Circostanze attenuanti generiche: basta un solo elemento negativo per negarle?
La concessione delle circostanze attenuanti generiche rappresenta uno degli strumenti più significativi del potere discrezionale del giudice penale. Tuttavia, quali sono i limiti di questa discrezionalità? È sufficiente un solo elemento negativo, come i precedenti penali, per giustificarne il diniego? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata sul tema, offrendo chiarimenti importanti sulla motivazione richiesta al giudice di merito.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto alla pena di due mesi di arresto per il reato previsto dall’art. 76, comma 2, del D.Lgs. 159/2011, ovvero per aver violato il foglio di via obbligatorio. La sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale, veniva confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, lamentando due vizi principali: la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e l’erronea determinazione della pena, ritenuta eccessiva.
Le doglianze e le circostanze attenuanti generiche
Il ricorrente basava la sua difesa su due punti fondamentali:
1. Vizio di motivazione sul diniego delle attenuanti generiche: Secondo la difesa, i giudici di merito non avevano adeguatamente motivato le ragioni per cui non erano state concesse le attenuanti previste dall’art. 62-bis del codice penale.
2. Erronea applicazione dell’art. 133 c.p.: Si contestava inoltre che la pena inflitta fosse sproporzionata, in quanto i giudici non avrebbero applicato correttamente i criteri di commisurazione della pena indicati nell’art. 133 del codice penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno analizzato separatamente le due doglianze, giungendo a conclusioni nette.
La motivazione sul diniego delle attenuanti
Sul primo punto, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato anche con il richiamo a un solo elemento negativo tra quelli indicati dall’art. 133 c.p., qualora il giudice lo ritenga preponderante. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente basato il suo diniego sui precedenti penali dell’imputato e sull’assenza di elementi positivi da valutare. Questa motivazione è stata ritenuta congrua e sufficiente, in linea con l’orientamento giurisprudenziale dominante.
La motivazione sulla misura della pena
Anche la seconda doglianza è stata respinta. La Corte ha ritenuto che la decisione di irrogare una pena superiore al minimo edittale fosse ampiamente giustificata. I giudici di merito avevano infatti considerato non solo i plurimi precedenti dell’imputato, ma anche il “particolare disvalore del fatto”. Il reato era stato commesso pochi giorni dopo la notifica del foglio di via, dimostrando una chiara noncuranza del provvedimento e una spiccata personalità incline a delinquere. Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva fatto un uso corretto del suo potere discrezionale, ancorando la sua decisione ai criteri della gravità del fatto e della personalità del reo.
Le motivazioni
La motivazione della Cassazione si fonda sulla constatazione che il ricorso non faceva altro che riproporre le medesime censure già dedotte in appello, senza confutare in modo specifico e puntuale le argomentazioni della sentenza impugnata. Un ricorso così strutturato si rivela inammissibile, poiché non introduce nuovi elementi di critica giuridica ma si limita a una sterile riproposizione di argomenti già vagliati e respinti.
La Corte ha quindi rafforzato l’idea che il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nella valutazione degli elementi di cui all’art. 133 c.p., sia per la concessione delle attenuanti che per la commisurazione della pena. L’importante è che tale discrezionalità sia esercitata attraverso una motivazione logica, coerente e non contraddittoria, come avvenuto nel caso esaminato.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma che i precedenti penali di un imputato costituiscono un ostacolo significativo all’ottenimento delle circostanze attenuanti generiche, potendo da soli giustificarne il diniego se non controbilanciati da elementi positivi di particolare rilievo. In secondo luogo, evidenzia come la tempestività della violazione di un provvedimento (in questo caso, il foglio di via) sia un fattore che aggrava la valutazione della personalità del reo e può legittimare una pena più severa. Infine, la decisione funge da monito sull’importanza di strutturare ricorsi per cassazione che critichino specificamente la logica della sentenza impugnata, anziché limitarsi a una mera riproposizione dei motivi d’appello.
Per negare le circostanze attenuanti generiche, il giudice deve considerare tutti gli elementi possibili?
No, la Corte ha stabilito che il diniego può essere legittimamente motivato anche con il richiamo a un solo elemento negativo, come i precedenti penali dell’imputato, se ritenuto preponderante.
Cosa giustifica una pena superiore al minimo previsto dalla legge?
Una pena superiore al minimo può essere giustificata da elementi sfavorevoli come i precedenti penali e il particolare disvalore del fatto, ad esempio se il reato è stato commesso pochi giorni dopo aver ricevuto un provvedimento come il foglio di via obbligatorio.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile quando è manifestamente infondato, ad esempio se si limita a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte nel grado precedente, senza contestare specificamente le argomentazioni della sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36369 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36369 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/01/2025 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto dal difensore di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe, con cui in data 211.2025 la Corte d’Appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Lucca in data 7.5.2024 di condanna alla pena di mesi due di arresto per il reato di cui all’art. 76, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011;
Evidenziato che il ricorso deduce il vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e l’erronea applicazione dell’art. 133 cod. pen. con riferimento alla determinazione della misura della pena;
Ritenuto, quanto alla prima doglianza, che la Corte d’Appello, ribadendo la congruità su questo specifico punto della decisione di primo grado nella parte in cui aveva motivato il diniego delle circostanze ex art. 62 -bis cod. pen. con il richiamo ai precedenti dell’imputato e comunque all’assenza di altri elementi positivi, ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con il richiamo anche a un solo elemento, tra quelli indicati dall’art. 133 cod. pen., che consideri preponderante ai fini del diniego del beneficio (Sez. 2, n. 23903 del 15/7/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01) e, comunque, con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 4, n. 32872 dell’8/6/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, n. 39566 del 16/2/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01);
Ritenuto, quanto alla seconda doglianza, che la Corte d’Appello ha giustificato la decisione del giudice di primo grado di irrogare una pena che si discostasse dal minimo edittale con la rilevanza sfavorevole sia dei plurimi precedenti dell’imputato, sia del particolare disvalore del fatto commesso solo pochi giorni dopo la notifica del foglio di via obbligatorio, sicché ha fatto congruo riferimento ai criteri della gravità del fatto e della personalità del reo indicati dall’art. 133 c. nell’esercizio del suo potere discrezionale di determinazione della pena tra il minimo e il massimo edittale;
Rilevato che, a fronte della persuasiva motivazione della sentenza impugnata, il ricorso si limita a riproporre pedissequamente le censure già dedotte come motivo d’appello, senza confutare specificamente le condivisibili argomentazioni dei giudici di secondo grado;
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Considerato che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, Furlan, Rv. 276062 01), con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’11.9.2025