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Circostanze attenuanti: discrezionalità del giudice

Un soggetto condannato per rapina aggravata ha impugnato la sentenza lamentando il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione sulla concessione e sulla prevalenza delle attenuanti rientra nella discrezionalità del giudice di merito, la cui decisione, se adeguatamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità. Il ricorso è stato inoltre ritenuto ripetitivo e manifestamente infondato.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Circostanze attenuanti generiche: quando il giudice può negarne la prevalenza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema centrale del diritto penale: la concessione e la valutazione delle circostanze attenuanti generiche. La decisione sottolinea i limiti del sindacato di legittimità sulla discrezionalità del giudice di merito nella quantificazione della pena, offrendo spunti importanti per comprendere quando un ricorso possa essere considerato inammissibile.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato in primo e secondo grado per il reato di rapina aggravata. L’unico motivo di impugnazione dinanzi alla Suprema Corte riguardava un presunto vizio di motivazione della sentenza della Corte d’Appello. In particolare, il ricorrente lamentava sia l’omessa valutazione dei parametri per la quantificazione della pena previsti dall’art. 133 del codice penale, sia, soprattutto, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente rispetto alla contestata aggravante della commissione del fatto da parte di più persone riunite.

La Decisione della Corte di Cassazione e le motivazioni sulle circostanze attenuanti generiche

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo per due ragioni fondamentali: era totalmente reiterativo e manifestamente infondato. Secondo i giudici, il ricorso si limitava a riproporre le stesse doglianze già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza un reale confronto critico con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata. Questo tipo di approccio non è consentito nel giudizio di cassazione, che non rappresenta un terzo grado di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge.

Il Principio della Discrezionalità del Giudice nella Valutazione della Pena

Il fulcro della decisione risiede nel richiamo a un consolidato principio giurisprudenziale: la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale discrezionalità, che si estende anche al bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti, deve essere esercitata nel rispetto dei criteri direttivi fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato e capacità a delinquere del reo).

La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla congruità della pena inflitta. Il suo compito è verificare che la decisione sia sorretta da una motivazione sufficiente e non manifestamente illogica o contraddittoria. Censurare una pena perché ritenuta eccessiva, senza dimostrare un vizio logico-giuridico nella motivazione, equivale a chiedere un nuovo giudizio di fatto, precluso in sede di legittimità.

le motivazioni

La Corte ha ritenuto che i giudici d’appello avessero fornito una motivazione adeguata e logica per la loro decisione. Essi avevano specificamente spiegato perché non ritenessero di concedere la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sull’aggravante contestata. In particolare, avevano evidenziato l’assenza di ragioni idonee a giustificare un giudizio di prevalenza, sottolineando anche come la difesa non avesse fornito allegazioni specifiche a sostegno di tale richiesta. La decisione del giudice di merito, pertanto, non era frutto di arbitrio o di un ragionamento illogico, ma di una valutazione ponderata degli elementi a disposizione.

le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma dei limiti del giudizio di cassazione in materia di trattamento sanzionatorio. Chi intende impugnare una sentenza per motivi legati alla quantificazione della pena o al bilanciamento delle circostanze non può limitarsi a esprimere un dissenso sulla decisione, ma deve individuare e dimostrare un vizio specifico nella motivazione, come la sua manifesta illogicità, contraddittorietà o totale assenza. In mancanza di tali vizi, la discrezionalità del giudice di merito rimane insindacabile, e il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione sulla congruità della pena. Si può contestare la decisione solo se la motivazione del giudice è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente, ovvero se la pena è frutto di un palese arbitrio.

Per quale motivo il ricorso sulle circostanze attenuanti generiche è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era totalmente ripetitivo di argomenti già respinti, non si confrontava criticamente con la motivazione della sentenza d’appello ed era manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva, infatti, adeguatamente motivato le ragioni del mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti.

Cosa significa che la valutazione del giudice sulla pena deve essere aderente ai principi degli artt. 132 e 133 del codice penale?
Significa che il giudice, pur avendo un potere discrezionale, deve basare la sua decisione su parametri legali precisi, quali la gravità del danno o del pericolo causato, l’intensità del dolo o il grado della colpa, i motivi a delinquere e il carattere del reo, fornendo una spiegazione logica e coerente delle sue conclusioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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