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Classificazione detenuto: il reclamo è il rimedio

Un detenuto ha contestato il suo inserimento nel circuito di Alta Sorveglianza. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21919/2024, ha stabilito che la questione della classificazione detenuto incide su un diritto soggettivo. Pertanto, il rimedio corretto non è il ricorso per cassazione, ma il reclamo al Tribunale di Sorveglianza, al quale ha rinviato gli atti per la decisione nel merito.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Classificazione Detenuto: la Cassazione Fa Chiarezza sul Rimedio Giusto

La classificazione detenuto all’interno di un determinato circuito penitenziario non è una mera decisione amministrativa, ma un atto che incide profondamente sui diritti fondamentali della persona. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire quale sia il corretto percorso giudiziario da intraprendere per contestare tale assegnazione, ribadendo la centralità della tutela giurisdizionale. Il caso offre spunti cruciali per comprendere la distinzione tra ricorso per cassazione e reclamo al Tribunale di Sorveglianza.

Il Caso: Dalla Richiesta di Declassamento all’Intervento della Cassazione

La vicenda ha origine dalla richiesta di un detenuto di essere declassato dal circuito penitenziario di “Alta Sorveglianza”. L’Amministrazione Penitenziaria aveva rigettato la sua istanza, e il successivo reclamo al Magistrato di Sorveglianza aveva avuto lo stesso esito negativo.

Il difensore del detenuto ha impugnato questa decisione, ma il Presidente del Tribunale di Sorveglianza, ritenendo che la questione non riguardasse diritti soggettivi, ha trasmesso gli atti alla Corte di Cassazione, qualificando l’impugnazione come un ricorso. Si è creato così un cortocircuito procedurale che ha richiesto l’intervento della Suprema Corte per ristabilire l’ordine corretto delle competenze.

La Tutela del Diritto alla Classificazione Detenuto

La Corte di Cassazione ha innanzitutto richiamato il quadro normativo di riferimento. L’articolo 69 dell’Ordinamento Penitenziario attribuisce al magistrato di sorveglianza la competenza a decidere sui reclami dei detenuti per l’inosservanza di norme che provochi un “attuale e grave pregiudizio all’esercizio dei diritti”.

La giurisprudenza ha consolidato il principio secondo cui la classificazione detenuto e la sua assegnazione a uno specifico circuito (come quello di media o alta sicurezza, diverso da quello ordinario) si fonda su due pilastri:

1. Trattamento rieducativo comune (art. 14 Ord. pen.): Il raggruppamento dei detenuti deve favorire percorsi di rieducazione condivisi.
2. Sicurezza e prevenzione (art. 32 Reg. pen.): È necessario evitare influenze negative reciproche e proteggere l’incolumità dei detenuti.

Quando la decisione dell’amministrazione viola i criteri generali e astratti fissati per queste finalità, non si limita a un atto di gestione interna, ma lede il diritto soggettivo del detenuto al “trattamento comune”.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha qualificato l’impugnazione non come un ricorso di sua competenza, ma come un reclamo che doveva essere esaminato dal Tribunale di Sorveglianza in composizione collegiale. La motivazione di questa scelta risiede nella natura della questione. Secondo i giudici, i provvedimenti in materia di classificazione detenuto o di mantenimento in un circuito differenziato possono essere oggetto di reclamo ai sensi degli articoli 35-bis e 69 dell’Ordinamento Penitenziario.

Questo accade quando tali provvedimenti, adottati in violazione dei criteri sulla destinazione dei detenuti, si traducono in una lesione del diritto soggettivo al trattamento “comune”. Non si tratta quindi di una mera valutazione di merito insindacabile, ma della verifica del rispetto di un diritto. Di conseguenza, il rimedio previsto non è il ricorso diretto in Cassazione, ma il reclamo al Tribunale di Sorveglianza, organo competente a valutare nel merito la legittimità del provvedimento e il pregiudizio al diritto del detenuto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

La decisione della Suprema Corte ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, riafferma che la gestione penitenziaria non è una zona franca esente dal controllo giurisdizionale, specialmente quando sono in gioco i diritti dei detenuti.

In secondo luogo, traccia un percorso procedurale chiaro: un detenuto che si ritiene ingiustamente classificato deve prima rivolgersi al Magistrato di Sorveglianza. Contro la decisione di quest’ultimo, lo strumento corretto è il reclamo al Tribunale di Sorveglianza, che deciderà in composizione collegiale. Solo dopo questo grado di giudizio, e per motivi di legittimità, sarà eventualmente possibile adire la Corte di Cassazione.

In definitiva, la Corte ha rinviato gli atti al Tribunale di Sorveglianza di Catania, competente per territorio, affinché esamini il merito del reclamo, garantendo così il corretto e completo esercizio del diritto di difesa del detenuto.

A quale giudice ci si deve rivolgere per contestare l’assegnazione a un circuito penitenziario speciale come l’Alta Sorveglianza?
In prima istanza si presenta un reclamo al Magistrato di Sorveglianza. Contro la sua decisione, il rimedio corretto è un ulteriore reclamo al Tribunale di Sorveglianza in composizione collegiale, non il ricorso diretto alla Corte di Cassazione.

La classificazione di un detenuto è considerata lesiva di un diritto soggettivo?
Sì. Secondo la Corte, quando i provvedimenti di classificazione sono adottati in violazione dei criteri generali stabiliti dall’amministrazione, possono risolversi in una lesione del diritto soggettivo del detenuto al trattamento “comune”.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione in questo specifico caso?
La Corte ha riqualificato il ricorso come reclamo e ha disposto la trasmissione degli atti al Tribunale di Sorveglianza di Catania, identificato come l’organo funzionalmente competente a decidere nel merito della questione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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