Circostanze Attenuanti Generiche: Non un Diritto, ma una Concessione
L’applicazione delle circostanze attenuanti generiche è uno degli aspetti più discrezionali del processo penale e spesso fonte di dibattito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 21510/2024) ci offre l’occasione per fare chiarezza su un punto cruciale: la loro concessione non è un diritto dell’imputato che deriva dalla semplice assenza di elementi negativi. Al contrario, richiede la presenza di elementi positivi meritevoli di valutazione. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Processo
Il caso riguarda un uomo condannato in primo grado dal Tribunale di Latina per reati legati al possesso di sostanze stupefacenti e al porto di oggetti atti ad offendere. La pena inflitta era di due anni di reclusione e 4000 euro di multa.
In secondo grado, la Corte d’Appello di Roma ha parzialmente riformato la sentenza: l’imputato è stato assolto da una parte dell’accusa (la detenzione di flaconi di metadone) perché il fatto non sussiste, e la pena è stata ridotta a un anno e otto mesi di reclusione e 3000 euro di multa.
Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, articolandolo su tre motivi principali, tra cui spiccava la critica alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla determinazione della pena base.
I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione
L’imputato ha lamentato:
1. Un vizio di motivazione generico sulla prima accusa.
2. La nullità della sentenza per vizio di motivazione e violazione di legge riguardo al reato di porto d’armi.
3. La violazione di legge e il vizio di motivazione in riferimento alla quantificazione della pena e, soprattutto, al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso “manifestamente infondato” e, in parte, “inammissibile”. I primi due motivi sono stati respinti perché ritenuti generici e confusi, incapaci di colpire specifiche affermazioni della sentenza d’appello.
Le motivazioni della Corte sulla negazione delle circostanze attenuanti generiche
È sul terzo motivo che la Corte si sofferma, offrendo chiarimenti preziosi. La Suprema Corte ha stabilito che la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la sua decisione su due fronti.
In primo luogo, la determinazione della pena base, fissata in misura superiore al minimo previsto dalla legge, era giustificata. I giudici di merito avevano tenuto conto del fatto che le sostanze stupefacenti in questione (eroina) appartenevano a tabelle di diversa pericolosità e che alcune dosi erano già state preparate e confezionate, pronte per lo spaccio. Questi elementi concreti giustificavano una pena più severa del minimo edittale.
In secondo luogo, e questo è il cuore della decisione, il diniego delle circostanze attenuanti generiche è stato ritenuto legittimo. La sentenza impugnata aveva rilevato una totale “assenza di elementi positivi” a favore dell’imputato. La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato: l’applicazione delle attenuanti generiche non è un diritto che scaturisce automaticamente dall’assenza di elementi negativi (come precedenti penali gravi o una condotta processuale scorretta). È necessario, invece, che emergano elementi “di segno positivo”, come un comportamento collaborativo, un’ammissione di responsabilità, o altre circostanze che possano positivamente connotare la personalità del soggetto. In assenza di tali elementi, il giudice può legittimamente negare la loro concessione.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame conferma che le circostanze attenuanti generiche non sono una sorta di “sconto di pena” garantito a tutti. La loro funzione è quella di permettere al giudice di adattare la sanzione al caso concreto, tenendo conto di aspetti favorevoli all’imputato che la legge non ha potuto prevedere in astratto. Tuttavia, questa valutazione è discrezionale e deve essere ancorata a elementi concreti e positivi. La mera assenza di “macchie” sulla fedina penale o sul comportamento non è sufficiente per pretendere questo beneficio. La decisione della Cassazione, quindi, rafforza il potere discrezionale del giudice di merito nel valutare la personalità dell’imputato nella sua interezza, richiedendo che chi invoca un trattamento di favore fornisca elementi concreti per meritarlo.
Quando possono essere negate le circostanze attenuanti generiche?
Secondo la Corte, le circostanze attenuanti generiche possono essere legittimamente negate quando mancano elementi di segno positivo sulla personalità del soggetto che ne giustifichino la concessione. La sola assenza di elementi negativi non è sufficiente per far sorgere un diritto a ottenerle.
Perché alcuni motivi del ricorso sono stati dichiarati inammissibili?
I motivi relativi al vizio di motivazione sono stati dichiarati inammissibili perché erano formulati in modo generico e confuso, senza criticare in maniera specifica e puntuale le parti della sentenza di appello che si ritenevano errate.
Come è stata giustificata la pena superiore al minimo?
La Corte di merito ha giustificato una pena superiore al minimo edittale in ragione della natura delle sostanze stupefacenti, appartenenti a tabelle di diversa pericolosità (1 e 3), e del fatto che le dosi di eroina erano già state confezionate e pronte per essere vendute.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21510 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21510 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/09/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
NOME propone, a mezzo del difensore di fiducia, ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Latina che lo aveva ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 (così derubricata l’originaria imputazione) e del reato di cui all’art. 4 L. 1 aprile 1975 n. 110 condannandolo alla pena di anni due di reclusione ed Euro 4000 di multa, ha assolto l’imputato dal reato di cui al capo 1) limitatamente alla detenzione dei flaconi di metadone perché il fatto non sussiste rideterminando la pena in anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro tremila di multa.
2. Il ricorso é manifestamente infondato.
Inammissibile é la prima censura con cui si deduce il vizio di motivazione in ordine al capo 1) dell’imputazione trattandosi di censura generica e confusa che non attinge specifiche statuizioni della sentenza impugnata.
Inammissibile per le medesime ragioni é anche il secondo motivo con cui si deduce la nullità della sentenza per vizio di motivazione e di violazione di legge con riferimento all’art. 4 I. n. 110 del 1975.
Manifestamente infondata é l’ultima censura con cui si deduce il vizio di violazione di legge e di motivazione in riferimento agli artt. 132 e 133 cod.pen. ed alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Ed invero la Corte di merito ha congruamente motivato la determinazione della pena base in misura superiore al minimo edittale in ragione del fatto che le sostanze stupefacenti appartengono alle tabelle 1 e 3 e delle dosi di eroina già pronte per lo spaccio.
Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, la sentenza impugnata ha rilevato l’assenza di elementi positivi così facendo buon governo del principio secondo cui l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse. (Conf. Sez. 1, n. 3529 del 1993, Rv. 195339).
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17.4.2024