Circostanze attenuanti generiche: quando il diniego è legittimo
L’applicazione delle circostanze attenuanti generiche rappresenta uno degli strumenti più importanti a disposizione del giudice per personalizzare la pena e adeguarla alla specificità del caso concreto. Tuttavia, il loro ruolo e i limiti della loro applicazione sono spesso oggetto di dibattito e di ricorsi in Cassazione. Una recente ordinanza della Suprema Corte offre un’importante chiarificazione sulla funzione di queste circostanze, specialmente quando il giudice decide di applicare una pena superiore al minimo previsto dalla legge.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna emessa dal GUP di Brindisi e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Lecce. L’imputato era stato riconosciuto colpevole del reato di coltivazione di 87 piante di marijuana, complete di impianto di illuminazione e igrometro, dalle quali si sarebbero potute ricavare oltre 23.000 dosi singole. Oltre alla coltivazione, gli era stata contestata la detenzione di circa 230 grammi di infiorescenze e foglie, sufficienti per altre 267 dosi, e il possesso di un bilancino di precisione. Un quadro probatorio che, secondo i giudici di merito, indicava chiaramente una destinazione del prodotto allo spaccio e non al consumo personale.
Il Ricorso in Cassazione e l’Analisi delle Circostanze Attenuanti Generiche
La difesa ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra le altre cose, una errata valutazione del trattamento sanzionatorio e il mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche. Il ricorso, tuttavia, è stato dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte. I giudici hanno rilevato come le questioni sollevate fossero state già adeguatamente esaminate nei gradi di merito e come il ricorso stesso fosse formulato in termini di assoluta genericità, senza un reale confronto con le motivazioni della sentenza impugnata. In particolare, la difesa non aveva fornito argomentazioni specifiche per contrastare le conclusioni dei giudici sulla destinazione allo spaccio, basate su elementi oggettivi come l’enorme quantità di principio attivo ricavabile e il materiale per il confezionamento rinvenuto.
Il Ruolo delle Circostanze Attenuanti nel Calcolo della Pena
Il punto centrale dell’ordinanza risiede nella spiegazione fornita dalla Corte sulla funzione delle circostanze attenuanti generiche. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio fondamentale: queste attenuanti sono state introdotte per mitigare la rigidità del sistema sanzionatorio, consentendo al giudice di scendere al di sotto del minimo edittale quando le specificità del caso lo richiedano.
Di conseguenza, la loro funzione si esplica pienamente quando il giudice intende fissare una pena al di sotto di tale soglia. Se, al contrario, il giudice valuta la gravità del fatto e la personalità del reo in modo tale da determinare una pena superiore al minimo, il diniego della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti (o il giudizio di equivalenza) non rappresenta un vizio di motivazione. In tale scenario, la valutazione delle circostanze diventa un mero elemento di calcolo nella commisurazione della pena e non uno strumento per la sua determinazione essenziale. La sua mancata applicazione in senso favorevole all’imputato non può, quindi, dare luogo a una violazione di legge.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la declaratoria di inammissibilità del ricorso su più fronti. In primo luogo, ha evidenziato la genericità dei motivi di appello, che non si confrontavano specificamente con le argomentazioni della sentenza di secondo grado. La difesa non ha contestato in modo puntuale gli elementi fattuali (quantità, materiale per il confezionamento) che avevano portato i giudici a escludere sia l’uso personale sia l’ipotesi di reato di lieve entità.
In secondo luogo, e con particolare riguardo al trattamento sanzionatorio, la Corte ha sottolineato che il giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche è giustificato alla luce della gravità dei fatti e della reiterazione di condotte simili da parte dell’imputato. La Corte ha chiarito che, quando la pena viene fissata al di sopra del minimo edittale, il diniego della prevalenza delle attenuanti non è un difetto di motivazione, ma una conseguenza logica del percorso valutativo del giudice. Pertanto, un ricorso basato su una censura così generica non può trovare accoglimento.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce due principi cardine del processo penale. Il primo è che il ricorso per cassazione deve essere specifico e criticare puntualmente le argomentazioni giuridiche della sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse doglianze già respinte. Il secondo, di natura sostanziale, chiarisce la funzione delle circostanze attenuanti generiche: esse servono a superare la rigidità del minimo edittale, ma non possono essere invocate genericamente per ottenere uno sconto di pena quando la valutazione complessiva del fatto da parte del giudice porta a una sanzione comunque superiore a tale limite. Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale volto a preservare la discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena, purché adeguatamente motivata in base alla gravità del reato e alla personalità dell’imputato.
Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile, come nel caso di specie, quando è proposto per motivi generici che non si confrontano specificamente con le ragioni della sentenza impugnata, oppure quando solleva questioni di fatto già congruamente valutate dai giudici di merito, anziché vizi di legittimità.
Qual è la funzione principale delle circostanze attenuanti generiche secondo la Cassazione?
Secondo la Corte, la funzione principale delle circostanze attenuanti generiche è quella di mitigare la rigidità del sistema sanzionatorio, permettendo al giudice di determinare una pena inferiore al minimo edittale previsto dalla legge. Se il giudice fissa una pena superiore a tale minimo, il diniego della loro prevalenza diventa un semplice elemento di calcolo e non un difetto di motivazione.
Perché la Corte ha ritenuto non applicabile l’ipotesi di reato meno grave (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990)?
La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità in ragione degli specifici elementi fattuali emersi: l’ingente quantitativo di sostanza stupefacente potenzialmente ricavabile (oltre 23.000 dosi), incompatibile con un consumo personale, e il rinvenimento di materiale per il confezionamento in dosi, che indicava una destinazione allo spaccio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6639 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6639 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
OSSERVA
Rilevato che il difensore di COGNOME NOME NOME proposto ricorso per cassazio avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce, indicata in epigrafe, con la qu confermata quella del GUP del Brindisi di condanna del predetto per il reato di colt di marijuana (87 piante in vasi, con relativo impianto illuminante e igrometro, da potevano trarsi 23.355 dosi singole droganti,) e detenzione di gr. 229,34 di infior foglie, dalle quali potevano trarsi 267 dosi medie singole droganti, rinvenuto bilancino di precisione (in Villa Castelli, il 28/5/2013);
ritenuto che il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. p perché proposto per motivi con i quali sono state proposte questioni congruamente va dai giudici territoriali, senza che la difesa abbia operato il necessario confronto esposto alla pag. 2 della sentenza censurata, con riferimento alla destinazione all ritenuta in base a specifici elementi fattuali (dato quantitativo incompatibile con u personale e rinvenimento di materiale atto al confezionamento in dosi), alle pag quanto alla non configurabilità dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n proprio in ragione dei suindicati elementi e alla pag. 3, quanto alla rimodula favorevole della pena, con giudizio di prevalenza delle generiche, debitamente gius alla luce della gravità dei fatti e della reiterazione di condotte della stes contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, sez. 6 n. 8 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazio che, con riferimento al trattamento sanzionatorio, peraltro, deve anche r l’assoluta genericità della censura, con la quale non sono state neppure introdotte specifiche indicanti le ragioni in diritto e dati fattuali a sostegno della richi avendo omesso altresì di considerare che le generiche sono state introdotte con la di mitigare la rigidità dell’originario sistema di calcolo della pena nell’ipotesi d circostanze di specie diversa e che detta funzione, ridotta a seguito della mo giudizio di comparazione delle circostanze concorrenti, ha modo di esplicarsi effica solo per rimuovere il limite posto al giudice con la fissazione del minimo edittale questi intenda determinare la pena al di sotto di tale limite, con la conseguenz questa situazione non ricorra, perché il giudice valuta la pena da applicare al d limite, il diniego della prevalenza delle generiche diviene solo elemento di calc costituisce mezzo di determinazione della sanzione e non può, quindi, dar luog
violazione di legge, né al corrispondente difetto di motivazione (sez. 3 n. 18/07/2014, Cavicchi, Rv. 260627);
che alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al p delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle a non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Cort 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende. Deciso il 17 gennaio 2024