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Circostanze attenuanti: discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati condannati per tentato furto pluriaggravato. La Corte ha ribadito la vasta discrezionalità del giudice di merito nel bilanciare le circostanze attenuanti e aggravanti, sottolineando che tale valutazione è censurabile in sede di legittimità solo in caso di manifesta illogicità, non riscontrata nel caso di specie. È stata inoltre giustificata la differente pena inflitta a un correo in base al suo minore contributo al reato.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Circostanze attenuanti e calcolo della pena: la discrezionalità del giudice

La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale. Quando concorrono diverse circostanze, sia aggravanti che circostanze attenuanti, il giudice è chiamato a un complesso giudizio di bilanciamento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 3199/2024) offre importanti chiarimenti sui limiti del sindacato di legittimità su tale valutazione, confermando l’ampia discrezionalità del giudice di merito.

I Fatti del Caso

Due soggetti venivano condannati in primo grado e in appello per il reato di tentato furto pluriaggravato in un’abitazione. La pena inflitta a ciascuno era di due anni, due mesi e venti giorni di reclusione, oltre a una multa. La condanna teneva conto della recidiva e di altre aggravanti, ritenute prevalenti sulle circostanze attenuanti generiche e su quella del risarcimento del danno, con la riduzione prevista per la scelta del rito abbreviato.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione lamentando diversi vizi della sentenza d’appello:

1. Violazione di legge ed errore di motivazione nel calcolo della pena: Sostenevano che la Corte d’Appello avesse errato nel calcolo, partendo da una pena base per il reato consumato anziché tentato e non motivando a sufficienza il giudizio di prevalenza delle aggravanti sulle circostanze attenuanti.
2. Mancata concessione dell’attenuante del risarcimento del danno: Contestavano il mancato riconoscimento pieno dell’attenuante per aver risarcito il danno, ritenuta sub-valente senza una specifica motivazione.
3. Disparità di trattamento: Evidenziavano come un terzo coimputato, giudicato con rito ordinario, avesse ricevuto una pena più mite, pur non avendo partecipato in misura significativamente minore ai fatti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sul bilanciamento delle circostanze attenuanti

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, rigettando tutte le censure. In primo luogo, i giudici hanno osservato che l’eventuale errore di calcolo commesso dal giudice di primo grado si era risolto in favore degli imputati, con l’applicazione di una pena base inferiore a quella che sarebbe stata legalmente corretta. Di conseguenza, gli stessi mancavano di interesse a sollevare la questione.

Il punto centrale della decisione riguarda il giudizio di bilanciamento tra le circostanze. La Corte ha ribadito un principio consolidato: le valutazioni relative alla comparazione tra circostanze attenuanti e aggravanti, così come il riconoscimento delle attenuanti generiche, rientrano nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tali decisioni sono censurabili in Cassazione solo se frutto di un ragionamento “manifestamente illogico” o di “mero arbitrio”, condizioni non riscontrate nel caso in esame. La Corte territoriale, confermando il giudizio di prevalenza delle aggravanti (come la recidiva) aveva, anche implicitamente, fornito una motivazione sufficiente.

Infine, riguardo alla disparità di trattamento, la Cassazione ha ritenuto logica e giustificata la motivazione della Corte d’Appello. La pena più mite per il terzo coimputato era dovuta al suo diverso e minore contributo all’azione criminosa: mentre i ricorrenti erano attivamente impegnati a forzare la porta d’ingresso, il terzo era rimasto in auto con un ruolo di semplice passeggero, seppur conducente del veicolo.

Le Conclusioni

La sentenza conferma la solidità dei principi che regolano la dosimetria della pena e il giudizio di bilanciamento delle circostanze. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma un organo di legittimità che verifica la corretta applicazione della legge. La valutazione del peso delle aggravanti e delle circostanze attenuanti è un’attività tipica del giudice che ha la diretta percezione dei fatti e della personalità dell’imputato. Un ricorso basato su tali aspetti ha scarse probabilità di successo se non è in grado di dimostrare un’irragionevolezza palese o un’arbitrarietà nella decisione impugnata. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato per i ricorrenti anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.

Quando è possibile contestare in Cassazione il bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti?
Secondo la sentenza, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico, e non per una semplice diversa valutazione del merito.

Perché la Corte ha respinto la doglianza sull’errato calcolo della pena?
La Corte ha rilevato che l’errore di calcolo commesso dal giudice di primo grado si era in realtà risolto in un vantaggio per gli imputati, poiché era stata applicata una pena più bassa di quella legalmente corretta. Pertanto, gli imputati non avevano interesse a far valere tale errore.

È possibile applicare una pena diversa a coimputati per lo stesso reato?
Sì, la Corte ha confermato che è legittimo differenziare il trattamento sanzionatorio tra coimputati in base alla diversa intensità del contributo fornito da ciascuno all’azione criminosa. Nel caso di specie, chi aveva avuto un ruolo attivo nell’effrazione ha ricevuto una pena maggiore rispetto a chi era rimasto in auto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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