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Circostanze attenuanti generiche: quando sono negate

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4056 del 2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti. La Corte ha confermato la decisione di merito che negava le circostanze attenuanti generiche, basandosi sulla gravità della condotta, sui precedenti penali specifici, sulla professionalità dell’attività e sulla confessione non collaborativa. La sola assenza di elementi positivi giustifica il diniego.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Circostanze attenuanti generiche: la parola alla Cassazione

La concessione delle circostanze attenuanti generiche rappresenta uno degli aspetti più discrezionali del giudizio penale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza sui criteri che guidano questa valutazione, confermando un orientamento rigoroso. Il caso riguarda un individuo condannato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, il cui ricorso mirava a ottenere uno sconto di pena proprio attraverso il riconoscimento di tali attenuanti. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile, offrendo importanti spunti di riflessione.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di detenzione ai fini di spaccio di hashish e marijuana. I giudici di merito, oltre a ritenerlo colpevole, avevano anche applicato l’aggravante della recidiva, condannandolo a una pena detentiva. L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: la misura della pena ritenuta eccessiva e, soprattutto, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo i giudici, i motivi presentati dall’imputato erano generici, non si confrontavano criticamente con le argomentazioni della sentenza d’appello e mancavano di un’analisi puntuale degli elementi posti a fondamento della decisione. La Corte ha quindi confermato la logicità e la coerenza del ragionamento seguito dai giudici di merito, sia nella determinazione della pena sia nel negare le attenuanti.

Le Motivazioni: Il Diniego delle Circostanze Attenuanti Generiche

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni che hanno portato al diniego delle circostanze attenuanti generiche. La Cassazione ha validato la scelta del giudice di merito, il quale aveva basato la sua decisione su una serie di elementi negativi prevalenti rispetto a qualsiasi aspetto positivo.

Nello specifico, sono stati considerati:

* La gravità della condotta: L’attività di spaccio non era occasionale.
* Le modalità di occultamento: Le tecniche utilizzate per nascondere la sostanza stupefacente sono state definite “callide”, ovvero astute e ingegnose.
* I precedenti penali: L’imputato aveva già riportato condanne, anche per reati della stessa natura (recidiva specifica).
* La professionalità dell’attività: La tenuta di una contabilità dello spaccio dimostrava un’organizzazione non rudimentale.
* Il dato quantitativo: La quantità di droga sequestrata e il numero di dosi ricavabili erano significativi.

Questi fattori, nel loro complesso, sono stati ritenuti sufficienti a superare anche la confessione resa dall’imputato. Quest’ultima, infatti, non è stata considerata decisiva perché non ha fornito informazioni utili alla prosecuzione delle indagini. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche è legittimo quando mancano elementi di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma del 2008, per cui il solo stato di incensuratezza (che in questo caso non sussisteva) non è più sufficiente per ottenerle. La personalità dell’imputato, gravata da precedenti, e le modalità dell’azione hanno quindi giustificato ampiamente la decisione dei giudici di merito.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame consolida un importante principio: le circostanze attenuanti generiche non sono un diritto automatico dell’imputato, ma una concessione che il giudice deve motivare sulla base di elementi concreti e positivi. La valutazione non può prescindere da un’analisi complessiva della personalità del reo e della gravità del fatto. Precedenti penali, professionalità nel commettere il reato e assenza di una reale collaborazione con la giustizia sono elementi che possono legittimamente portare a escludere qualsiasi sconto di pena. Per la difesa, ciò significa che una semplice confessione o una richiesta generica non sono sufficienti: è necessario fornire al giudice prove concrete di elementi meritevoli di una valutazione favorevole.

Quando il giudice può negare la concessione delle circostanze attenuanti generiche?
Il giudice può legittimamente negarle in assenza di elementi o circostanze di segno positivo. La decisione può essere basata su fattori come la gravità della condotta, i precedenti penali (soprattutto se specifici), la professionalità dell’attività criminale e le modalità particolarmente astute di esecuzione del reato.

Una confessione è sufficiente per ottenere le attenuanti generiche?
Non necessariamente. Come dimostra questo caso, una confessione può essere ritenuta non sufficiente se non fornisce informazioni utili alla prosecuzione delle indagini e se è controbilanciata da numerosi elementi negativi, come la gravità del fatto e i precedenti penali dell’imputato.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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