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Circostanze attenuanti generiche: il soccorso conta

La Cassazione annulla parzialmente una condanna per tentato omicidio. Sebbene la colpevolezza sia confermata, i giudici devono rivalutare la concessione delle circostanze attenuanti generiche. È stato un errore ignorare che l’imputata, pur negando il fatto, aveva subito prestato soccorso alla vittima dopo l’accoltellamento.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Circostanze attenuanti generiche: il soccorso alla vittima va sempre valutato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26213 del 2024, ha chiarito un principio fondamentale riguardo la concessione delle circostanze attenuanti generiche: il giudice deve considerare tutti gli elementi, positivi e negativi, del comportamento dell’imputato. In particolare, il fatto che l’autore di un reato abbia prestato immediato soccorso alla vittima è un elemento positivo che non può essere ignorato, nemmeno se l’imputato ha poi negato le sue responsabilità durante il processo.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una donna condannata in primo e secondo grado per il tentato omicidio del suo coinquilino. Durante una discussione avvenuta mentre preparavano la cena, la donna aveva colpito l’uomo al torace con un coltello da cucina con una lama di 20 cm, provocandogli una grave lesione (pneumotorace con prognosi riservata).

L’imputata si era difesa sostenendo di essere stata aggredita per prima e di aver ferito il coinquilino involontariamente, girandosi di scatto mentre teneva in mano il coltello. Tuttavia, i giudici di merito avevano ritenuto questa versione inverosimile, basandosi sulle prove mediche che indicavano un colpo frontale e diretto, incompatibile con la dinamica descritta. La condanna per tentato omicidio era stata quindi confermata.

La questione delle circostanze attenuanti generiche

L’imputata ha proposto ricorso in Cassazione per due motivi principali. In primo luogo, ha chiesto di derubricare il reato da tentato omicidio a lesioni. In secondo luogo, si è lamentata della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

La Corte d’Appello aveva negato le attenuanti basandosi esclusivamente sul comportamento processuale dell’imputata: avendo lei negato il fatto e tentato di scaricare la colpa sulla vittima, non meritava alcuna riduzione di pena. Tuttavia, la difesa ha sottolineato che i giudici non avevano considerato altri elementi positivi, come l’età avanzata della donna, il suo lavoro come badante e, soprattutto, il fatto che lei stessa, subito dopo l’accoltellamento, aveva tamponato la ferita e chiamato immediatamente i soccorsi.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il primo motivo di ricorso, confermando la qualificazione del reato come tentato omicidio. L’uso di un’arma letale come un grosso coltello da cucina e la zona del corpo colpita (il torace, sede di organi vitali) sono stati considerati elementi sufficienti a dimostrare l’intenzione di uccidere.

Ha invece accolto il secondo motivo, quello relativo alle circostanze attenuanti generiche. La Cassazione ha ritenuto errata e incompleta la valutazione della Corte d’Appello.

Le motivazioni

I giudici di legittimità hanno spiegato che, per decidere sulla concessione delle attenuanti generiche, è necessaria una valutazione complessiva della condotta dell’imputato. Non è sufficiente fermarsi agli aspetti negativi, come la negazione dei fatti. È obbligatorio prendere in esame anche gli elementi positivi che emergono dagli atti processuali.

Nel caso specifico, la stessa sentenza impugnata dava atto che l’imputata, dopo aver colpito la vittima, le aveva prestato soccorso e aveva chiamato aiuto. Questo comportamento post-reato è un chiaro indice positivo che la Corte d’Appello ha completamente omesso di considerare. Tale omissione ha reso la motivazione della sentenza viziata, poiché basata su una visione parziale della condotta dell’imputata.

Per questo motivo, la Cassazione ha annullato la sentenza limitatamente a questo punto, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello di Roma. I nuovi giudici dovranno riesaminare la richiesta di circostanze attenuanti generiche, tenendo conto questa volta anche del comportamento di soccorso tenuto dall’imputata.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di equità e completezza nella valutazione giudiziale. La condotta processuale di un imputato è certamente rilevante, ma non può essere l’unico parametro per decidere sulla pena. Il comportamento tenuto subito dopo il reato, specialmente se volto a rimediare o limitare le conseguenze dannose, è un fattore cruciale che il giudice ha il dovere di ponderare attentamente. Ignorarlo costituisce un vizio di motivazione che può portare all’annullamento della sentenza.

Perché il reato è stato qualificato come tentato omicidio e non come lesioni?
La qualificazione come tentato omicidio è stata confermata sulla base di elementi oggettivi: l’arma utilizzata (un coltello da cucina con lama di 20 cm), la zona del corpo colpita (il torace, sede di organi vitali) e la dinamica dell’azione (un colpo inferto frontalmente), considerati indicatori inequivocabili della volontà di uccidere.

Se un imputato nega i fatti può comunque ottenere le circostanze attenuanti generiche?
Sì. La negazione dei fatti è un elemento negativo che il giudice valuta, ma non esclude automaticamente la concessione delle attenuanti. Il giudice ha l’obbligo di considerare anche eventuali elementi positivi, come il fatto che l’imputato abbia prestato immediato soccorso alla vittima.

Qual è stato l’errore della Corte d’Appello secondo la Cassazione?
L’errore è stato motivare il diniego delle circostanze attenuanti generiche basandosi unicamente sulla condotta processuale negativa dell’imputata (la negazione dei fatti), omettendo completamente di valutare un elemento positivo accertato nella stessa sentenza: il fatto che l’imputata avesse prestato soccorso e chiamato aiuto subito dopo l’aggressione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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