Circostanze attenuanti generiche: non basta la fedina pulita
L’applicazione delle circostanze attenuanti generiche è uno degli aspetti più discrezionali del processo penale e spesso oggetto di dibattito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: avere una fedina penale pulita non è di per sé sufficiente per ottenere una riduzione della pena. Analizziamo insieme questa importante decisione.
Il caso in esame
Una contribuente, condannata dalla Corte d’Appello di Firenze, ha presentato ricorso in Cassazione. Il motivo del ricorso era la presunta violazione dell’art. 62-bis del codice penale, che disciplina appunto le circostanze attenuanti generiche. La ricorrente lamentava il fatto che i giudici di merito non le avessero concesso il beneficio della riduzione di pena, nonostante il suo stato di incensuratezza.
La decisione della Cassazione e il diniego delle circostanze attenuanti generiche
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione impugnata. Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello ha applicato correttamente la legge e i principi giurisprudenziali consolidati. La decisione si fonda su un’attenta valutazione che va oltre il semplice dato formale della fedina penale pulita.
Le motivazioni della Corte
La Cassazione ha chiarito che la concessione delle attenuanti generiche non è un diritto automatico che scaturisce dall’assenza di precedenti penali. Al contrario, la legge richiede la presenza di ‘elementi di segno positivo’, ovvero aspetti concreti legati alla personalità dell’imputato o alle modalità del fatto, che possano giustificare un trattamento sanzionatorio più mite.
Nel caso specifico, i giudici hanno non solo rilevato l’assenza di tali elementi positivi (al di là della mera incensuratezza), ma hanno anche individuato un elemento ostativo di notevole peso: l’elevata entità dell’imposta evasa. Questo fattore è stato considerato un indicatore negativo che ha legittimamente portato i giudici di merito a negare il beneficio richiesto.
La Corte ha inoltre condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione aggiuntiva, prevista dall’art. 616 del codice di procedura penale, viene applicata quando il ricorso è dichiarato inammissibile e non vi è prova che l’impugnazione sia stata presentata senza colpa.
Conclusioni e implicazioni pratiche
Questa ordinanza rafforza un orientamento consolidato: il giudizio sulla concessione delle circostanze attenuanti generiche è un bilanciamento complesso. Il giudice deve valutare tutti gli elementi a disposizione, sia positivi che negativi. L’assenza di precedenti penali è certamente un fattore da considerare, ma non può da solo neutralizzare elementi di gravità, come l’ingente danno economico causato da un reato tributario. Per gli operatori del diritto, questa decisione sottolinea l’importanza di non basare le proprie argomentazioni difensive esclusivamente sull’incensuratezza dell’assistito, ma di ricercare e valorizzare elementi positivi concreti che possano effettivamente influenzare la valutazione del giudice.
Avere la fedina penale pulita garantisce l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche?
No, secondo la Corte di Cassazione, lo stato di incensuratezza, di per sé, non è un elemento sufficiente a giustificare la concessione delle attenuanti generiche se mancano altri elementi positivi di valutazione.
Quali elementi possono impedire la concessione delle attenuanti generiche anche in caso di incensuratezza?
La presenza di elementi negativi, definiti ‘ostativi’, può portare al diniego del beneficio. Nel caso specifico, l’elevata entità dell’imposta evasa è stata considerata un elemento ostativo sufficiente a negare le attenuanti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, salvo che non si dimostri l’assenza di colpa nel determinare la causa di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25620 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25620 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PRUDENTE NOME nato a VICO EQUENSE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/10/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il ricorso di NOME COGNOME – che deduce la violazione di legge in relazione all’art. 62 -bis cod. pen. – è inammissibile, avendo la Corte di merito non solo escluso la presenza di elementi valorizzabili per una mitigazione della pena, diversi dal mero stato di incensuratezza, che, di per sé solo, per espressa previsione di legge non è elemento sufficiente – in ciò facendo corretta applicazione del principio secondo cui l’applicazione delle circostanze in esame non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME Crescenzo, Rv. 281590) -, ma ha individuato, quale elemento ostativo, l’elevata entità dell’imposta evasa;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2024.