Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44186 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44186 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 08/02/1997
avverso la sentenza del 03/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti il ricorso e le conclusioni depositate nell’interesse di COGNOME COGNOME Ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 628 co 2 e 3, n.1 cod. pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici esplicitato le ragioni del suo convincimento, ritenendo che: a) il filmato realizzato dalla person offesa con il proprio telefono consente di vedere l’imputato che lo fronteggia e avanza verso di lui, impugnando, per qualche istante, un oggetto di piccole dimensioni nella mano destra, che tiene protesa verso la vittima; b) risulta pienamente confermata la deposizione della persona offesa, là dove ha riferito di aver chiesto all’imputato la restituzione della refurtiva e di subito la sua reazione aggressiva, consistita nell’aver estratto un paio di forbici dalla tasca . e nell’aver pronunciato espressioni minacciose e ingiuriose, tali da costringerlo a tornare sui suoi passi; c) l’impiego di un oggetto di piccolo taglio è perfettamente compatibile con le lesioni riportate dalle persone offese; d) dai dati riportati nei verbali degli atti irripetibili risult prossimità dei luoghi indicati dalle persone offese, sono stati rinvenuti le forbici e il casco d stesse menzionati, oggetti entrambi sporchi di sangue, coerentemente con il loro impiego per l’offesa verso soggetti che presentavano ferite sanguinati; e) in tale contesto, le discrasi esistenti tra le deposizioni delle persone offese sono giustificate dalla difficoltà di ricord eventi concitati, specie a distanza di tempo dall’esame dibattimentale, oltre che dalle difficolt linguistiche dei dichiaranti;
che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura degli elemen di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944);
che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta la mancata applicazione dell’art. 62 n. 4 cod. pen. non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza di una motivazione esente da evidenti illogicità, nella quale si evidenzia che, sebbene la refurtiva abbia un valore commerciale modesto, non può reputarsi lieve l’offesa derivante da una condotta allarmante, non essendosi l’imputato fatto alcuna remora nel ricorrere a minacce e infliggere lesioni ai danni di più persone, con l’uso di oggetti atti ad offendere;
che, in particolare, dall’analisi della richiamata sentenza della Consulta e del disposto dell’art. 62 n.4 cod. pen., si ricava che gli elementi che il giudice deve prendere considerazione sono due: “la particolare tenuità del danno o del pericolo” (sentenza) cui corrisponde “il danno particolare tenuità” (art. 62 n.4 cod. pen.), inteso come danno di natura esclusivamente patrimoniale, e la lieve entità del fatto derivante dalla “natura, la specie; mezzi, le modalità o circostanze dell’azione” (sentenza) cui corrisponde “l’evento dannoso o
pericoloso di speciale tenuità” (art. 62 n.4 cod. pen.),ove invece si ha riguardo anche alle conseguenze di natura non esclusivamente patrimoniale; ne deriva che se la valutazione del giudice che ha concesso l’attenuante di cui all’art. 62 n.4 cod. pen. non ha investito tutti e du gli aspetti sopra evidenziati, ben potrà essere concessa anche la diminuente prevista dalla sentenza della Corte Costituzionale mentre se si sono valutati entrambi gli aspetti, la diminuente non può essere concessa; quest’ultimo è il caso in esame, in cui il giudice di appello ha evidenziato che l’imputato non ha avuto “alcuna remora nel ricorrere a minacce e infliggere lesioni ai danni di più persone, con l’uso di oggetti atti a offendere, uno dei qu dotato di elevata potenzialità lesiva” (pag.6); si deve quindi rilevare che le modalit dell’azione, ritenute particolarmente gravi dal giudice di merito, non consentano l’applicazione della diminuente prevista dalla citata sentenza della Corte Costituzionale;
che il terzo motivo di ricorso, con il quale si contesta giudizio di comparazione fra opposte circostanze, non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimit qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficient motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
che le conclusioni ragionate e argomentate del giudice del merito sono incensurabili nella parte in cui evidenziano la negativa personalità dell’imputato, desumibile dai plurimi precedenti penali specifici e la mancata resipiscenza;
che il quarto motivo di ricorso con il quale si contesta l’eccessività della pena non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto, rilevando che la pena è già stata inflitta partendo dal minimo edittale con la conseguenza che non vi è spazio per ulteriori riduzioni;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 12 novembre 2024
Il Consigliere estensore
GLYPH
Il President