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Clausola di riparazione: limiti e contraffazione

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti della clausola di riparazione, stabilendo che non può giustificare la produzione di pezzi di ricambio che costituiscono una riproduzione servile di modelli registrati. La sentenza annulla un’ordinanza che aveva disposto il dissequestro di cinturini per smartwatch non originali, affermando che la finalità di riparazione non legittima la contraffazione del design protetto, e rinvia il caso per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Clausola di riparazione: quando il pezzo di ricambio diventa contraffazione?

La produzione di pezzi di ricambio compatibili è un mercato fiorente, ma quali sono i confini tra la legittima riparazione e la contraffazione? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 2342/2024) fa luce sui limiti della cosiddetta clausola di riparazione, un principio fondamentale nel diritto della proprietà industriale. La Corte ha stabilito che questa clausola non può essere invocata per giustificare la riproduzione servile di modelli registrati.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso nei confronti di una società che importava e commercializzava cinturini compatibili con un noto modello di smartwatch. Il Tribunale del riesame, in un primo momento, aveva annullato il sequestro, ritenendo che i cinturini rientrassero nella clausola di riparazione prevista dall’art. 241 del Codice della Proprietà Industriale. Secondo il Tribunale, i cinturini erano componenti di un prodotto complesso (lo smartwatch) e venivano utilizzati per ripristinarne l’aspetto e la funzionalità originali in caso di usura, smarrimento o danneggiamento.

Il Ricorso della Procura e la Questione Giuridica

Il Pubblico Ministero ha impugnato la decisione del riesame, presentando ricorso in Cassazione. La Procura ha sostenuto che il Tribunale avesse interpretato erroneamente la normativa, poiché i cinturini sequestrati non erano semplici pezzi di ricambio, ma riproduzioni pedisseque di modelli il cui design era protetto e registrato a livello europeo. L’argomentazione centrale era che la clausola di riparazione non può diventare uno scudo per condotte di contraffazione. La finalità di tale clausola è liberalizzare il mercato dei ricambi per la riparazione, non per permettere la creazione di copie identiche che ingannano il consumatore sulla provenienza del prodotto.

L’Analisi della Cassazione sulla Clausola di Riparazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della Procura, delineando in modo netto i confini applicativi della clausola di riparazione. I giudici hanno chiarito che, sebbene un cinturino di uno smartwatch possa effettivamente servire a ripristinare la funzionalità e l’aspetto del dispositivo, la sua produzione non può spingersi fino alla riproduzione servile di un modello registrato. La ratio della norma è evitare monopoli nel mercato secondario delle riparazioni, consentendo a terzi di produrre componenti compatibili. Tuttavia, questa facoltà non si estende alla possibilità di copiare integralmente il design protetto, poiché ciò configurerebbe una violazione dei diritti di proprietà intellettuale.

Le Motivazioni

La Corte ha affermato un principio di diritto cruciale: «La clausola di riparazione di cui all’art. 241 D.lgs. 10 febbraio 2005 n. 30 non si applica ai pezzi di ricambio che riproducono in maniera servile modelli registrati». In altre parole, la legittimità della produzione di un pezzo di ricambio compatibile finisce dove inizia la contraffazione del modello registrato. Un conto è produrre un componente che svolge la stessa funzione dell’originale, un altro è replicarne fedelmente ogni dettaglio estetico e formale protetto da privativa. Nel caso di specie, i cinturini sequestrati non solo erano compatibili, ma presentavano caratteristiche di forma, materiali e design pressoché identiche a quelle dei prodotti originali, inducendo il pubblico a confonderli. Questa condotta, secondo la Cassazione, non è scriminata dalla clausola di riparazione e deve essere valutata sotto il profilo del reato di contraffazione (art. 473 c.p.).

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale del riesame e ha rinviato il caso per un nuovo giudizio. Il nuovo giudice dovrà verificare se i cinturini sequestrati costituiscano effettivamente una contraffazione dei modelli originali. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: le aziende che operano nel mercato dei ricambi e degli accessori compatibili devono prestare la massima attenzione a non creare copie identiche di design protetti. La clausola di riparazione protegge la funzione, non la copia servile della forma.

La clausola di riparazione permette di produrre una copia identica di un pezzo di ricambio protetto da un modello registrato?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la clausola di riparazione non si applica ai pezzi di ricambio che riproducono in maniera servile modelli registrati.

Qual è lo scopo principale della clausola di riparazione secondo la sentenza?
Lo scopo è consentire la riparazione di un prodotto complesso per ripristinarne l’aspetto e la funzionalità originari, evitando monopoli da parte del produttore originale, ma non quello di legittimare la contraffazione di modelli registrati.

Un cinturino per smartwatch può essere considerato un componente funzionale alla riparazione?
Sì, la Corte riconosce che la sostituzione di un cinturino soddisfa una finalità di ripristino dell’aspetto e della funzionalità del prodotto, specialmente in caso di danneggiamento, usura o smarrimento. Tuttavia, ciò non autorizza a riprodurne servilmente il design originale protetto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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