Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26202 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26202 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a TRICASE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/06/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo
1 -1 -1 9. 7anitrtte –eh4-aderrctO l’inammissibilità del ricorso.
udito COGNOME il difenser-e-
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in esame la Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, che dichiarava NOME COGNOME colpevole del reato di detenzione per la vendita di sostanze stupefacenti (marijuana e hashish) e di detenzione, porto e ricettazione di una serie di armi, anche clandestine, e parti di armi, accertati in Campi Salentina il 9 agosto 2022, e lo condannava alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione ed euro tremila di multa.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, NOME.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione anche come travisamento della prova.
La Corte, aderendo alla ricostruzione della vicenda del primo Giudice, avrebbe, secondo il ricorrente, travisato al pari dello stesso la prova, reiterando l’introduzione nella motivazione di un’informazione non esistente nel processo. In particolare, NOME COGNOME, diversamente da come si afferma in sentenza, non è mai stato fermato e identificato dal vice ispettore COGNOME mentre scavalcava il muretto di recinzione del campo, dopo essere stato avvistato dal drone; inoltre, non risulta affatto vero che, in quel frangente, si sarebbe avvicinato lo zio del medesimo (COGNOME). Rileva, invero, il difensore che dal verbale di perquisizione locale del 9 agosto 2022 risulta, invece, che il suddetto vice ispettore rinveniva all’interno della sua abitazione NOME, sua madre e suo zio. Osserva, inoltre, che, diversamente da come affermato sempre dalla suddetta sentenza, NOME si presentava spontaneamente presso gli uffici della Squadra RAGIONE_SOCIALE, dove era stato invitato a presentarsi. Se fosse vero che l’imputato venne fermato ed identificato mentre scavalcava il muretto del campo, non si spiegherebbe questo successivo invito negli uffici, dove poi venne tratto in arresto.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso vengono lamentati violazione degli artt. 62-bis, 81 e 133 cod. pen. e vizio di motivazione.
Lamenta il difensore che il vizio di travisamento della prova riverbera i suoi effetti sul tema del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e, comunque, sul trattamento sanzionatorio. Rileva che la 1 . Corte territoriale fonda il diniego delle generiche sulla gravità dei reati,
sul fatto che l’imputato si sia avvalso della legittima facoltà di non rispondere e, infine, su un precedente penale per reato commesso da minorenne per il quale aveva ottenuto il perdono giudiziale. Senza, invece, considerare, secondo i parametri indicati dall’art. 133 cod. pen., che NOME, soggetto appena maggiorenne, immune da carichi pendenti e gravato da un solo lieve precedente penale, non appena invitato informalmente a presentarsi alle forze dell’ordine, ebbe a farlo spontaneamente e senza alcuna esitazione.
La difesa insiste, alla luce dei suddetti motivi, per l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Inammissibile, in quanto manifestamente infondato, è il primo motivo di impugnazione, in cui la difesa lamenta un travisamento probatorio inesistente.
Emerge con estrema chiarezza dalla sentenza impugnata che la perquisizione in casa, ove vi era la presenza dell’imputato, di sua madre e di suo zio, è successiva rispetto a quanto riportato nel verbale di arresto, prodotto in uno col verbale di perquisizione dallo stesso difensore, nel quale si dà atto che NOME, fotografato dal drone mentre accedeva al campo sosta e vi prelevava qualcosa che nascondeva nella parte retrostante di alcune abitazioni, era sorpreso dal vice ispettore COGNOME mentre scavalcava la recinzione per accedere nuovamente a detto campo. La sentenza di appello sottolinea, invero, che dal verbale di perquisizione domiciliare relativa all’abitazione di NOME non emerge affatto che questi si trovasse già all’interno della casa nel momento in cui si dava inizio alle operazioni, ma veniva riportato che “si aveva la sua presenza” (come quella dello zio, che, quando l’imputato veniva identificato dal vice ispettore si era subito avvicinato al luogo dove avveniva l’identificazione). Rileva che l’imputato non si recava spontaneamente presso gli uffici della Squadra RAGIONE_SOCIALE, ma perché convocato; e che sempre NOME (che al momento in cui veniva fermato indossava lo stesso abbigliamento dell’individuo ripreso dal drone) risultava avere riportato alcuni vistosi graffi alle gambe, che si era evidentemente procurato nel nascondere in mezzo ai rovi il materiale
illecito poi sequestrato, ad ulteriore dimostrazione del fatto che fosse proprio lui l’individuo con la maglietta bianca ripreso dal drone.
Il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, Tassoni, Rv. 280155).
Orbene, nel caso in esame, in cui non emerge né l’una né l’altra ipotesi di travisamento, illustrandosi, al contrario, in entrambe le sentenze, con dovizia di particolari, coerenti con le emergenze investigative, perché il soggetto fermato è il medesimo ripreso dal drone, la doglianza difensiva è manifestamente infondata.
1.2. Inammissibile è anche il secondo motivo di ricorso, in cui vengono lamentati violazione di legge e vizio motivazionale circa il diniego delle circostanze attenuanti generiche e comunque il trattamento sanzionatorio disposto.
La Corte di appello di Lecce rileva che NOME non è meritevole della concessione delle circostanze attenuanti generiche, considerata la gravità dei fatti posti in essere, essendo stato sorpreso nella disponibilità di un notevole quantitativo di hashish e di marijuana, da cui erano ricavabili rispettivamente n. 10444,7 dosi e n. 31.372,1 dosi, nonché di armi, anche clandestine, e munizioni.
Sottolinea, inoltre, che: – lo stesso NOME all’udienza di convalida si avvaleva della facoltà di non rispondere omettendo di fornire utili elementi di valutazione in suo favore, sotto il profilo sanzionatorio; – non è corretto affermare che l’imputato si sia portato spontaneamente presso gli uffici della Squadra RAGIONE_SOCIALE, in quanto era stato invitato a presentarsi; non va taciuto che, benchè da poco maggiorenne, NOME risultava già gravato da un precedente penale per reato commesso da minorenne per il quale aveva ottenuto il perdono giudiziale.
Con riguardo alla dosimetria della pena osserva detta Corte che la pena base e gli aumenti di pena in continuazione sono congrui in ..,
3 COGNOME
NOME–
relazione alla gravità dei fatti e alla di certo non positiva personalità di NOME.
Tali argomentazioni risultano scevre da vizi logici e giuridici, anzi conformi al dato normativo che si assume violato e alla giurisprudenza che lo interpreta.
A tale ultimo riguardo va osservato che se è vero che in tema di circostanze attenuanti generiche, se la confessione dell’imputato, tanto più se spontanea e indicativa di uno stato di resipiscenza, può essere valutata come elemento favorevole ai fini della concessione del beneficio, di contro la protesta d’innocenza o la scelta di rimanere in silenzio o non collaborare con l’autorità giudiziaria, pur di fronte all’evidenza delle prove di colpevolezza, non può essere assunta, da sola, come elemento decisivo sfavorevole, non esistendo nel vigente ordinamento un principio giuridico per cui le attenuanti generiche debbano essere negate all’imputato che non confessi di aver commesso il fatto, quale che sia l’efficacia delle prove di reità (Sez. 5, n. 32422 del 24/09/2020, COGNOME, Rv. 279778). Tuttavia è anche vero che nel caso in esame il non aver collaborato con gli investigatori viene dalla Corte di appello valutato in uno con la gravità dei fatti e il precedente penale commesso dall’imputato come minorenne, in tal modo escludendosi la sussistenza di elementi idonei a giustificare la concessione delle circostanze attenuanti invocate.
Di contro il motivo di ricorso, che si limita a confutare genericamente detto iter motivazionale e ad insistere sull’unico lieve precedente penale dell’imputato, nonché sul fatto che NOME si sarebbe presentato spontaneamente alle forze dell’ordine, incorre, oltre che nella manifesta infondatezza, nella aspecificità e nel non consentito sollecitando una rivalutazione di elementi fattuali.
Invero, la valutazione attinente ad aspetti che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, esercitato congruamente, logicamente ed anche in coerenza con il principio di diritto secondo il quale l’onere motivazionale da soddisfare non richiede necessariamente l’esame di tutti i parametri fissati dall’art. 133 cod. pen., si sottrae alle censure che reclamino una rivalutazione in fatto di elementi già oggetto di valutazione ovvero la valorizzazione di elementi che si assume essere stati indebitamente pretermessi nell’apprezzamento del giudice impugnato.
2. All’inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento a favore della Cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2024.