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Circostanze attenuanti generiche: quando sono negate

Un individuo condannato per detenzione di stupefacenti di lieve entità (art. 73, c. 5, D.P.R. 309/90) ha presentato ricorso in Cassazione. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito di negare le circostanze attenuanti generiche. La negazione si fonda sulla professionalità dimostrata dall’imputato (droga abilmente occultata, fuga) e sui suoi precedenti penali specifici, elementi che prevalgono sulla qualificazione del fatto come di lieve entità.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Circostanze Attenuanti Generiche e Professionalità nel Reato: l’Analisi della Cassazione

L’applicazione delle circostanze attenuanti generiche rappresenta un momento cruciale nel processo penale, in cui il giudice valuta la possibilità di ridurre la pena in base a elementi specifici del caso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito come la professionalità dimostrata nella condotta criminale, anche in reati classificati come di ‘lieve entità’, possa giustificare il diniego di tale beneficio. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un soggetto condannato per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, specificamente eroina, in una quantità rientrante nell’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. Le prove a suo carico includevano non solo il possesso della droga, già frazionata in dosi, ma anche le modalità di occultamento (sotterrata) e la detenzione di materiale per il confezionamento. Inoltre, al momento del controllo di polizia, l’imputato aveva tentato la fuga.

La Corte d’Appello aveva confermato la condanna, negando sia l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, sia la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), tenendo conto anche dei precedenti penali specifici dell’imputato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso presentato dall’imputato inammissibile. I motivi del ricorso sono stati giudicati generici, in quanto miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. I giudici hanno ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse corretta, logica e giuridicamente ineccepibile.

Le motivazioni sulla negazione delle circostanze attenuanti generiche

La Corte ha spiegato che la negazione delle circostanze attenuanti generiche era pienamente giustificata. I giudici di merito avevano correttamente valorizzato una serie di elementi indicativi di una certa ‘professionalità’ criminale. Nello specifico:

1. Modalità dell’azione: L’occultamento della droga sottoterra è stato interpretato come un indice di astuzia e premeditazione, non di una condotta occasionale.
2. Abilità e condotta: La fuga al momento del controllo di polizia e l’abilità dimostrata nell’occultare lo stupefacente sono state considerate sintomatiche di un’attitudine criminale non sporadica.
3. Particolare dolo: Le modalità concrete del fatto, nel loro complesso, sono state ritenute espressione di un ‘particolare dolo’, ovvero di un’intenzione criminosa intensa e specifica, incompatibile con un giudizio di minore gravità.
4. Precedenti penali: La presenza di tre precedenti condanne per reati in materia di stupefacenti ha pesato in modo significativo, portando anche all’applicazione della recidiva e rafforzando il convincimento dei giudici circa la pericolosità sociale del soggetto.

La Corte ha inoltre specificato che la configurabilità del reato nella sua forma lieve (comma 5 dell’art. 73) non comporta automaticamente l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, poiché quest’ultima richiede una valutazione complessiva della condotta che, nel caso di specie, non era affatto occasionale.

Le conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: la valutazione per la concessione delle circostanze attenuanti generiche non si basa solo sulla gravità oggettiva del reato (ad esempio, la quantità di droga), ma investe l’intera condotta e la personalità dell’imputato. Elementi come la premeditazione, l’astuzia nell’esecuzione del reato e i precedenti penali possono legittimamente portare il giudice a negare qualsiasi beneficio, anche quando il fatto, di per sé, rientra in una fattispecie di minore allarme sociale. La professionalità criminale, quindi, si pone come un ostacolo insormontabile per ottenere una riduzione della pena basata sull’equità.

Perché la Corte ha negato le circostanze attenuanti generiche in un caso di spaccio di lieve entità?
La Corte le ha negate perché la condotta dell’imputato (droga abilmente occultata sottoterra, fuga al controllo di polizia) e i suoi tre precedenti penali specifici dimostravano una professionalità e un’intensità del dolo incompatibili con la concessione di benefici.

La qualificazione di un reato come ‘di lieve entità’ (art. 73, comma 5) garantisce la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
No. Secondo la Corte, la non punibilità non è una conseguenza automatica. Il giudice deve valutare le concrete modalità del fatto che, in questo caso, indicavano una professionalità e un dolo tali da escludere l’applicazione di tale causa di non punibilità.

Quali elementi possono indicare una ‘professionalità’ nel reato che impedisce la concessione delle attenuanti?
Elementi come l’occultamento studiato della sostanza stupefacente, il possesso di materiale per il confezionamento delle dosi, la fuga al momento del controllo e la presenza di precedenti penali specifici sono tutti indici di professionalità che giustificano il diniego delle attenuanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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