Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23937 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23937 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TIVOLI il 17/02/1978
avverso la sentenza del 27/09/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta NOME COGNOME che conclude riportandosi alle conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
L’avv. NOME COGNOME del foro di Roma, in difesa di NOME COGNOME e NOME COGNOME il quale si è riportato alle conclusioni già depositate.
L’avv. NOME COGNOME del foro di Roma, in difesa di NOME COGNOME il quale ha insistito nei motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
L’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME del foro di Roma, in difesa di RAGIONE_SOCIALE si è rimessa alle valutazioni di questa Corte.
L’avv. COGNOME del foro di Roma, in difesa di RAGIONE_SOCIALE ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 27 settembre 2024 la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Tivoli, appellata da NOME COGNOME ha rigettato la domanda di risarcimento del danno in favore del responsabile civile RAGIONE_SOCIALE ha confermato la condanna pronunciata nei confronti del COGNOME alla pena di anni due e mesi otto di reclusione in relazione al reato di cui all’art. 589, co. 2, cod. pen. relazione agli artt. 141, co 1, 2 e 3 e 186 co. 2 lett. a) e co. 2 bis del co strada. Era contestato in particolare al COGNOME di avere, mentre era alla guida dell’autovettura Lancia Delta tg. DL128LL, in stato di ebbrezza alcolica nonché a velocità elevata, invaso la corsia di marcia opposta urtando frontalmente con l’autovettura condotta da NOME COGNOME che transitava sulla propria carreggiata, che, in conseguenza dell’impatto riportava lesioni personali gravissime che ne determinavano il decesso. In Guidonia Montecello il 26 marzo 2011.
2. Va rilevato per una migliore comprensione della vicenda che nel giudizio si erano costituiti i responsabili civili RAGIONE_SOCIALE rispettivamente la prima, società assicuratrice del veicolo condotto dal COGNOME e la seconda, soggetto che disponeva dello stesso autoveicolo, in forza del contratto di locazione a lungo termine sottoscritto con la società di autonoleggio RAGIONE_SOCIALE Va anche detto che la RAGIONE_SOCIALE aveva sporto querela nei confronti del COGNOME e di NOME COGNOME, funzionario che aveva la disponibilità delle chiavi dell’auto e che le aveva consegnate al De Maio benché l’uso fosse precluso a persone diverse dal Presidente del C.d.A, e dall’A.D., dai Sindaci e dai Dirigenti e che, comunque, doveva essere condotto dagli autisti dell’azienda.
COGNOME e il responsabile civile RAGIONE_SOCIALE erano stati, in esito al giudizio di primo grado, condannati al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite.
La Corte territoriale accogliendo l’appello proposto dal responsabile civile che produceva sentenza del Tribunale di Roma con la quale il COGNOME era stato condannato in relazione al reato di peculato, proprio in relazione all’utilizzo dell’autovettura tg. TARGA_VEICOLO, riformava la sentenza di primo grado.
I giudici di secondo grado rigettavano l’appello proposto nell’interesse del De Maio con il quale si lamentava l’adesione acritica, da parte del
Tribunale, alle conclusioni del consulente del P.M. senza prendere in considerazione i rilievi del consulente di parte il quale aveva prospettato una invasione della corsia di marcia da parte del COGNOME, nonché i motivi afferenti al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nonché alla circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen.
Avverso la sentenza è stato proposto ricorso nell’interesse del De Maio, affidato a tre motivi.
3.1. Con il primo si deduce la violazione dell’art. 606 co. 1 lett. e) cod. proc. Assume la difesa che la Corte territoriale, in poche righe ha affrontato la censura mossa con l’atto di appello avente ad oggetto l’individuazione del luogo o del punto di impatto salvo aggiungere, rispetto a quanto detto dal primo giudice, l’argomento del luogo di quiete raggiunto dalle due auto dopo il sinistro.
Il mancato accertamento del punto d’urto, secondo la difesa, è rimasto inesplorato non avendo risposto, la Corte al dubbio sollevato dalla difesa in merito alla mancanza, sul manto stradale, di tracce di frenata. Né la Corte affronta gli argomenti spesi dal consulente della difesa circa le deformazioni delle lamiere della Lancia Delta.
3.2 Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in – relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Gli argomenti spesi dalla Corte territoriale, secondo la difesa, sarebbero illogici e contraddittori. S contesta che una condanna risalente a venti anni prima, per la quale, peraltro, era stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, possa essere valorizzato ai fini della esclusione delle circostanze attenuanti generiche. Come pure la Corte di appello ha ritenuto di giustificare il diniego delle circostanze attenuanti generiche in virtù d uno stato di ebbrezza non contestato né oggetto di condanna, stante l’esclusione della specifica circostanza aggravante. La ritenute “macroscopicità” della condotta di guida, sarebbe poi, secondo la difesa, affermazione lontana dal vero.
Ciò che è noto è che, a distanza di cinque ore dal fatto, COGNOME presentava un tasso alcolemico pari a 0,6 g/l, dunque, al di sotto della soglia di punibilità. Il resto sarebbero solo presunzioni. Né il superamento del limite di velocità di circa 20 km/h può impedire il riconoscimento del beneficio.
La difesa contestava, ancora, l’argomento speso dalla Corte consistito nell’avere “fuorviato l’individuazione del reale guidatore”. Ciò sarebbe
avvenuto solo nell’immediatezza dei fatti dato che, solo dopo cinque ore, era già stato tutto spontaneamente chiarito. Si sarebbe trattato di un equivoco non addebitabile a COGNOME atteso che era stato COGNOME a dichiarare di essere alla guida dell’auto e non COGNOME a negare di essere il conducente. Il tutto, peraltro, nella concitazione del momento: era buio, la strada isolata, una persona era immobile dentro l’auto investita e i presenti erano in preda al panico.
Contesta la difesa che l’argomento relativo alla “ostinata negazione da parte del prevenuto della sua responsabilità” si porrebbe in contrasto con il principio di difesa.
3.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 606 co. 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione all’art. 62 n. 6 cod. pen. in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno. La Corte territoriale, pur citando, a sostegno del rigetto, giurisprudenza di questa Corte (Cass. 4 n. 6144 del 2017) ha operato una valutazione che appare incapace di giustificare in modo logico ed esaustivo il detto diniego. Assume la difesa che De Maio si sarebbe attivato per incontrare i genitori del COGNOME ottenendo un netto rifiuto. Rileva, in ogni caso, che la somma risarcitoria è stata versata alle parti civili da parte dell’assicurazione, n tempi di legge e che la circostanza che le somme siano state ritenute quale acconto sulla maggior somma dovuta non può essere di ostacolo alla concessione della invocata attenuante.
All’udienza, le parti presenti, hanno concluso come in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
2. Con il primo motivo, pur deducendosi vizio di motivazione, si propone una rilettura in fatto degli elementi sulla scorta dei quali le sentenze, conformi sul punto, hanno fondato il giudizio di responsabilità dell’odierno ricorrente. Il motivo, peraltro, è reiterativo delle medesime doglianze relative alla ricostruzione del sinistro e all’interpretazione de materiale probatorio già ampiamente valutate in sede di appello, affrontate e risolte in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale.
Sul punto va ricordato che l’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. prevede che il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo d provvedimento impugnato deve tendere a verificare che la motivazione sia
“effettiva”, ossia idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto alla base della decisione; che non sia “manifestamente illogica” cioè che non presenti errori nella applicazione delle regole della logica; che non sia internamente “contraddittoria”, dunque, scevra da inconciliabilità logica tra le affermazioni in essa contenute e, infine, che non risulti “incompatibile” con gli “altri atti del processo”.
Non è sufficiente, dunque, che gli atti del processo richiamati dal ricorrente siano semplicemente contrastanti con particolari accertamenti o con la ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle responsabilità né che offrano una ricostruzione più persuasiva rispetto a quella operata dal giudicante. Occorre, piuttosto, che gli atti richiamati dal ricorrente per supportare il dedotto vizio della motivazione siano dotati di una capacità dimostrativa tale da disarticolare il ragionamento svolto del decidente e che dimostrino tale incompatibilità sì da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione o, come in questo caso, da dimostrarne “l’apparenza”.
Rimane, per converso, esclusa la possibilità in sede di controllo della motivazione, della rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione come pure l’autonoma adozione di parametri di ricostruzione ritenuti maggiormente plausibili rispetto a quelli adottati dal giudice di merito. E’ di tutta evidenza che, diversamente opinando, questa Corte diverrebbe l’ennesimo giudice del fatto a fronte del compito attribuitole dal legislatore di controllo di quelle motivazioni alle quali le parti non abbiano prestato acquiescenza, di rispetto dello standard di razionalità intrinseca e di capacità di spiegare l’iter logico seguito dal giudice per pervenire alla decisione (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F, Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482) .
Alla luce della necessaria premessa risulta di tutta evidenza l’inammissibilità del ricorso.
La sentenza emessa dalla Corte territoriale, che va letta in uno a quella del Tribunale, versandosi in ipotesi di c.d. doppia conforme, con motivazione non viziata da errori nell’applicazione della legge né da incongruenze o contraddizioni, ha spiegato le ragioni per le quali gli elementi acquisiti consentono di ritenere provata la responsabilità dell’imputato.
La Corte ha posto l’accento sulla circostanza ritenuta accertata, alla luce degli elementi acquisiti nel corso dell’istruttoria dibattimentale e
compendiati nella sentenza di primo grado, cui ha, tra l’altro fatto espresso rinvio, che l’impatto tra i due mezzi sia avvenuto all’interno della corsia di marcia della Fiat Punto condotta dalla vittima.
In proposito è stata ritenuta non solo significativa “la presenza dei frammenti degli autoveicoli” prodotti proprio all’interno della carreggiata occupata dalla Fiat ma vieppiù la “posizione di stasi dei veicoli incidentati, documentata fotograficamente oltre che nei rilievi eseguiti dagli operanti” che documentavano che “la Fiat Punto si trovava a ridosso del guardrail del suo senso di marcia, evidentemente ivi sospinta dalla Lancia che si trovava arrestata a ridosso del veicolo antagonista”, in uno al “significativo andamento dei frammenti prodotti dalla collisione che si notano nelle fotografie in atti”.
Del pari inammissibile il secondo motivo con cui si deduce il vizio di motivazione con riferimento al diniego delle circostanze di cui all’art. 62 bis cod. pen. e si censurano in maniera isolata singoli passaggi del percorso motivazionale seguito, senza tenere conto del complessivo ragionamento operato dal Tribunale prima e dalla Corte poi.
L’esclusione operata dal primo giudice della recidiva contestata non determina di per sé una preclusione per la Corte di valutare il precedente annoverato dal De Maio.
Il fatto poi che il primo giudice abbia escluso la circostanza aggravante originariamente contestata non ha impedito né impedisce di rilevare che al netto del riscontro ospedaliero, il teste COGNOME, giunto sul luogo del sinistro nell’immediatezza, aveva avuto modo di constatare che il COGNOME emanava un forte odore di alcool e che, infine, secondo quanto spiegato dal consulente, prof. COGNOME, il valore dell’alcolemia del COGNOME, al momento dell’incidente, era certamente superiore a quello di 0,6 g/I determinato alle ore 4,18 ossia ben quattro ore dopo l’evento.
A quanto detto deve aggiungersi che la Corte territoriale, facendo proprie le conclusioni del Tribunale ha ritenuto di non poter concedere all’imputato le circostanze attenuanti generiche sulla scorta della gravità della condotta di guida tenuta, che non attiene solo al superamento del limite di velocità o all’orario notturno ma alla invasione della corsia di marcia opposta.
Gli argomenti difensivi non scalfiscono poi le motivazioni delle doppie sentenze conformi relativamente al comportamento post-factum tenuto dall’imputato, “segnato” dall’avere attribuito la responsabilità del sinistro ad altra persona che si trovava a bordo dell’auto, circostanza sulla quale,
peraltro, la Corte si è soffermata diffusamente (pag. 5) con argomenti che non meritano le censure mosse.
Inoltre, nel solco di giurisprudenza di questa Corte di legittimità, il giudice di secondo grado, evidenziato che la condotta dell’imputato che, contro ogni evidenza, protesti la propria estraneità ai fatti rappresenta motivazione idonea al diniego delle circostanze attenuanti generiche, concludendo che “una cosa è dichiarare cose non credibili altro è dichiarare il falso” (Sez. 4, n. 5594 del 4.10.2022 Rv. 284189; Sez. 4, Sentenza n. 20115 del 04/04/2018, Rv. 272747 – 01).
Del pari inammissibile è il terzo motivo con cui si deducono vizi afferenti al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen.
Con congrui richiami giurisprudenziali la Corte territoriale ha evidenziato che in caso di risarcimento effettuato da parte di un soggetto diverso dall’imputato, non è sufficiente che tale soggetto abbia con l’imputato o con i suoi coobbligati solidali, rapporti contrattuali o personali che ne giustificano l’intervento ma occorre che l’imputato manifesti una concreta e tempestiva volontà riparatoria (Sez. 2, n. 25579 del 01/03/2022, Rv. 283628 – 01, Sez. 4 n. 6144 del 28/11/2017). Ha, altresì, argomentato il giudice di secondo grado che nel caso in esame non sono stati addotti elementi idonei a ritenere che si sia personalmente attivato per elidere le conseguenze della propria precedente azione illecita.
Nel caso in esame, peraltro, come era già stato rilevato dal giudice di prime cure, alle parti civili era stata solo corrisposta una somma a titolo di acconto e l’unico elemento portato a sostegno dell’argomento difensivo è costituito dall’avere, l’imputato, cercato di “incontrare” i familiari del vittima ottenendo un diniego.
Alla inammissibilità segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000). Segue inoltre la condanna alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili liquidate come da dispositivo non essendosi limitate a richiedere la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi o i rigetto ma, anzi, avendo contrastato specificamente i motivi di impugnazione, così fornendo un contributo alla dialettica processuale (Sez. U. n. 34559 del 26/06/2002, COGNOME, Tv. 222264; Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME in motivazione).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa
delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili COGNOME NOME e COGNOME NOME che liquida in complessivi euro
tremilanovecento, oltre accessori come per legge; ed a COGNOME Maurizio e
NOME COGNOME che liquida in euro tremilanovecento, oltre accessori come per legge.
Deciso il 10 aprile 2025