotto, e, conseguentemente, la contraffazione del marchio apposto sullo stesso. Si aggiungeva, quanto alle esigenze cautelari, che il pericolo di reiterazione emergeva evidente sia dai numerosi precedenti specifici, sia 5 t dall’indifferenza dell’indagato alle precedenti condanne e ai ripetuti sequestri.
La Terza Sezione Penale di questa Corte, con la sentenza 33119 del 7 giugno 2024, in accoglimento del ricorso della parte pubblica, annullò con rinvio quell’ordinanza.
Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del rinvio, con ordinanza del 23 settembre 2024, in accoglimento del proposto riesame, ha nuovamente annullato l’ordinanza impositiva della custodia cautelare, disponendo l’immediata liberazione del COGNOME se non detenuto per altro titolo.
Avverso tale provvedimento ha proposto nuovo ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord, deducendo, quale unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, co. 1, disp. att., cod. proc. pen., mancanza ovvero manifesta illogicità della motivazione ed erronea applicazione dell’art. 273 cod. proc. pen.
Si censura l’ordinanza impugnata nella parte in cui il tribunale de libertate, concludendo per il mancato raggiungimento della gravità indiziaria del reato di detenzione di beni contraffatti ex art. 474 co. 2 cod. pen. di cui al capo 2), avrebbe conseguentemente ritenuta non integrata la circostanza aggravante ad effetto speciale prevista dall’art. 291-ter d.P.R. 43/1973 (concorso con reato contro la fede pubblica), contestata in relazione al delitto di detenzione di tabacchi lavorati esteri di contrabbando ex art. 291-bis comma 2 d.P.R. 43/1973 di cui al capo 1), così annullando il titolo cautelare, per carenza delle condizioni di applicabilità ex art. 280 cod. proc. pen.
Si lamenta come il provvedimento in esame, nell’escludere la gravità indiziaria del reato connesso di detenzione di prodotti con segni distintivi falsi (nella specie, di pacchetti di sigarette recanti march; contraffatti), avrebbe erroneamente affermata come ipotizzabile la contraffazione sul singolo pacchetto di sigarette del codice identificativo univoco, senza una contestuale alterazione del marchio, non valorizzando adeguatamente il giudicante la circostanza di fatto per cui tutte le confezioni sequestrate sarebbero risultate perfettamente integre sia con riguardo al pacchetto in carta, sia con riguardo all’involucro esterno in materiale plastico, il che rappresenterebbe – secondo il ricorrente – un indice altamente sintomatico della intervenuta creazione ab initio di pacchetti integralmente falsi, recanti una mera riproduzione del marchio e di tutti gli altri elementi esteriori presenti sul pacchetto, risultando, del resto, da un lato, di difficile attuazione l’operazione di ricollocazione del pacchetto (modificato) in un involucro in plastica sigillato e dall’altro, non avendo altrimenti ragion d’essere l’apposizione del solo codice identificativo falso, trattandosi in ogni case della messa in commercio di pacchetti originali in regime di contrabbando.
In punto di violazione di legge nell’adozione del canone di giudizio da applicarsi ai fini dell’art. 273 comma 1 bis cod. proc. pen. if1 jTil PM ricorrente ricorda come costituisca ius receptum che: “Ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale, la nozione di gravi indizi di colpevolezza non è omologa a quella applicabile per la formulazione del giudizio di colpevolezza finale, essendo sufficiente, in sede cautelare, l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare una qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato. (Sez. 4 n. 53369 del 09/11/2016, Rv. 268683; Sez. 4 n. 6660 del 24/01/2017, Rv. 269179 nella cui motivazione la Corte ha indicato a sostegno dell’affermazione l’art. 273, comma -bis, cod. proc. pen. che richiama soltanto i commi terzo e quarto dell’art. 192 dello stesso codice e non il comma secondo, il quale oltre alla gravità richiede la precisione e la concordanza degli indizi). E lamenta che l’ordinanza impugnata non abbia fatto buon governo di tale principio,
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata seritérnM2 4 ‘pata)
Le parti hanno reso conclusioni scritte ex art. 611 c.p.p. /come riportato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sopra illustrati sono infondati e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato.
Quanto al primo motivo, il ragionamento fatto dal ricorrente non pare logico, sia perché, anziché dimostrare l’avvenuta contraffazione del marchio, vorrebbe legittimare l’intervento di contraffazione di tale segno distintivo sulla base di presunte difficoltà materiali nel confezionamento dei pacchetti di sigarette in caso di apposizione del solo codice identificativo, per contro smentite dalla situazione accertata in fase di sequestro, sia perché lo stesso si evidenzia come soltanto parziale, non tenendo in alcun conto dell’esistenza di quei pacchetti che, per quanto accomunati agli altri da una ritenuta alterazione del marchio, non riportano alcun codice univoco identificativo.
Né pare corretto presumere che la falsificazione del solo codice univoco identificativo rappresenterebbe un’operazione la cui “utilità” sarebbe di difficile comprensione, posto che in tal modo si verrebbe a versare in una non ammessa inversione dell’onere della prova a carico dell’indagato che dovrebbe lui dimostrare l’esistenza della suddetta utilità ritenuta per contro dall’accusa come insussistente (peraltro, trascurando il passaggio argomentativo di questa Suprema Corte che la
individua nel “non rendere identificabile né il produttore, né gli altri soggetti della filiera di distribuzione della singola confezione di sigarette”).
Come ricorda il provvedimento impugnato la precedente sentenza di legittimità ha condiviso la ricostruzione in diritto del sistema di tracciamento dei tabacchi operata dal primo giudice del riesame.
Nella sua prima ordinanza ilIT -ibunale partenopeo aveva ricordato come i codici menzionati dalla p.g. negli atti d’indagine -rA riconducibili al sistema europeo · di Tracking and Tracing, istituito con la direttiva n. 2014/40/UE e relativi provvedimenti attuativi (Regolamento di Esecuzione n. 574/2018/UE e D.M. 23 maggio 2019), che consente di “tracciare” e “rintracciare ‘ ciascuna confezione unitaria di prodotti del tabacco lungo tutta la filiera produttiva, ovvero dal fabbricante fino all’impianto nel quale i prodotti del tabacco sono immessi sul mercato per la prima volta. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, designata emittente di identificativi (cd. ID Issuer) dall’art. 3 del decreto 23 maggio 2019, rilascia gli identificativi univoci, che i produttori dovranno poi apporre sulle singole confezioni. Le sigarette e il tabacco da arrotolare, prodotti o importati nell’UE, a decorrere dal 20 maggio 2019, sono dunque contrassegnati dall’identificativo univoco.
Veniva anche ricordato che la citata direttiva europea prevede un identificativo univoco (IU) delle confezioni unitarie dei prodotti del tabacco, ai fini della registrazione di tutti i ti asferimenti lungo la catena di approvvigionamento. Mentre il regolamento di esecuzione stabilisce le specifiche tecniche dell’IU, per cui ciascun Paese dell’Unione designa un emittente di identificativo, responsabile della generazione e del rilascio di IU; gli identificativi univoci generati dagli emittenti di ide tificativi devono essere utilizzati per contrassegnare le confezioni unitarie di prodotti del tabacco; i fabbricanti e gli importatori devono garantire che gli IU applicati q i tet s« verificati in relazione alla loro corretta applicazione e leggibilità.
In definitiva, tutti i prodotti del tabacco devono essere contrassegnati con il predetto codice identificativo univoco. Ed agli operatori economici coinvolti nel commercio del tabacco viene richiesto di registrare i movimenti di questi pacchetti lungo tutta la catena di fornitura.
Nondimeno, come ricorda la sentenza impugnata, la precedente Corte di legittimità rinveniva una lacuna motivazionale nell’ordinanza impugnata in quanto sulla scia dell’obiezione della Procura ricorrente, secondo cui la fraudolenta o mancata apposizione dei codici identificativi sui pacchetti di sigarette era da valutare quale “sintomo” della contraffazione dei marchi relativi ai produttori di sigarette «la falsificazione o l’omissione dei codice univoco identificativo apposto sul singolo pacchetto costituisce circostanza specificamente indicativa della falsità anche del marchio di fabbrica e che perciò richiede una specifica valutazione da parte del
giudice», tanto più che «l’omessa apposizione det codice identificativo univoco, o l’apposizione di un falso codice, sono circostanze che rendono non identificabile né il produttore né gli altri soggetti della filiera di distribuzione della singola con zione di sigarette».
Dal che la sentenza rescindente rimetteva al giudice di rinvio «al fine di (meglio) valutate se sussiste l’aggravante» in contestazione.
Ebbene, con motivazione priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto – e che, pertanto, si sottrae alle proposte censure di legittimità – il provvedimento impugnato dà conto del perché il rribunale partenopeo ritiene che la contestata aggravante non sia assistita da gravità indiziaria sulla scorta della mera falsificazione (o mancanza) del codice identificativo de quo.
Si dà atto di condividere in pieno la statuizione del giudice nomofilattico in ordine alla valenza “sintomatica” della falsità del codice di tracciamento ai fini di una eventuale sussistenza del reato di falso ex art. 474 cod. pen. Ciò perché secondo un apprezzamento in fatto operato dal Collegio – la falsità del codice non può riscontrare, di per sola e secondo i crismi della gravità indiziaria, la contraffazione dello stesso marchio di impresa delle sigarette oggetto di contrabbando. Una volta assodato che il codice de quo è un mero strumento di controllo per monitorare il percorso del prodotto lung 6 l’intera filiera distributiva, non è affatto inverosimile che anche sigarette non contraffatte (effettivamente prodotte dall’azienda il cui marchio è impresso sul pacchetto) difettino di codice autentico proprio perché (solo) di contrabbando. Ciò in quanto il mero fatto di circolare lungo canali di “mercato nero” potrebbe giustificare la contraffazione (o mancanza) del codice, senza che questo comporti necessariamente la falsità dell’intero pacchetto.
Peraltro, viene ricordato essere fatto notorio che il fenomeno del contrabbando di TLE, da decenni, ha ad oggetto prodotti originali, che hanno la provenienza più disparata (rotta balcanica in passato) e sono esclusivamente sottratti al regime fiscale del monopolio di tato, senza alcuna contraffazione di marchio di impresa. Se tant’è, logico appare il rilievo che l’assenza del codice identificativo non prova affatto, da solo, che le sigarette di una certa marca non siano state prodotte da uno stabilimento della corrispondente azienda in qualche parte del mondo.
Per il Tr –ibunale partenopeo esiste certamente un sintomo di falsità del marchio, come ritenuto dalla precedente sentenza di legittimità, ma non una gravità indiziaria capace di fondare misura cautelare personale.
Viene ritenuto valere sul tema un altro elemento in fatto che non deve sfuggire ai fini di una corretta valutazione della vicenda. Il codice identificativo de quo
– per quanto consta – è stato introdotto solo in Europa con la direttiva sopra ricordata. Pertanto, esso è impresso da produttore e/o importatore esclusivamente ai fini della circolazione dei tabacchi nell’Unione Europea. E allora, se tant’è, non può escludersi per il tribunale napoletano – allo stato degli atti e salvo ulterior acquisizioni ad oggi non disponibili – che i produttori delle sigarette non appongano alcun codice sui tabacchi destinati a circolare in tutte le altre parti del mondo. Ciò in quanto, ad oggi, sigarette autentiche – prive di codice – possono circolare lecitamente nel mercato asiatico, nel mercato africano, nel mercato americano, addirittura nei Paesi europei che non fanno parte dell’Unione Europea (Islanda, Norvegia, Russia, Svizzera e Liechtenstein, Turchia e Ucraina), alcuni dei quali immediatamente confinanti con l’Italia (Croazia) ovvero vicinissimi al nostro paese (Albania, Montenegro, Macedonia del Nord, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Serbia).
Tale rilievo – secondo la logica motivazione del provvedimento impugnato rende a fortiori tutt’altro che implausibile che siano messe illecitamente in circolazione nel nostro Paese sigarette, pur prive di codice genuino, assolutamente non contraffatte e semplicemente provenienti da canali di contrabbando che<si alimentano dai paesi non soggetti alla normativa di Tracking and Tracing.
Da ultimo, viene conferentemente ricordato che la giurisprudenza di legittimità in più occasioni ha affermato come la prova della contraffazione punita dall'art. 474 cod. pen, può essere raggiunta attraverso dichiarazioni testimoniali di persone qualificate, in virtù delle conoscenze acquisite nel corso di abituale e specifica attività (il richiamo è ai dicta di Sez. 3 n. 29891/2015, Diouf, Rv. 26444401 e a Sez. 2, n. 5753/2019). Dal che, ritiene il Collegio che, stante la specificità del settore merceologico di riferimento e le modalità con cui opera il fenomeno del contrabbando da decenni nel nostro paese, la gravità indiziaria di una contraffazione di marchio impresa afferente a TLE (già di contrabbando) abbisogni necessariamente di una verifica tecnica sul singolo pacchetto e/o sul prodotto in esso contenuto, onde specificamente acclarare (anche a campione) l'imitazione rispetto ai tabacchi originali e la non riconducibilità delle sigarette all'azienda corrispondente al marchio (falsamente) impresso sulla confezione.
La falsità del codice identificativo – ribadiscono i giudici partenopei – non è, perciò, sufficiente a fondare nei dovuti termini di gravità indiziaria una misura cautelare personale.
5. Quanto alla dedotta violazione di legge / non pare che il percorso argomentativo del provvedimento impugnato si discosti dalle coordinate ermeneutiche di cui agli invocati dicta di Sez. 4 n. 53369 del 09/11/2016, Rv. 268683 e Sez. 4 n. 6660 del 24/01/2017, Rv. 269179, risultando piuttosto volto a ritenere come gli indizi raccolti – di natura rappresentativa o logica che siano – non assurgano nel
caso di specie a quel livello di "gravità" indiziaria stabilito dalla norma, pur non presupponendosi – come enunciato dai citati principi ermeneutici l'applicazione, in caso di adozione di una misura cautelare, degli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall'art. 192 co. 2 cod. proc. pen., nella valutazione degli indizi.
I giudici del gravame cautelare, invero, si sono conformati nel proprio percorso motivazionale al valore indiziario che, pacificamente, è stato attribuito – anche dalla sentenza rescindente – alla falsificazione o all'omissione del codice univoco identificativo quale sintomo della plausibile falsità congiunta anche del marchio di fabbrica, per procedere, tuttavia, al tempo stesso, ad un apprezzamento in fatto di detta circostanza (la falsità del codice o la sua omissione) – come sollecitato dal suddetto giudice rescindente – nonché a concludere che la stessa non manterrebbe, di per sé sola, decisiva rilevanza ai fini dell'art. 273 cod. proc. pen.
Il fatto poi che ilTribunale partenopeo pretenda un ulteriore accertamento tecnico sul singolo pacchetto del tle (eventualmente mediante l'acquisizione di dati testimoniali) viene letto infondatamente dal ricorrente come espressione di un ragionamento probatorio che non contempla delle mere prove deduttive, e finisce per essere un tema di gravame aspecifico, che non tiene conto della consequenzialità logica di richiedere ulteriori acquisizioni indiziarie laddove quelle esistent non paiano sufficienti.
Gli argomenti spesi da parte del Tribunale partenopeo, d'altro canto, neppure paiono inconsistenti, per quanto genericamente sviliti dal PM ricorrente che, pur tuttavia, nel merito neppure li affronta (come l'accertata esistenza nel mercato internazionale di pacchetti di sigarette con marchi originali pur se privi di codice univoco identificativo e che, con tali caratteristiche, si ipotizzano come pervenuti nella disponibilità dell'indagato).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso
Così deciso il 10/12/2024