Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30765 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30765 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a CASTELLAMONTE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/09/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letti i ricorsi proposti nel rispettivo interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso di NOME COGNOME, che contesta il giudizio di comparazione fra opposte circostanze non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
che le conclusioni ragionate e argomentate del giudice del merito (si veda pag. 6 della sentenza impugnata) sono, pertanto, incensurabili;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso di NOME COGNOME con il quale si contesta il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto dì ricorso;
che, invero, i giudici del merito hanno ampiamento vagliato e disatteso, con corretti argomenti logici e giuridici, le doglianze difensive dell’appello, meramente riprodotte in questa sede (si veda, in particolare, pag. 5 della sentenza impugnata ove la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto a mente del quale l’opera del palo non ha importanza minima nella esecuzione del reato, poiché tale funzione facilità la realizzazione dell’attività criminosa e rafforza l’efficienza dell’opera dei correi, garantendo l’impunità di costoro. Ne deriva che non è applicabile la circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen, richiamando peraltro anche la giurisprudenza con riferimento all’autista della vettura utilizzata dai rapiNOMEri per la fuga (in termini Sez. 2, n. 9491 del 07/06/1989 Ud. dep. 1990, COGNOME, Rv. 184773; Sez. 2, n. 46588 del 29/11/2011 Ud., dep. 2011, NOME COGNOME, Rv. 251223; Sez. 2, n. 21453, del 05/03/2019, COGNOME NOME, Rv. 275817; Sez. 5, n. 21469, del 25/01/2021, COGNOME NOME, Rv. 281312; Sez. 4, n. 26525, del 07/06/2023, COGNOME NOME, Rv.284771);
ritenuto che il motivo di ricorso di NOME COGNOME, con il quale si contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza di una motivazione esente da evidenti illogicità (si vedano pag. 6 e 7 della sentenza impugnata ove i
giudici del merito nel negare le circostanze attenuanti generiche hanno motivato in relazione al comportamento processuale e alla personalità negativa dell’imputato), anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (ex multis Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244; Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, Rv. 271269);
ritenuto, pertanto, che i ricorsi devono essere diShiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, ciascuno, in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 giugno 2024.