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Circostanze attenuanti generiche: quando il giudice nega

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che negava le circostanze attenuanti generiche a un’imputata condannata per violazione del Codice Antimafia. La sentenza ribadisce l’ampia discrezionalità del giudice nel valutare la concessione delle attenuanti, potendo basare il diniego anche su un singolo elemento negativo ritenuto prevalente, senza dover analizzare ogni fattore a favore.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Circostanze Attenuanti Generiche: La Discrezionalità del Giudice Sotto la Lente della Cassazione

Il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche rappresenta uno degli aspetti più delicati e discrezionali del processo penale. Con la sentenza n. 23869/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui limiti e le modalità di esercizio di questo potere da parte del giudice di merito. La decisione offre spunti fondamentali per comprendere quando e perché le attenuanti possono essere negate, anche a fronte di una pena già contenuta.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di un’imputata alla pena di otto mesi di reclusione per un reato previsto dal D.Lgs. 159/2011, il cosiddetto Codice Antimafia. La sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, era stata integralmente confermata dalla Corte di Appello di Napoli.

L’imputata, ritenendo ingiusta la decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione a due punti specifici: il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (previste dall’art. 62 bis del codice penale) e la quantificazione della pena, giudicata eccessiva.

Il Ricorso e le Argomentazioni Difensive

Il fulcro del ricorso si concentrava sulla presunta inadeguatezza della motivazione con cui i giudici di merito avevano negato i benefici. La difesa sosteneva che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente ponderato tutti gli elementi a favore dell’imputata, limitandosi a una valutazione sommaria che non giustificava il diniego delle attenuanti. Si contestava, in sostanza, un esercizio non corretto del potere discrezionale che la legge affida al giudice nella commisurazione della pena, secondo i criteri degli articoli 132 e 133 del codice penale.

La Decisione della Suprema Corte: La Logica dietro al Diniego

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la doglianza infondata. I giudici supremi hanno chiarito che la sentenza impugnata aveva fatto buon governo dei principi di legge, fornendo una motivazione congrua e non contraddittoria.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha evidenziato come la decisione di negare le circostanze attenuanti generiche fosse stata correttamente ancorata a una valutazione complessiva. In primo luogo, la pena inflitta era già molto vicina al minimo edittale, dimostrando che il giudice aveva già tenuto conto della ridotta gravità del fatto.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, la Corte ha sottolineato che la valutazione della vita passata (‘anteatta’) dell’imputata, unita alla condotta specifica per cui si procedeva, non lasciava emergere elementi tali da giustificare un’ulteriore riduzione della pena in ossequio ai principi di congruità e proporzionalità.

La Cassazione ha poi ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: la sussistenza delle attenuanti generiche è oggetto di un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito. Questa valutazione, se motivata in modo logico e non palesemente contraddittorio, non è sindacabile in sede di legittimità. Il giudice non è tenuto a prendere in esame e confutare analiticamente ogni singolo fattore attenuante prospettato dalla difesa. È sufficiente che fondi la sua decisione sulle ragioni ritenute preponderanti. Addirittura, il diniego può essere legittimamente basato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo, sia esso oggettivo o soggettivo, qualora venga ritenuto prevalente rispetto a qualsiasi altro elemento a favore.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio fondamentale: il potere discrezionale del giudice nella concessione delle circostanze attenuanti generiche è molto ampio. Per ottenere una riforma della decisione in Cassazione, non basta lamentare una mancata valorizzazione di elementi positivi. È necessario dimostrare un vero e proprio vizio logico nella motivazione, una contraddizione palese o una carenza argomentativa che renda la decisione incomprensibile o arbitraria. In assenza di tali vizi, la valutazione del giudice di merito, basata sulla sua percezione diretta del processo e della personalità dell’imputato, rimane sovrana.

È possibile ottenere le circostanze attenuanti generiche solo perché la pena è vicina al minimo?
No, la sentenza chiarisce che il giudice può negarle anche se la pena è già vicina al minimo legale. La decisione si basa su una valutazione complessiva che include la condotta passata dell’imputato e la congruità generale della sanzione, non solo sulla sua misura matematica.

Il giudice deve motivare specificamente su ogni fattore attenuante richiesto dalla difesa?
No, la Corte di Cassazione ribadisce che il giudice non è tenuto ad analizzare e confutare punto per punto ogni elemento a favore indicato dalla difesa. È sufficiente che la motivazione del diniego sia fondata sulle ragioni ritenute preponderanti e decisive, anche se espresse sinteticamente.

Basta un solo elemento negativo per negare le circostanze attenuanti generiche?
Sì, secondo la sentenza, il diniego delle attenuanti generiche può essere legittimamente fondato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo, sia esso oggettivo (legato al reato) o soggettivo (legato alla personalità del reo), se il giudice lo ritiene prevalente rispetto ad altri eventuali elementi positivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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