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Circostanze attenuanti generiche: ricorso inammissibile

Due imputati condannati per furto aggravato ricorrono in Cassazione contro la sentenza d’Appello, lamentando il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e l’entità della pena. La Suprema Corte dichiara entrambi i ricorsi inammissibili, stabilendo che i precedenti penali giustificano il diniego delle attenuanti e che la critica alla pena deve essere specifica e non generica, ribadendo i limiti del giudizio di legittimità.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Circostanze attenuanti generiche: Quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

La valutazione delle circostanze attenuanti generiche rappresenta uno dei poteri più discrezionali del giudice di merito. Tuttavia, la sua decisione non è insindacabile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti entro cui è possibile contestare il diniego di tali circostanze, dichiarando inammissibile un ricorso basato su motivi generici e non specifici. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

Il Contesto del Caso Giudiziario

La vicenda trae origine dalla condanna di due imputati da parte del Tribunale di Genova per il reato di furto aggravato in concorso (artt. 110, 624 bis, 625 cod. pen.). La Corte di Appello di Genova, successivamente adita, aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, intervenendo sulla disapplicazione della recidiva e sul trattamento sanzionatorio per uno degli imputati. Nonostante la riforma parziale, entrambi gli imputati decidevano di proporre ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso e le Circostanze attenuanti generiche

I ricorsi presentati alla Suprema Corte si basavano su argomentazioni distinte, ma entrambe sono state ritenute infondate.

La contestazione sul diniego delle attenuanti

Il primo ricorrente lamentava la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) del codice di procedura penale, ossia la mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Nello specifico, contestava la decisione della Corte di Appello di non concedergli le circostanze attenuanti generiche. Secondo la difesa, tale diniego era ingiustificato.

La critica alla determinazione della pena

Il secondo ricorrente, invece, denunciava la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in relazione alla rideterminazione della pena. Pur avendo ottenuto dalla Corte d’Appello l’esclusione dell’aumento per la recidiva, riteneva che la sanzione finale fosse comunque eccessiva e meritasse un’ulteriore diminuzione.

La Decisione della Corte di Cassazione: Inammissibilità dei Ricorsi

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. Questa decisione si fonda su principi consolidati del giudizio di legittimità, che non consente un riesame del merito delle valutazioni compiute dai giudici dei gradi precedenti.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato in modo chiaro le ragioni dell’inammissibilità. Per quanto riguarda il primo ricorso, i giudici hanno sottolineato che la motivazione della Corte di Appello sul diniego delle circostanze attenuanti generiche era pienamente logica. I giudici di secondo grado avevano infatti fatto riferimento ai precedenti penali dell’imputato. La Cassazione ha ribadito che l’esistenza di precedenti penali è un fattore negativo che può legittimamente incidere sulla valutazione del giudice e giustificare la mancata concessione delle attenuanti. Pertanto, il motivo di ricorso si risolveva in una richiesta di nuova valutazione di merito, preclusa in sede di legittimità.

Relativamente al secondo ricorso, la Corte lo ha ritenuto altrettanto inammissibile per genericità. L’imputato si era limitato a lamentare il trattamento sanzionatorio senza specificare perché, al di là dell’eliminazione dell’aumento per la recidiva, avrebbe meritato un’ulteriore riduzione della pena. Un ricorso in Cassazione non può limitarsi a una critica astratta della sanzione inflitta, ma deve indicare specifiche violazioni di legge o vizi logici nel percorso argomentativo del giudice di merito. Di conseguenza, entrambi i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio. Non si può chiedere alla Suprema Corte di rivalutare i fatti o la congruità della pena se la motivazione del giudice di merito è logica e coerente. In particolare, per contestare il diniego delle circostanze attenuanti generiche, è necessario dimostrare una palese illogicità nel ragionamento del giudice, e non semplicemente sperare in un giudizio più favorevole. I precedenti penali restano un elemento di valutazione cruciale e, se correttamente ponderati, costituiscono una solida base per negare il beneficio. Analogamente, la critica alla pena deve essere puntuale e giuridicamente argomentata, non una mera doglianza.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi?
Perché i motivi presentati erano generici e non basati su vizi di legittimità. Un ricorso lamentava il diniego delle attenuanti generiche senza contestare validamente la motivazione basata sui precedenti penali, mentre l’altro si limitava a criticare l’entità della pena senza spiegare perché meritasse un’ulteriore riduzione.

I precedenti penali di un imputato possono giustificare il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche?
Sì. Secondo l’ordinanza, l’esistenza di precedenti penali può essere un fattore negativo che incide legittimamente sulla valutazione del giudice e giustifica il diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche.

È sufficiente lamentare che la pena è troppo alta per ottenere una sua riduzione in Cassazione?
No. Il ricorso deve specificare perché la quantificazione della pena sarebbe errata o immotivata, andando oltre una semplice richiesta di diminuzione. L’ordinanza chiarisce che il ricorso non può limitarsi a lamentare il difetto motivazionale senza spiegare perché l’imputato meritasse una sanzione inferiore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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