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Circostanze attenuanti generiche: no con 621 dosi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per la coltivazione di 58 piante di cannabis. La Corte ha confermato la decisione di merito di negare le circostanze attenuanti generiche, ritenendo che la notevole quantità di stupefacente, da cui si potevano ricavare 621 dosi, fosse un elemento decisivo e ostativo alla concessione del beneficio.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Circostanze attenuanti generiche: la quantità della droga coltivata è decisiva

L’applicazione delle circostanze attenuanti generiche rappresenta uno degli strumenti più importanti a disposizione del giudice per personalizzare la pena in base alle specificità del caso concreto. Tuttavia, la loro concessione non è automatica e dipende da una valutazione attenta di tutti gli elementi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la quantità di sostanza stupefacente coltivata possa essere un fattore determinante per escludere tale beneficio. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato in appello per il reato di coltivazione di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando la violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo a due punti specifici: il diniego delle circostanze attenuanti generiche e la determinazione della pena.

Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero valutato adeguatamente gli elementi a favore dell’imputato, meritando quindi una riduzione della sanzione. La questione centrale è giunta così all’attenzione della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

Con l’ordinanza in esame, la Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione significa che i giudici non sono entrati nel merito della questione sollevata dal ricorrente, ritenendo che le censure mosse non fossero ammissibili in sede di legittimità. La Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la quantità come ostacolo alle circostanze attenuanti generiche

La Corte ha fornito una spiegazione chiara e lineare per la sua decisione. In primo luogo, ha qualificato le argomentazioni del ricorrente come “mere doglianze in punto di fatto”. Si tratta, in sostanza, di critiche che miravano a una nuova valutazione dei fatti già esaminati e decisi dai giudici dei precedenti gradi di giudizio. Questo tipo di riesame è precluso alla Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non ricostruire gli eventi.

Nel dettaglio, la Suprema Corte ha evidenziato come la sentenza d’appello avesse motivato in modo puntuale e corretto il diniego delle circostanze attenuanti generiche. Il fattore decisivo era la consistenza della coltivazione: ben 58 piante di cannabis. Dalle analisi effettuate al momento della perquisizione, era emerso che da tali piante si sarebbero potute ricavare 621 dosi medie singole. Questa notevole quantità è stata considerata un indice di particolare gravità della condotta, incompatibile con la concessione di un trattamento sanzionatorio più mite.

La motivazione del giudice di merito è stata quindi ritenuta logica, coerente e giuridicamente corretta, rendendo le critiche del ricorrente manifestamente infondate.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale nel diritto penale degli stupefacenti: la quantità della sostanza detenuta o coltivata è un elemento cruciale non solo per qualificare il reato, ma anche per la valutazione delle circostanze attenuanti. Una coltivazione di quasi 60 piante, capace di produrre oltre 600 dosi, non può essere considerata di lieve entità e giustifica ampiamente una decisione rigorosa da parte del giudice.

Per gli operatori del diritto, la pronuncia conferma che i ricorsi per cassazione basati su una mera rilettura dei fatti, senza individuare vizi di legittimità specifici (come una motivazione illogica o una palese violazione di legge), sono destinati all’inammissibilità. Per i cittadini, il messaggio è chiaro: la coltivazione di un numero significativo di piante di cannabis è considerata un reato grave, per il quale è difficile ottenere benefici come le attenuanti generiche.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha ritenuto che le censure del ricorrente fossero “mere doglianze in punto di fatto”, ovvero tentativi di far riesaminare i fatti già adeguatamente valutati dal giudice di merito. Questo tipo di analisi non rientra nei compiti della Corte di Cassazione, che si limita al controllo di legittimità.

Qual è stato il motivo principale per cui non sono state concesse le circostanze attenuanti generiche?
Il motivo decisivo è stata la notevole quantità della coltivazione: 58 piante di cannabis, dalle quali si potevano ricavare 621 dosi medie singole. I giudici hanno ritenuto che tale quantità fosse un indicatore di gravità incompatibile con la concessione di un beneficio che riduce la pena.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta che la sentenza di condanna della Corte d’Appello diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver proposto un ricorso privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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