Circostanze Attenuanti Generiche: Non un Diritto, ma una Valutazione del Giudice
L’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto automatico per l’imputato, ma rientra nella valutazione discrezionale del giudice, che deve basarsi su elementi positivi concreti. Questo è il principio ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7665/2024, che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti.
Il Caso in Esame
Il ricorrente si era opposto alla sentenza della Corte d’Appello, lamentando un’eccessiva severità nella determinazione della pena e, soprattutto, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. A suo avviso, la pena inflitta era sproporzionata e non teneva conto di elementi che avrebbero potuto giustificare una sua riduzione. La difesa sosteneva che la confessione resa dovesse essere valutata più ampiamente a favore dell’imputato.
La Decisione della Cassazione e le Circostanze Attenuanti Generiche
La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri principali: la congruità della pena inflitta e la corretta applicazione dei principi che regolano la concessione delle attenuanti generiche.
Le Motivazioni della Decisione
Il percorso logico seguito dai giudici di legittimità è chiaro e lineare. In primo luogo, la Corte ha confermato che la valutazione sulla misura della pena effettuata dal giudice di merito era del tutto corretta e non manifestamente illogica. La pena, sebbene superiore al minimo, era inferiore al medio edittale e giustificata da due fattori oggettivi: il quantitativo non trascurabile di cocaina e i precedenti penali dell’imputato. Questi elementi sono sufficienti a motivare una pena che si discosti dal minimo previsto dalla legge.
In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato in giurisprudenza riguardo alle circostanze attenuanti generiche. La loro concessione non è una conseguenza automatica dell’assenza di elementi negativi che caratterizzano la personalità del soggetto. Al contrario, è necessario che emergano elementi di segno positivo, specifici e concreti, che inducano il giudice a ritenere che l’imputato meriti un trattamento sanzionatorio più mite. Nel caso specifico, l’unico elemento positivo indicato dal ricorrente era la confessione. Tuttavia, questo elemento era già stato considerato e valorizzato per il riconoscimento di un’altra attenuante speciale, prevista dalla legge sulla droga (art. 73, comma 7, d.P.R. 309/1990). Non era quindi possibile utilizzare lo stesso fatto una seconda volta per giustificare anche le attenuanti generiche.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un importante spunto di riflessione: per sperare in una riduzione di pena tramite le circostanze attenuanti generiche, non basta non avere ‘macchie’ particolari oltre al reato commesso. È compito della difesa portare all’attenzione del giudice elementi positivi tangibili, come un comportamento processuale collaborativo (che vada oltre la semplice confessione già ‘premiata’), un percorso di ravvedimento, o altre circostanze di vita che possano positivamente influenzare il giudizio sulla personalità dell’imputato. In assenza di tali prove, il diniego delle attenuanti è una decisione legittima e difficilmente censurabile in sede di Cassazione.
Le circostanze attenuanti generiche sono un diritto automatico per l’imputato se non ci sono elementi negativi a suo carico?
No, la sentenza chiarisce che le circostanze attenuanti generiche non sono un diritto conseguente alla mera assenza di elementi negativi. Richiedono la presenza di elementi di segno positivo che giustifichino una mitigazione della pena.
La confessione dell’imputato può essere sufficiente per ottenere le circostanze attenuanti generiche?
Nel caso specifico, la confessione è stata già valutata per riconoscere un’altra specifica attenuante (prevista dall’art. 73, comma 7, d.P.R. 309/1990). Pertanto, non poteva essere utilizzata una seconda volta per giustificare anche le attenuanti generiche, in assenza di altri elementi positivi.
Quando un ricorso contro la determinazione della pena viene considerato inammissibile?
Un ricorso di questo tipo è inammissibile quando la valutazione del giudice di merito non è “manifestamente illogica”. Se il giudice ha motivato in modo congruo la pena (basandosi su elementi come la quantità della droga e i precedenti penali) e il diniego delle attenuanti, la sua decisione non è sindacabile in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7665 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7665 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CEDANO NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso promosso nell’interesse di NOME COGNOME, che eccepisce il viz di motivazione in relazione alla determinazione della pena e al mancato riconoscimento dell circostanze attenuanti generiche, è inammissibile, in quanto la Corte di merito, con u valutazione di fatto non manifestamente illogica – che quindi si sottrae al sindacato legittimità – per un verso, ha ribadito la congruità della pena, inflitta in misura sup minimo ma inferiore al medio edittale, alla luce del non trascurabile quantitativo di coc pestInato -al -Ticorrenteje alla personalità del medesimo alla luce dei precedenti penali, e, pe altro verso, ha evidenziato l’assenza dei presupposti per una mitigazione della pena, in facendo corretta applicazione del principio secondo cui l’applicazione delle circostanze in esa non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la persona del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva diniego di concessione delle stesse (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, dep. 21/06/2021, COGNOME, Rv. 281590), e considerando che l’unico elemento indicato dal ricorrente, ossia l confessione resa dall’imputato, è stato valutato per il riconoscimento della speciale attenua ex art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309 del 1990, peraltro applicata in regime di prevalenza rispe alla recidiva;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisa assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 1 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2024.