Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19251 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19251 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 21/11/1995
avverso la sentenza del 10/09/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia che ha confermato la sentenza emessa dal GIP del Tribunale di Treviso in relazione al reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, gi riqualificato ai sensi del comma 5 dell’art. 73, e lo ha affidato a tre motivi.
Con il primo si deduce violazione di legge in relazione al trattamento sanzionatorio e in particolare all’eccessivo discostamento dal minimo edittale nella determinazione della pena base; con il secondo e il terzo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento, rispettivamente, alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla conferma della pena finale anche con riferimento agli aumenti a titolo di continuazione, senza indicare i criteri usati per la commisurazione.
2. Il ricorso è inammissibile.
Tutti i motivi sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito e non sono scanditi da specifica critica delle argomentazioni poste a base della sentenza impugnata (pp. 3-4-5).
Il primo motivo, nel contestare l’eccessività del trattamento sanzionatorio, prefigura una rivalutazione delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità, che attiene al ruolo marginale assunto dal ricorrente dato che solo tre delle persone escusse hanno riferito di avere acquistato sostanza stupefacente da costui, che dunque NOME avrebbe svolto nell’arco di tempo di cui all’imputazione attività di micro spaccio, organizzata con modalità rudimentale e limitata a un numero esiguo di dosi cedute singolarmente a pochi acquirenti.
La motivazione sul punto è esaustiva e congruamente argomentata. La Corte territoriale, invero, ha dato conto della diversa tipologia di sostanze vendute, dell’elevata frequenza delle cessioni di stupefacenti da cui ha desunto la gravità del reato. E’ stato, inoltre, posto l’accento, quanto alla personalità del reo, sull durata dell’attività illecita (dal 2017 al 2020), del precedente specifico risultant dal casellario oltre che del recente arresto per un analogo reato, quali indici della sua capacità a delinquere ai sensi dell’art. 133, co.2 cod.pen. (pag.3).
In proposito va rammentato il principio secondo cui la determinazione della misura della pena, tra il minimo e il massimo edittale, rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale esercita la discrezionalità che la legge gli conferisce, attraverso l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. Il sindacato legittimità è, infatti, ammissibile solo quando la quantificazione costituisca il frut
di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, COGNOME, Rv. 239754).
Del pari manifestamente infondato è il secondo motivo relativo alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche. In proposito, va ricordato che costituisce approdo consolidato della giurisprudenza di questa Corte il principio per cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4 – n. 32872 del 08/06/2022,Rv.283489; Sez. 3 – n. 1913 del 20/12/2018, Rv. 275509 – 03; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Rv. 270986 – 01).
La Corte di appello, in conformità all’indirizzo consolidato, non ha concesso le circostanze attenuanti generiche rilevando l’assenza di elementi positivi valorizzabili a tal fine, tenendo conto delle modalità e delle circostanze dell’azione, delineando una condotta criminosa connotata da continuità e professionalità.
Del pari, manifestamente infondato l’ultimo motivo di ricorso che non si confronta con la analitica determinazione degli aumenti di pena apportati per effetto della continuazione (pag. 5) con adeguata commisurazione della gravità delle condotte, dell’elevato numero delle cessioni e della loro ripetitività.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 13 maggio 2025
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22 Mag 2025