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Co-detenzione stupefacenti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una donna condannata per co-detenzione stupefacenti. La sua condotta ostativa durante la perquisizione e la presenza di droga visibile nell’abitazione condivisa sono state ritenute prove sufficienti della sua consapevolezza e partecipazione al reato, insieme al convivente.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Co-detenzione stupefacenti: Quando la convivenza diventa prova?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di co-detenzione stupefacenti, delineando i confini tra la semplice condivisione di un’abitazione e la partecipazione consapevole a un’attività illecita. La pronuncia offre importanti chiarimenti su quali elementi possono fondare una condanna, anche in assenza di una confessione o di prove dirette di spaccio. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso

Una donna veniva condannata dalla Corte di Appello per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, in concorso con il suo convivente. La difesa presentava ricorso per cassazione, sostenendo che non vi fossero prove sufficienti per affermare la sua responsabilità nella detenzione della droga, trovata all’interno dell’abitazione comune. Secondo la ricorrente, la sola convivenza non poteva bastare a dimostrare un suo coinvolgimento attivo nell’attività illecita del partner.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la condanna emessa in secondo grado. I giudici hanno ritenuto che il ricorso fosse meramente ripetitivo di argomentazioni già valutate e respinte dalla Corte di Appello con una motivazione logica e coerente. La Cassazione ha ribadito il suo ruolo di giudice di legittimità, che non può riesaminare nel merito le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

Le Motivazioni: la co-detenzione stupefacenti e gli indizi

La Corte di Appello aveva basato la sua decisione su una serie di elementi indiziari, considerati nel loro insieme gravi, precisi e concordanti. Questi elementi, richiamati dalla Cassazione, sono stati decisivi per affermare la co-detenzione stupefacenti:

1. Condotta Ostativa: Al momento dell’arrivo delle forze dell’ordine per la perquisizione, la donna aveva opposto resistenza all’apertura della porta, cercando di ostacolare il controllo. Questo comportamento è stato interpretato come un tentativo di nascondere l’attività illecita.
2. Droga in Piena Vista: All’interno dell’abitazione, la sostanza stupefacente, di diversa tipologia, non era occultata ma si trovava ben visibile, già pronta per essere suddivisa e confezionata. Questa circostanza rendeva altamente improbabile che la convivente non fosse a conoscenza della sua presenza e della sua finalità.

Secondo i giudici, l’unione di questi fattori dimostrava che la ricorrente non era una semplice convivente ignara, ma partecipava attivamente e consapevolmente alla detenzione della droga, condividendone la disponibilità e gli scopi illeciti con il partner.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio consolidato: la prova della co-detenzione stupefacenti può essere raggiunta anche attraverso elementi indiziari. La semplice convivenza non è di per sé sufficiente, ma diventa un fattore di prova determinante se corroborata da altri comportamenti che rivelano la consapevolezza e l’adesione all’attività criminale del partner. La resistenza opposta alle forze dell’ordine e la mancata occultazione della droga sono stati considerati segnali inequivocabili di un coinvolgimento diretto, rendendo il ricorso un tentativo infruttuoso di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione dei fatti, compito che non le spetta.

Quando la semplice convivenza può portare a una condanna per co-detenzione di stupefacenti?
Secondo la Corte, la convivenza da sola non basta, ma diventa un elemento di prova decisivo se unita ad altri indizi, come un comportamento ostativo verso le forze dell’ordine e la presenza ben visibile di sostanze stupefacenti nell’abitazione condivisa.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice di appello?
No, il ricorso in Cassazione è inammissibile se si limita a riproporre le stesse contestazioni sulla valutazione dei fatti già esaminate e respinte con motivazione adeguata dalla Corte d’Appello. La Cassazione giudica solo la corretta applicazione della legge, non il merito dei fatti.

Quali elementi hanno considerato i giudici per affermare la responsabilità della ricorrente?
I giudici hanno considerato unitamente tre elementi: la condotta della ricorrente volta a ostacolare la perquisizione, la presenza in casa di diverse tipologie di stupefacenti pronte per il confezionamento e non occultate, e il fatto che l’abitazione fosse in suo uso condiviso con il convivente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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