Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26279 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26279 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME AVV_NOTAIO, nel senso dell’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Roma, con il provvedimento indicato in epigrafe, riducendo la pena per la ritenuta sussistenza delle attenuanti generiche, ha confermato la responsabilità di NOME COGNOME, accertata all’esito di giudizio abbreviato, per la fattispecie di cui agli artt. 110 e 81 cod. pen. e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, con riferimento alla detenzione per fini non esclusivamente personali, in concorso con il proprio fratello e la di lui compagna (giudicati separatamente), di oltre 1 kg di hashish (capo A), di oltre 3 kg di cocaina (capi B, C, D, E, F, G), e di 30,923 g di marijuana (capo H).
Avverso la sentenza d’appello l’imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso fondato su cinque motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo si deducono violazione di legge (art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990) e vizio cumulativo di motivazione (anche in termini di travisamento) in merito alla ritenuta responsabilità per la detenzione dello stupefacente rinvenuto presso l’abitazione (sita in INDIRIZZO), utilizzata dal fratello dell’imputato e dalla di lui compagna (insieme alla prole infante), in particolare dell’hashish e della cocaina di cui ai capi da A a G.
La motivazione sarebbe sul punto apodittica e meramente assertiva, laddove avrebbe ricondotto la disponibilità della detta abitazione e la detenzione dello stupefacente ivi rinvenuto anche all’imputato ‘ , pur essendo state rinvenute le chiavi nella disponibilità di suo fratello, ivi abitante con la compagnia e la prole, in assenza di altri elementi probatori. L’iter logico-giuridico fondante la decisione sarebbe a tratti illogico oltre che costituito da semplici congetture.
I giudici di merito avrebbero accertato la disponibilità dell’immobile di INDIRIZZO e dello stupefacente ivi detenuto in capo all’imputato, in concorso con il fratello e la di lui compagna, in ragione dell’illogica congettura per cui egli irreperibile, avrebbe avuto la disponibilità dell’immobile di INDIRIZZO (in Ponnezia), essendo in possesso delle relative chiavi rinvenutegli in sede di perquisizione, ove è stata sequestrata la marijuana di cui al capo H, ma non avrebbe ivi abitato, diversamente da quanto da lui dichiarato, perché inadatto per le sue condizioni fatiscenti. In assenza di alcun collegamento tra l’imputato e l’immobile di INDIRIZZO, se non per il reperimento nell’immobile di INDIRIZZO, insieme ad altro materiale per il confezionamento delle dosi, di un involucro aperto recante la scritta «smoking», uguale a quella trovata sugli involucri dei dodici panetti di hashish di cui al capo A (rinvenuti nell’immobile di INDIRIZZO), la Corte territoriale avrebbe ritenuto provata la disponibilità anche della detta
abitazione in termini autoreferenziali. Quanto innanzi circa la disponibilità dell’abitazione di INDIRIZZO, peraltro, sarebbe stato argomentato in termini contraddittori rispetto alle dichiarazioni della compagna del fratello di NOME COGNOME per cui, come riportato in sentenza, nella detta abitazione vivevano solo lei, il compagno e la figlia infante mentre l’imputato si sarebbe recato solo qualche volta. Alle dette dichiarazioni si aggiungerebbero anche quelle rese dal fratello dell’imputato per le quali COGNOME NOME sarebbe stato all’oscuro dell’attività di spaccio, con riferimento alle quali la Corte avrebbe omesso la motivazione della ritenuta inattendibilità. Parimenti inconducente rispetto ai fatti da provare, perché perplesso, sarebbe altresì il riferimento al rinvenimento presso l’abitazione di INDIRIZZO di un contenitore con oltre 11.000,00 euro, che, a detta dell’imputato, gli sarebbe stato consegnato dal fratello senza la precisa indicazione della somma di denaro, e di altri 3.270,00 euro, che, sempre a detta dell’imputato, sarebbero il provento a nero di attività di muratore. In particolare, con riferimento a ipotesi non di vendita o cessione bensì di possesso finalizzato alla cessione di stupefacente oltre che in assenza di prova di pregressa attività di spaccio, si lamenta l’assenza di collegamento logicogiuridico tra la detenzione del denaro, rinvenuto in INDIRIZZO, e la detenzione dello stupefacente rinvenuto in INDIRIZZO (ove sono stati rinvenuti altri 5.210,00 euro). La Corte territoriale avrebbe altresì omesso di confrontarsi con la documentazione relativa all’attività lavorativa espletata dall’imputato, depositata dalla difesa in appello al fine di dimostrare la non provenienza dei 3.270.00 euro rinvenuti nell’immobile da attività di spaccio, oltre che con la documentazione relativa alla conformazione dell’immobile di INDIRIZZO, a dire della difesa evidenziante l’insussistenza di una stanza ulteriore ove avrebbe potuto alloggiare il prevenuto. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In conclusione, per il ricorrente, escluso il possesso dello stupefacente di cui ai capi da A a G (non rinvenuto all’interno dell’immobile di INDIRIZZO), i giudici di merito avrebbero dovuto ritenere provata la responsabilità dell’imputato solo con riferimento alla marijuana di cui al capo H (rinvenuta nel detto immobile), detenzione ritenuta per uso non esclusivamente personale con decisione sul punto non sindacata dall’appellante, e, così, sussumere la fattispecie concreta dell’ipotesi di «lieve entità».
2.2. Con il secondo motivo si deducono violazioni di legge e vizio cumulativo di motivazione in merito alla confisca del denaro rinvenuto nella disponibilità dell’imputato in quanto disposta, ai sensi dell’art. 240-bis cpd. pen., richiamato dall’art. 85-bis d.P.R. n. 309 del 1990, ma senza un sotteso giudizio di sproporzione rispetto alle proprie attività, con riferimento alle quali l’imputat avrebbe depositato documentazione con la quale la Corte territoriale non si
sarebbe confrontata anche al fine di escludere la legittima provenienza del denaro.
2.3. Con il terzo motivo si deducono la violazione degli- artt. 62-bis e 133 cod. pen. e il difetto assoluto di motivazione in marito alla mancata riduzione della pena per le riconosciute circostanze attenuanti generiche, nella massima estensione prevista dal citato art. 62-bis, anche in considerazione del mancato confronto con le circostanze addotte dalla difesa e valorizzanti l’incensuratezza dell’imputato, il minimo ruolo nella consumazione delle fattispecie, il contegno processuale oltre che il di lui inserimento nel tessuto sociale (che emergerebbe dalla documentazione relativa alle attività lavorative svolte).
2.4. Con il quarto motivo, ritenendo di dissentire rispetto agli approdi della giurisprudenza di legittimità sul punto e di trarne spunti da Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076, si deduce la violazione di legge per aver i giudici di merito ritenuto la condotta di detenzione, in unico contesto, delle diverse sostanze stupefacenti di cui ai capi d’imputazione, tale da integrare non una sola fattispecie di reato bensì diverse fattispecie di cui all’art. 73 d.P.R. n 309 del 1990 avvinte ex art. 81 cod. pen.
2.5. Con il quinto motivo si deducono la violazione degli artt. 545-bis e 20bis cod. proc. pen. oltre che l’omessa motivazione sul punto in merito alla mancata sostituzione della pena detentiva, inferiore a quatto anni, con la pena sostitutiva della detenzione domiciliare, nonostante la richiesta fatta con il terzo motivo di appello, e, comunque, per non aver dato alle parti l’avviso di cui al citato art. 545-bis dopo la lettura del dispositivo.
La sola Procura generale ha discusso e concluso nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è fondato, nei termini di seguito evidenziati, con assorbimento della decisione in merito agli altri motivi di ricorso.
Per la valutazione dei diversi profili di censura articolati con il motivo i esame occorre muovere dalla situazione di contesto accertata dai giudici di merito, tanto di primo quanto di secondo grado, posta a fondamento della responsabilità per i capi A, B, C, D, E, FeG e sostanzialmente ‘non sindacata dal ricorrente ma presupposto delle dedotte doglianze.
La polizia giudiziaria sottopone a controllo una vettura all’interno della quale, oltre al prevenuto, posizionato sul lato passeggero, vi sono il fratello
dell’imputato, alla guida, e la di lui compagna (intestataria della vettura), le cu posizioni sono state definite con sentenza di applicazione di pena (oltre alla prole infante di quest’ultima). Oltre a due confezioni di cocaina, per un peso di circa 1,60 g, rinvenute sulla persona della donna, dimorante nell’immobile di INDIRIZZO, vengono rinvenuti sulla persona del fratello dell’imputato, con residenza anagrafica in INDIRIZZOPomezia) ma ritenuto coabitante con la convivente in INDIRIZZO, le chiavi del detto immobile di INDIRIZZO. Le chiavi dell’immobile di INDIRIZZO sono invece rinvenute in possesso dell’imputato, che, pur non essendo ivi residente (in quanto formalmente irreperibile per il comune), dichiara e sostiene di abitarvi. All’esito di perquisizione eseguita nell’immobile di INDIRIZZO, oltre a 5.210,00 euro, sono rinvenuti i dodici panetti di hashish del capo A e la restante cocaina di cui in rubrica, mentre nell’immobile di INDIRIZZO sono rinvenuti i 30,923 g di marijuana (di cui al capo H) nonché: 3.270,00 euro (che l’imputato ha dichiarato essere provento di attività di muratore a nero); una cassetta contenente 11.500,00 euro (che l’imputato ha dichiarato di aver ricevuto in custodia dal fratello ma ignaro del preciso importo); numerosi ritagli di cellophane; un rotolo di carta stagnola; un rotolo di cellophane e un involucro aperto con etichetta riportante la scritta «smoking», uguale a quella trovata sui dodici panetti di hashish rinvenuti all’interno dell’abitazione di INDIRIZZO. In merito alla descritta situazione di contesto, per quanto emerge dalla sentenza impugnata, il fratello dell’imputato ha evidenziato l’estraneità del prevenuto all’attività di spaccio da lui condotta e la di compagna ha dichiarato che NOME COGNOME qualche volta si sarebbe recato presso l’abitazione di INDIRIZZO.
Orbene, la motivazione sottesa alla ritenuta responsabilità dell’imputato con riferimento allo stupefacente di cui alle lettere da A a G, anche in un’ottica di doppia conforme, è viziata in quanto autoreferenziale oltre che contraddittoria e caratterizzata da manifesti salti logici.
Al netto di supposizioni relative alla provenienza del denaro rinvenuto in sede di perquisizione da attività di spaccio pregressa (rispetto alle contestazione di detenzione e non di cessione di stupefacente) e dell’immotivata valutazione di inattendibilità delle dichiarazioni rese dal fratello dell’imputato, che scagionerebbero con riferimento all’attività illecita da lui posta in essere l’accertamento della responsabilità del prevenuto in merito alla detenzione dello stupefacente in oggetto si fonda sostanzialmente solo su elementi della cui conducenza rispetto ai fatti storici da provare non vi è traccia nell’iter logico giuridico sotteso alla decisione, se non in termini contraddittori e manifestamente illogici.
I giudici di merito, difatti, valorizzano la presenza dell’imputato, in contesto non caratterizzato da cessione o offerta di stupefacente, all’interno della vettura insieme al proprio fratello (alla guida) e alla lui compagna, indosso alla quale sono state rinvenute due confezioni di cocaina per un peso totale di 1,60g. Non emerge però l’iter logico-giuridico per cui la circostanza di cui innanzi sia stata ritenuta conducente, di per sé considerata o all’esito di una valutazione globale di tutti gli elementi probatori, in termini di responsabilità per la codetenzion dello stupefacente non rinvenuto all’interno dell’immobile di INDIRIZZO.
Trattasi, quanto agli altri evidenziati elementi probatori, del rinvenimento all’interno dell’abitazione di INDIRIZZO, nella disponibilità dell’imputato ma luogo di formale residenza del fratello, di stupefacente, peraltro di tipologia differente rispetto a quello di INDIRIZZO, e di un involucro aperto con etichetta riportante la scritta «smoking», uguale a quella trovata sui dodici panetti di hashish rinvenuti all’interno dell’immobile di INDIRIZZO, abitato dal detto fratello e dalla di lui convivente. Immotivatamente però la Corte territoriale deduce, dagli evidenziati elementi, la codetenzione da parte dell’imputato dello stupefacente sito nel diverso immobile, quello di INDIRIZZO, anche alla luce della ritenuta residenza presso l’abitazione di INDIRIZZO del fratello del prevenuto occupante, con la coindagata, l’immobile di INDIRIZZO.
Sempre immotivatamente i giudici di merito ritengono accertato che l’imputato abiti in INDIRIZZO, insieme al proprio fratello e alla di lui famiglia, che, dunque, sia codetentore dello stupefacente ivi rinvenuto. È difatti assente l’esplicitazione dei sottesi elementi probatori in un apparato motivazionale che fonda sostanzialmente solo sulla ritenuta inidoneità abitativa dell’immobile di INDIRIZZO, del quale l’imputato possiede le chiavi, in quanto in condizioni fatiscenti ancorché formale residenza anagrafica del di lui fratello. È quindi assente anche l’esplicitazione del collegamento logico tra la ritenuta inidoneità abitativa dell’immobile di INDIRIZZO e l’accertata disponibilità da parte dell’imputato dell’immobile di INDIRIZZO.
A ciò si aggiungono la contraddittorietà e il salto logico caratterizzanti la motivazione, cui l’apparato argomentativo non offre spunti chiarificatori, in merito alla disponibilità dell’immobile di INDIRIZZO da parte dell’imputato laddov si fonda sulle dichiarazioni rese dalla donna. Là Corte, difatti, nel riportare i motivazione quanto dichiarato dalla coindagata, fa riferimento alla circostanza (dalla stessa riferita) per cui l’imputato, qualche volta, si sarebbe recato presso l’immobile di INDIRIZZO, abitato dalla dichiarante con il convivente e la prole, ricavandone, invece, contraddittoriamente e in termini manifestamente illogici, l’effettivo utilizzo dell’abitazione da parte di NOME COGNOME e, quindi, codetenzione dello stupefacente ivi rinvenuto.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello di Roma
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.
Così deciso il 15 maggio 2024