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Circostanze attenuanti generiche: quando negate?

Un soggetto sottoposto a sorveglianza speciale violava il coprifuoco notturno. La sua condanna veniva confermata in appello e lui ricorreva in Cassazione lamentando la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che la valutazione sul trattamento sanzionatorio, se adeguatamente motivata con riferimento ai precedenti penali dell’imputato, non è sindacabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Circostanze attenuanti generiche: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso

La concessione delle circostanze attenuanti generiche rappresenta uno degli aspetti più discrezionali del giudizio penale, spesso al centro di accesi dibattiti processuali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i confini del proprio sindacato su questo tema, specificando quando la decisione del giudice di merito di negare tali attenuanti diventa insindacabile. Il caso riguarda un uomo che, violando la sorveglianza speciale, ha cercato di ottenere uno sconto di pena appellandosi alla Suprema Corte, ma senza successo.

I fatti del processo

La vicenda giudiziaria trae origine dalla condotta di un individuo già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., con l’obbligo di soggiorno nel proprio comune di residenza. Tra le varie prescrizioni imposte, vi era il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione in orario notturno, specificamente tra le 21:00 e le 7:30.

In una notte di aprile, l’uomo veniva sorpreso a bordo di un’autovettura intorno alle ore 1:20, in palese violazione della misura a cui era sottoposto. Per tale comportamento, veniva ritenuto responsabile del reato previsto dall’art. 75, comma 2, del D.Lgs. 159/2011. La sua condanna, pronunciata in primo grado dal Giudice per le indagini preliminari, veniva integralmente confermata dalla Corte d’Appello.

Il ricorso in Cassazione e le contestate circostanze attenuanti generiche

Non rassegnandosi alla doppia condanna, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandolo a un unico motivo. Egli lamentava l’erronea applicazione della legge penale e, soprattutto, una carenza di motivazione da parte dei giudici di merito. Il punto cruciale del suo ricorso era la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale, o quantomeno il loro mancato riconoscimento in un giudizio di equivalenza rispetto alla contestata recidiva.

In sostanza, la difesa sosteneva che la Corte d’Appello non avesse spiegato adeguatamente le ragioni per cui non riteneva di dover applicare uno sconto di pena, nonostante le argomentazioni presentate.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e perentoria. I giudici di legittimità hanno innanzitutto chiarito che il motivo del ricorso era ‘non consentito’. La doglianza, infatti, riguardava il trattamento sanzionatorio, un ambito che rientra nella valutazione discrezionale del giudice di merito e che non può essere oggetto di un nuovo esame in sede di Cassazione, se non in casi di manifesta illogicità o di motivazione assente.

Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che la decisione dei giudici di merito era sorretta da una motivazione ‘sufficiente e non illogica’. La Corte d’Appello aveva adeguatamente esaminato le deduzioni difensive e aveva fornito ‘congrue argomentazioni’ per giustificare il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. L’elemento determinante, evidenziato dalla stessa Suprema Corte, era la luce dei ‘numerosi precedenti penali’ a carico del ricorrente. Questo dato, oggettivo e rilevante, era stato correttamente posto a fondamento della decisione di non concedere alcun beneficio, rendendo la motivazione del tutto immune da censure di legittimità.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. La valutazione circa la concessione delle circostanze attenuanti generiche è un potere discrezionale del giudice che ha esaminato i fatti e le prove. Tale valutazione può essere contestata in Cassazione solo se la motivazione è palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente. Se, come in questo caso, la decisione si basa su elementi concreti (come i precedenti penali) e viene spiegata in modo coerente, il ricorso è destinato all’inammissibilità. La conseguenza per il ricorrente è non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

È possibile ricorrere in Cassazione per il semplice fatto che il giudice non ha concesso le circostanze attenuanti generiche?
No. Secondo la Corte, il ricorso non è ammissibile se si limita a contestare la valutazione del giudice sul trattamento sanzionatorio, a condizione che la decisione sia sorretta da una motivazione sufficiente, non illogica e che abbia esaminato le argomentazioni difensive.

Quale elemento è stato decisivo per negare le circostanze attenuanti generiche in questo caso?
L’elemento decisivo sono stati i numerosi precedenti penali del ricorrente. La Corte ha ritenuto che questo dato giustificasse pienamente la decisione del giudice di merito di non concedere le attenuanti.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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