LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Circostanze attenuanti: il diniego per precedenti

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto. La Corte conferma la decisione di non concedere le circostanze attenuanti generiche, basandosi sulla sua spiccata capacità a delinquere, dimostrata da numerosi precedenti penali. Viene inoltre confermata la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio nazionale a causa della sua pericolosità sociale, evidenziata dalla mancanza di un lavoro, di una dimora stabile e dalla dedizione a commettere reati.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Circostanze Attenuanti: No al Beneficio con Precedenti Penali

La concessione delle circostanze attenuanti generiche rappresenta un momento di fondamentale discrezionalità per il giudice, che valuta la possibilità di ridurre la pena in base a elementi positivi legati alla condotta e alla personalità dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio consolidato: la presenza di un curriculum criminale significativo e l’assenza di segnali di ravvedimento possono legittimamente giustificare il diniego di tale beneficio. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguarda un individuo condannato in primo grado e in appello per il reato di furto aggravato. La pena era stata aumentata a causa della recidiva. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando due principali violazioni di legge:

1. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, nonostante la richiesta.
2. L’illegittima applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio nazionale una volta scontata la pena.

La Corte di Appello aveva negato le attenuanti sottolineando la notevole capacità a delinquere dell’imputato, desunta da ben nove condanne irrevocabili, e l’assenza di qualsiasi atteggiamento collaborativo.

La Decisione della Cassazione sulle circostanze attenuanti generiche

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione dei giudici di merito. La decisione si fonda su principi giurisprudenziali consolidati e offre importanti chiarimenti sulla valutazione che il giudice deve compiere.

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha ritenuto che il diniego delle attenuanti fosse stato motivato in modo corretto e logico. I giudici hanno valorizzato elementi negativi prevalenti, come la personalità dell’imputato e la sua storia criminale, ritenendoli sufficienti a escludere il beneficio. Allo stesso modo, la Corte ha confermato la legittimità della misura di sicurezza dell’espulsione, motivata dalla pericolosità sociale del soggetto.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ribadito che, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a considerare anche un solo elemento tra quelli indicati dall’art. 133 del codice penale, se ritenuto decisivo. In questo caso, la personalità dell’imputato, caratterizzata da una spiccata tendenza a commettere reati (confermata da 9 condanne definitive), è stata considerata un fattore sufficiente per giustificare il diniego.

La giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che la mancata concessione delle attenuanti può essere legittimamente motivata anche solo con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo. Non è necessario che sussistano specifici elementi negativi; è sufficiente che non emergano aspetti positivi meritevoli di considerazione.

In riferimento al secondo motivo, i giudici hanno motivato adeguatamente la pericolosità sociale dell’imputato. È stato evidenziato che egli era privo di un valido titolo di soggiorno, di una stabile dimora e di una lecita attività lavorativa, risultando inserito in un contesto di allarme sociale e dedito alla commissione di reati, come dimostrato da condanne per furto e detenzione di stupefacenti. Tali argomentazioni sono state ritenute congrue e incensurabili in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La decisione in esame conferma che la valutazione delle circostanze attenuanti generiche non è un atto dovuto, ma una scelta discrezionale del giudice che deve essere adeguatamente motivata. La presenza di precedenti penali, specialmente se numerosi e specifici, costituisce un ostacolo quasi insormontabile per ottenere una riduzione di pena su questa base. L’ordinanza sottolinea inoltre come la pericolosità sociale, valutata sulla base di elementi concreti come la mancanza di integrazione sociale e la propensione al crimine, possa legittimare l’applicazione di misure di sicurezza come l’espulsione, a tutela della collettività.

È sufficiente l’assenza di elementi positivi per negare le circostanze attenuanti generiche?
Sì, secondo la Corte, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con la semplice assenza di elementi o circostanze di segno positivo.

La personalità dell’imputato può essere l’unico elemento per negare le attenuanti?
Sì, la Corte ribadisce il principio secondo cui anche un solo elemento, come quello attinente alla personalità del colpevole desunta dai suoi precedenti penali, può risultare sufficiente per escludere il beneficio delle attenuanti generiche.

Cosa giustifica l’applicazione della misura di sicurezza dell’espulsione?
Nel caso specifico, l’espulsione è stata giustificata dalla pericolosità sociale dell’imputato, rilevata dalla sua condizione di irregolarità sul territorio, dalla mancanza di una stabile dimora e di un’attività lavorativa lecita, e dalla sua dedizione a commettere reati, come dimostrato dalle condanne definitive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati