Circostanze attenuanti: no alla riduzione di pena per chi reagisce con violenza ingiustificata
L’applicazione delle circostanze attenuanti generiche rappresenta uno strumento fondamentale per adeguare la pena alla specifica situazione del reo. Tuttavia, la loro concessione non è automatica. Con l’ordinanza n. 21761/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale: uno stato di agitazione, auto-provocato da una condotta illecita, non può giustificare una reazione violenta contro le forze dell’ordine e, di conseguenza, non legittima una riduzione di pena.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una donna sorpresa da un agente di polizia mentre colpiva delle auto parcheggiate con la propria borsa. All’intervento dell’agente per un controllo, la donna ha reagito violentemente, cagionandogli lesioni lievi e integrando così il reato di resistenza a pubblico ufficiale previsto dall’art. 337 del Codice Penale.
Nei gradi di merito, i giudici avevano negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche. L’imputata ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e una violazione di legge. A suo dire, i giudici non avrebbero tenuto in debita considerazione il “contesto” di agitazione e violenza in cui si era verificata la sua reazione, che avrebbe dovuto portare a una valutazione più mite della sua condotta.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione conferma la valutazione dei giudici di merito e stabilisce che non vi è stato alcun errore nel negare le attenuanti.
La Corte ha implicitamente sottolineato che il dovere del giudice è quello di valutare tutti gli elementi del caso, ma la concessione delle attenuanti generiche deve basarsi su elementi positivi e meritevoli, non su una generica invocazione di un “contesto” problematico, specialmente se tale contesto è stato generato dalla stessa condotta illecita dell’imputato.
Con la dichiarazione di inammissibilità, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le motivazioni: perché sono state negate le circostanze attenuanti generiche?
La motivazione della Corte, seppur sintetica, è molto chiara. Il punto centrale è che il “contesto” citato dalla difesa non era un fattore esterno che ha influenzato negativamente la condotta dell’imputata, ma era il risultato diretto delle sue stesse azioni illecite (il danneggiamento delle auto). Pertanto, valorizzare tale elemento per concedere una riduzione di pena sarebbe stato contraddittorio e ingiustificato.
La reazione violenta all’intervento legittimo di un agente di polizia, chiamato a svolgere un controllo proprio a causa del comportamento della donna, non può trovare giustificazione nello stato di alterazione della stessa. La condotta di resistenza non è stata una conseguenza scusabile di una situazione di stress, ma un’ulteriore azione illecita che ha aggravato la sua posizione.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza offre un importante spunto di riflessione sulle condizioni per l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche. La decisione riafferma che la valutazione del giudice deve essere ancorata a elementi concreti che dimostrino una minore gravità del fatto o una ridotta capacità a delinquere del reo. Uno stato di agitazione o rabbia, quando è diretta conseguenza di un’azione illegale commessa dall’imputato, non può essere utilizzato come “scudo” per ottenere uno sconto di pena. In pratica, non si può creare un problema e poi pretendere clemenza per le conseguenze violente che ne derivano. La sentenza rafforza il principio di auto-responsabilità: chi commette un illecito deve rispondere delle proprie azioni, incluse le reazioni spropositate a un legittimo controllo delle autorità.
Quando può essere negata l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche?
Possono essere negate quando la condotta dell’imputato, sebbene avvenuta in un contesto di agitazione, non è giustificata e deriva da un precedente comportamento illecito dello stesso soggetto.
Qual è la conseguenza di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La conseguenza è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento. La sentenza impugnata diventa definitiva.
Il “contesto” agitato creato dall’imputato può giustificare una reazione violenta contro un pubblico ufficiale?
No, secondo questa ordinanza, il contesto di agitazione creato dalla stessa condotta illecita dell’imputato (in questo caso, danneggiare auto) non costituisce una valida motivazione per giustificare o attenuare la successiva reazione violenta contro un agente di polizia intervenuto per un controllo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21761 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21761 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a MOSCA( RUSSIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/06/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che la ricorrente denuncia vizio di violazione di legge e vizio di motivazione sul punto della mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche correttamente denegata valorizzando il “contesto” violento in cui deve essere inserita la condotta di cui all’art. 337 cod. pen., anche per le lesioni, sia pure lievi, cagionate all’agente di polizia intervenuto per il controllo dell’imputata che era stata sorpresa mentre colpiva auto parcheggiate con la propria borsa;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 aprile 2024
Il Consiglier COGNOME stensore
Il Pres,gente