Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8931 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8931 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PM PROCURA TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA nel procedimento c/ COGNOME NOME nato a TROPEA il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 16/06/2023 del TRIBUNALE di VIBO VALENTIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza pronunziata in data 16 giugno 2023 il Tribunale di Vibo Valentia in composizione monocratica dichiarava la nullità del decreto di citazione diretta a giudizio nei confronti di COGNOME NOME, restituendo gli atti al Pubblico ministero, per essere stata esercitata l’azione penale per il reato di cui all’art. 624 bis cod. pen. nelle forme della citazione diretta anziché attraverso la richiesta di rinvio a giudizio dinanzi al Giudice per l’udienza preliminare.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Vibo Valentia deducendo l’abnormità del provvedimento impugnato.
2.1. In particolare, evidenzia il pubblico ministero ricorrente che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che – anche a seguito della modifica dei
minimi edittali previsti per le fattispecie ricomprese nell’art. 624 bis cod. pen. – si procede comunque nelle forme della citazione diretta ed un’eventuale restituzione degli atti al Pubblico ministero è da ricondursi alla categoria dei provvedimenti abnormi (Sez.4, n.1792 del 16/10/2018, dep.2019, Rv. 275078).
Alla luce dei principi affermati da questa Corte, ritiene il ricorrente che il provvedimento impugnato possa essere qualificato quale abnorme in quanto, per la singolarità del suo contenuto e della sua motivazione, si pone al di fuori del sistema organico dell’ordinamento e determina una paralisi del procedimento superabile unicamente con la sua rimozione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Secondo questa Corte il provvedimento del giudice del dibattimento che, a fronte del corretto esercizio dell’azione penale nelle forme della citazione diretta a giudizio per il delitto di cui all’art. 624-bis cod. pen., come modificato dalla legge 26 aprile 2019, n. 36, disponga la trasmissione degli atti al pubblico ministero per la richiesta di rinvio a giudizio è da considerarsi abnorme (Sez. 5, n. 28694 del 19/05/2022, Pm c. Caggia, Rv. 283578).
Anteriormente all’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103 era pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che, per il delitto di furto in abitazione e di furto con strappo, previsti dall’art. 624-bis cod. pen, introdotto dalla legge n. 128 del 2001, si procedesse con citazione diretta a giudizio, ai sensi dell’art. 550 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 29815 del 24/4/2012, COGNOME, Rv. 253173).
Ed invero il mancato inserimento del furto ex art. 624-bis cod. pen. tra le ipotesi di cui all’art. 550 comnna secondo cod. proc. pen. derivava dalla sua introduzione successivamente all’entrata in vigore del vigente codice di rito e dal difetto di coordinamento normativo a cui era, tuttavia, possibile porre rimedio in via interpretativa atteso che il delitto di furto aggravato ai sensi dell’art. 625 cod. pen. – espressamente contemplato dall’art. 550, connma secondo, lett. f), cod. proc. pen. – e il delitto di furto in abitazione risultavano puniti con la medesima pena detentiva della reclusione da uno a sei anni (Sez. 5, n. 22256 del 12/4/2011, Castriota, Rv. 250577).
Anche a seguito dalla entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, che ha apportato due modifiche ai minimi edittali previsti per la ipotesi in esame, questa Corte ha ribadito che per i delitti di furto in abitazione e di furto con strappo, previsti dall’art. 624-bis cod. pen., si procede comunque con citazione diretta a giudizio ai sensi dell’art. 550 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 1792 del 16/10/2018, dep.2019, Nastasi, Rv. 275078).
Nel caso in esame essendo l’azione penale stata esercitata in data 25 maggio 2022 rileva, ai fini dell’applicazione dell’art. 550 cod. proc. pen., la pena edittale in vigore al momento in cui la azione penale è stata esercitata.
Difatti, in tema di esercizio dell’azione penale con citazione diretta a giudizio, il rinvio previsto dall’art. 550 cod. proc. pen. alla pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni, è «fisso» in quanto, stante l’inderogabilità del principio tempus regit actum in ambito processuale, va riferito alla norma vigente al momento dell’esercizio dell’azione penale e non già a quella di diritto sostanziale concretamente applicabile all’imputato, sulla base dei criteri che regolano la successione delle leggi penali del tempo (Sez. 2, n. 9876 del 12/02/2021, Macrì, Rv. 280724).
Al momento dell’esercizio dell’azione penale, avvenuto con decreto di citazione diretta a giudizio del 25 maggio 2022, era già entrata in vigore la legge n. 36 del 2019, che ha aumentato ad anni sette di reclusione la pena edittale per il delitto di furto in abitazione, lasciando immutata la pena massima edittale per il reato di furto aggravato ex art. 625 cod. pen.
Ne consegue che non è più sostenibile il criterio interpretativo fondato sulla identità della pena edittale prevista per il delitto di furto aggravato, ai sensi dell’art. 625 cod. pen. – contemplato dall’art. 550, comma 2, lett. f), cod. proc. pen. – e il delitto di furto in abitazione, inizialmente accolto dalla giurisprudenza di questa Corte di cassazione (così Sez. 5, n. 22256 del 12/4/2011, Castriota, Rv. 250577).
Deve, tuttavia, segnalarsi che, anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 36 del 2019, la giurisprudenza di questa Corte ha osservato come “la selezione dei reati operata con l’art. 550 comma secondo cod. proc. pen. tragga origine non tanto da una minore gravità degli stessi, come dimostrano la varietà dei livelli sanzionatori corrispondenti alle diverse fattispecie e la vetta raggiunta proprio con l’inclusione del delitto di cui agli artt. 624 e 625 cod. proc. pen., quanto da valutazioni di tipo “economicistico” e di funzionalità organizzativa, ritenute esposte al pericolo di compromissione dall’adozione generalizzata del modulo procedinnentale previsto per i reati attribuiti al Tribunale in composizione collegiale. Ed invero, non sembra agevolmente superabile l’obiezione secondo la quale non è possibile stabilire alcun rapporto di proporzionalità diretta tra entità della pena e complessità dell’accertamento del reato. Sicché l’assenza di un preventivo vaglio giudiziale sull’esercizio dell’azione penale sarebbe motivata, in tale ottica interpretativa, dalla volontà di limitare l’utilizzo delle risorse, ottimizzare a favore di reati che il legislatore ha ritenuto meritevoli di un più meditato accesso al dibattimento” (Sez. 5, n. 28694 del 19/05/2022, Pm c. Caggia, cit.).
È stato, quindi, affermato che limitate variazioni della pena non sono suscettibili di incidere su quelle valutazioni concernenti l’organizzazione delle risorse giudiziarie, aventi nel loro fuoco l’identità tipologica del reato (inteso come furto, indicato nel genus dall’art. 550 cod. proc. pen. mediante il richiamo alla lettera f) del furto aggravato a norma dell’art. 625 cod. pen).
Sulla base di siffatte argomentazioni questa Corte ha ribadito che l’azione penale nell’ipotesi di cui all’art. 624 bis cod. pen. è correttamente esercitata dal Pubblico ministero mediante citazione diretta a giudizio e che, per effetto dell’ordinanza che dispone la trasmissione degli atti al Pubblico ministero per la richiesta di rinvio a giudizio sul presupposto che per tale reato sia prevista l’udienza preliminare, si viene a creare uno stallo o regressione processuale, non rimediabile se non attraverso un intervento del giudice di legittimità, effetto proprio, in base al consolidato orientamento giurisprudenziale, di un atto abnorme.
5. Il provvedimento impugnato è, per le ragioni esposte, da considerarsi abnorme tale essendo non solo l’atto che per la singolarità e stranezza del suo contenuto risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti dalla legge, al di là di ogni ragionevole limite, comportando, nella specie, anche la indebita e non consentita regressione del procedimento ad una fase precedente (Sez. Un., n. 26 del 24/11/1999, dep.2000, Rv. 215094).
L’ordinanza impugnata, pertanto, va annullata senza rinvio e gli atti vanno trasmessi al Tribunale di Vibo Valentia per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Vibo Valentia per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma il 17 gennaio 2024
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