Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 19429 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 19429 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LATINA il 25/05/1985
avverso la sentenza del 09/09/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni della Procura generale, in persona del Sostituto Procuratore NOME
COGNOME nel senso del rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello di Roma, con il provvedimento indicato in epigrafe, ha confermato la responsabilità di NOME COGNOME per la fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 9 ottobre 1990, n. 309 (avente a oggetto 26,42 g di crack suddivisi in bustine).
È stato proposto nell’interesse dell’imputato ricorso fondato su tre motivi (di seguito enunciato ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Con il primo motivo si deducono violazione di legge e vizio congiunto di motivazione nella parte in cui la Corte territoriale avrebbe confermato la sentenza di primo grado, resa in sede di giudizio abbreviato, pur avendo ritenuto sussistente una discrasia, quanto al trattamento sanzionatori, tra dispositivo letto all’udienza del 27 novembre 2023 e il testo della sentenza depositata il 16 gennaio 2024. Il giudice d’appello avrebbe ritenuto prevalente il dispositivo letto in udienza, considerando quanto diversamente emergente dalla sentenza depositata un mero refuso, senza però statuire in merito e limitandosi, nel dispositivo, a confermare la sentenza di primo grado.
Con i motivi secondo e terzo si deducono vizi congiunti di motivazione in merito alla commisurazione giudiziale della pena, determinata in termini prossimi al massimo edittale, anche per la ritenuta insussistenza delle circostanze attenuanti generichee nonostante la condotta successiva dell’imputato sottopostosi a programma terapeutico.
La Procura generale ha concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte territoriale, come dedotto dal ricorrente, ha evidenziato la discrasia tra il dispositivo letto all’udienza del 27 novembre 2023, di condanna alla pena di finale di due anni di reclusione ed euro 6.000,00 di multa, e il testo della sentenza depositata il 16 gennaio 2024, di condanna alla pena di due anni e otto mesi di reclusione ed euro 6.000,00 di multa. È stato ritenuto prevalente il dispositivo letto in udienza, contenente una statuizione più favorevole per l’imputato, considerando quanto diversamente emergente dalla sentenza depositata un mero refuso, senza però nulla evidenziare in merito nel dispositivo d’appello, con il quale è stata invece confermata la sentenza di primo grado. Il giudice d’appello ha altresì ritenuto congruo il relativo trattamento sanzionatorio sostanzialmente emergente dalla sentenza di primo grado, epurata dal refuso di cui innanzi, cioè la pena di tre anni di reclusione ed euro 9.000,00 di multa, poi ridotta per il rito abbreviato a due anni di reclusione ed euro 6.000,00 di multa, con esclusione delle circostanze attenuanti generiche.
Orbene, nel merito cassatoio deve evidenziarsi l’inammissibilità dei motivi che si appuntano sull’apparato motivazionale sotteso alla ritenuta insussistenza delle circostanze attenuanti e al trattamento sanzionatorio.
Sul punto deve ribadirsi che la valutazione dei vari elementi ai fini della commisurazione giudiziale della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio, se effettuato, come nella specie, nel rispetto dei parametri valutativi di cui all’art. 133 c.p., è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragguaglio illogico (ex plurimis, Sez. 4, n. 61 del 11/12/2019, dep. 2020, Tanga; Sez. 2, n. 45312 del 13/11/2015, Luparello, e più di recente, anche Sez. 7, n. 17284 del 27/02/2024, Meli). Quanto innanzi, come detto, è da escludersi nella specie, avendo la Corte territoriale ritenuto congruo il trattamento sanzionatorio per l’accertata fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n 309 del 1990 in considerazione della gravità del reato, desunta, ex art. 133 cod. pen., dalla gravità del fatto quanto a quantità di stupefacente (26,42 g), alle dosi ricavabili (pari a circa 150 dosi medie singole) e alle modalità della detenzione, trattandosi di sostanza già confezionata in 39 bustine. In particolare, quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, l’infondatezza della censura è resa manifesta dall’aver i giudici di merito valorizzato, in termini negativi e assorbenti, la condotta di vita anteatta dell’imputato, quale soggetto gravato da altri precedenti penali. Ciò mostra la corretta applicazione dei principi governanti la materia per cui l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto ma richiede elementi, di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego del riconoscimento delle stesse (ex plurimis, Sez. 7, n. 21018 del 05/04/2023, COGNOME; Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590 – 01, nonché la conforme Sez. 1, n. 3529 del 22/09/1993, COGNOME, Rv. 195339 – 01). Il loro riconoscimento è difatti oggetto di un giudizio di fatto che presuppone l’emersione ovvero l’allegazione di elementi idonei a fondare l’invocata mitigazione sanzionatoria, la cui assenza ne legittima il diniego da parte del giudice di merito che, allo scopo di giustificarlo, non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti ovvero rilevabili dagli atti, essendo sufficiente il riferimento agli elementi ritenuti decisivi o, in ogni caso, rilevanti ovvero l’insussistenza di elementi positivamente apprezzabili (ex plurimis: Sez. 7, n. 21018 del 05/04/2023, COGNOME, cit.; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3. Fermo restando quanto innanzi, deve in questa sede procedersi ad annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla misura
della pena e alla rideterminazione di quest’ultima.
La Corte territoriale, come già innanzi evidenziato, ha ritenuto prevalente il dispositivo letto in udienza dal giudice di primo grado, contenente un
trattamento sanzionatorio più favorevole per l’imputato (peraltro ritenendolo congruo ed equo), considerando quanto diversamente emergente dalla sentenza
depositata un mero refuso. Nonostante ciò, nulla è stato statuito in merito nel dispositivo d’appello, con il quale è stata invece confermata la sentenza di primo
grado. Sicché, ex art. 620, lett. L, cod. proc. pen., deve in questa sede rideterminarsi la pena in due anni di reclusione ed euro 6.000,00 di multa, sulla
base della stessa statuizione del giudice d’appello.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla misura della pena, che ridetermina in due anni di reclusione ed euro seimila di multa. Dichiara
inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso 1’8 aprile 2025