Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13092 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13092 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME, nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/07/2023 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME;
udita la Procuratrice generale, NOME COGNOME, la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità di entrambi i ricorsi;
AVV_NOTAIO si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
AVV_NOTAIO COGNOME conclude chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 10/7/2023 la Corte di Assise di appello di Napoli. ha parzialmente riformato la sentenza del 14/3/2019 del GUP del Tribunale in sede che, a seguito di giudizio abbreviato, aveva condannato, tra gli altri, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, per alcuni omicidi aggravati consumati nel contesto della criminalità organizzata dei Quartieri Spagnoli di Napoli.
In particolare, la sentenza in esame ha riformato quoad poenam la condanna del COGNOME per l’omicidio di NOME COGNOME (capo A), commesso a Napoli il 7/1/1999, riducendo la relativa pena a nove anni di reclusione.
Invariata è rimasta la condanna di NOME COGNOME per i delitti sub C e D: omicidio di NOME COGNOME e relative violazioni della disciplina sulle armi, fa commessi a Napoli il 20/9/1999.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, con atti distinti, i difensori degli imputati, AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO per NOME COGNOME, AVV_NOTAIO. NOME COGNOME per NOME COGNOME.
2.1. Ricorso dell’imputato NOME COGNOME
2.1.1. Con il primo motivo – dedotto in termini di violazione di legge e correlato vizio argomentativo – si è censurata la mancanza della prova cardine con riferimento all’omicidio di NOME COGNOME, detto “NOME“, con conseguente violazione dei principi del “favor rei” e “in dubio pro reo”.
La prova cardine in questione è la mancanza di un mandato omicidiario da parte del vertice associativo NOME COGNOME, divenuto a sua volta collaboratore di giustizia, il quale aveva fermamente negato di avere attribuito qualsiasi incarico al COGNOME, anche quello di vedetta, per l’omicidio COGNOME, al contrario di quanto dallo stesso dichiarato per l’omicidio COGNOME. Tuttavia, la Corte territoriale no ha affatto considerato tale prova.
2.1.2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta l’eccessività del trattamento sanzionatorio, non temperato dalle invocate circostanze attenuanti generiche, delle quali invece COGNOME era meritevole per la collaborazione prestata ormai da un quindicennio, per l’ineccepibile condotta in carcere e per il rispetto di tutte le prescrizioni inerenti alla detenzione domiciliare, così da conseguire permessi-premio che derivano da un accurato vaglio di meritevolezza.
2.2. Ricorso dell’imputato NOME COGNOME
2.2.1. Nel primo motivo di impugnazione il ricorrente si duole della esclusione delle circostanze attenuanti generiche, pur ricorrendone i presupposti di legge. In particolare, si contesta la motivazione resa nell’impugnata sentenza, che ha ignorato il cambiamento di vita e la resipiscenza dell’imputato, concretata
dalla confessione e dalla dissociazione dal sodalizio criminoso, valorizzando soltanto la condotta post-delictum e il curriculum criminale del COGNOME.
2.2.2. Il secondo motivo di ricorso deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento nella massima estensione della circostanza di cui all’art. 416 bis.1, comma 3, cod. pen., in considerazione dell’enorme contributo processuale reso dal COGNOME.
La Corte territoriale ha omesso ogni valutazione dell’utilità obiettiva derivante dalle informazioni rese dall’imputato, e non ha illustrato i motivi del ristretto riconoscimento dell’attenuante speciale, che prevede un range operativo tra i dodici ed i venti anni. Soltanto grazie alle propalazioni del COGNOME si son chiariti molti punti oscuri delle vicende delittuose in accertamento, consentendo la piena ricostruzione dei reati per cui è intervenuta condanna.
Il caso in esame è emblematico della necessità di concedere una diminuzione della pena proporzionale al contributo prestato dal collaboratore, altrimenti si vanifica il carattere di attenuante speciale della circostanza questione, assimilandola ad una mera attenuante ordinaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi degli imputati sono infondati, in quanto attengono a profili d apprezzamento discrezionale relativo al riconoscimento di circostanze attenuanti ordinarie e speciali che appartengono integralmente al dominio dei giudici del merito, se trattasi di ragioni congruamente motivate.
1.1. Il ricorrente NOME COGNOME, nel primo motivo, si duole anche del fatto che la Corte territoriale non abbia affrontato il tema della mancanza di un mandato da parte del vertice associativo NOME COGNOME per l’omicidio di NOME COGNOME, alias NOME, e così ripropone un tema esclusivamente imperniato su notazioni di fatto, oltre che esposto in forma generica e rivalutativa, dunque in concreto inammissibile.
Gli elementi che fondano la partecipazione del COGNOME all’omicidio de quo sono illustrati alle pagine 9/11 dell’impugnata sentenza, e si basano sull’autoincolpazione del propalante; peraltro, contrariamente a quanto deduce la difesa, è stata considerata la circostanza che nell’interrogatorio del 27/4/2010, NOME COGNOME aveva escluso un ruolo nell’omicidio del medesimo COGNOME, affermando genericamente che “qualche volta aveva sì custodito per lui delle armi, ma ciò accadeva solo negli anni successivi al 2006”.
Tuttavia, la responsabilità del COGNOME è stata affermata sulla base delle dichiarazioni autoaccusatorie dello stesso collaboratore, confermate dalle informazioni di numerosi altri propalanti, e in particolare di NOME COGNOME del cla
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COGNOME, il quale si trovava affacciato al suo balcone all’atto dell’omicidio ed er stato destinatario della frase del COGNOME, del tenore: “Hai visto se i Fiano sono finiti!”. Del resto, tutti i collaboratori sentiti sul punto hanno concordement affermato che il mandato omicidiario contro NOME fu emesso da NOME COGNOME, sicché il fatto che quest’ultimo abbia limitato il ruolo di armiere COGNOME agli anni successivi al 2006 non esclude che effettivamente il capo avesse dato ordine al medesimo di trattenersi in zona per sorvegliare la presenza delle forze dell’ordine, e dunque gli avesse concretamente affidato un compito nell’esecuzione dell’omicidio, a prescindere da quello di procurare l’arma, per cui lo stesso COGNOME aveva lacuna del ricordo.
Le ragioni della ritenuta affermazione di responsabilità per detto omicidio sono state minuziosamente analizzate e descritte alle pagine 41/45 dell’innpugnata sentenza, alle quali si rinvia anche per verificare la compiuta trattazione del tema della negazione da parte di NOME COGNOME di avere attribuito ogni ruolo al COGNOME nell’omicidio di NOME dei NOME.
Ne consegue l’inammmissibilità di tale doglianza.
1.2. Entrambi i ricorrenti censurano il diniego delle circostanze attenuanti generiche, rivendicandone la meritevolezza in ragione del contributo informativo ormai di lunga data, nonché per la positiva condotta processuale di entrambi, per la resipiscenza, concretata dalla confessione e dalla dissociazione dal sodalizio criminoso. Trattasi di censure infondate.
Per quanto concerne l’imputato COGNOME, la Corte territoriale ha giustificato la negazione delle invocate attenuanti ex art. 62 bis cod. pen. con l’assenza di particolari elementi favorevoli e, anzi, con il carattere ostativo del modalità della condotta, in specie il calcio al cadavere di NOME COGNOME in segno di sfregio.
Per l’imputato COGNOME, il confermato diniego delle attenuanti generiche è stato motivato in termini sufficientemente precisi, mentre le prospettazioni del ricorrente sul punto inducono ad addentrarsi in una non consentita valutazione di merito.
In termini più generali, si deduce violazione di legge nell’esercizio della discrezionalità del giudice nell’applicazione delle attenuanti ex art. 62 bis cod. pen., in considerazione della personalità attuale dei collaboratori, nonché con riguardo ai principi generali di proporzionalità ed adeguatezza della pena e della funzione rieducativa della sanzione penale.
Ebbene, nessuna delle argomentazioni dei ricorsi è in grado di proporre censure di legittimità, risolvendosi anche questo motivo di doglianza in una mera riproposizione di valutazioni già respinte nell’impugnata sentenza con corrette osservazioni in linea con l’esegesi di questa Corte.
L’approdo da ultimo raggiunto sul tema è che le attenuanti generiche e l’attenuante di cui all’art. 8 del D.L. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in Legge 12 luglio 1991 n. 203 (attualmente inserita nella disposizione di cui all’art. 41 bis.1, comma 3, cod. pen.), si fondano su distinti e diversi presupposti, sicché le prime non escludono, ma nemmeno necessariamente implicano, l’applicazione della seconda, poiché l’art 62-bis cod. pen. attribuisce al giudice la facoltà d cogliere, sulla base di numerosi e diversificati dati sintomatici (motivi che hanno determinato il reato, circostanze che lo hanno accompagnato, danno cagionato, condotta tenuta post delictum), gli elementi che possono condurre ad attenuare la pena edittale, mentre l’attenuante di cui all’art. 8 della legge n. 203 del 199 è conseguenza del valido contributo fornito dall’imputato allo sviluppo delle indagini allo scopo di evitare le ulteriori conseguenze della attività delittuo (Sez. 2, n. 27808 del 14/03/2019, COGNOME, Rv. 276111).
Seguendo questa linea di analisi, la Corte territoriale ha evidenziato che la concessione dell’attenuante della dissociazione attuosa si è fondata proprio sul valido contributo probatorio apportato dai collaboratori di giustizia sull’accertato recesso dall’ambiente mafioso di origine. Con separata valutazione è stato affrontato il tema delle circostanze attenuanti generiche, rilevandosi che le ragioni che la difesa aveva valorizzato a tal fine erano coincidenti con quelle già considerate come presupposti per l’attenuante speciale della collaborazione, e che non vi erano ulteriori ragioni valorizzabili in tale direzione. In ogni cas pur a volerle individuare, esse sarebbero state recessive a fronte delle gravissime modalità della condotta e dell’intensità del dolo, che erano ritenute di tale pregnanza da prevalere su qualsivoglia elemento positivo, avallando tale valutazione con congrui riferimenti fattuali. Anche in tal caso si tratta di un apprezza mento di elementi di merito che risulta insindacabile nella presente sede di legittimità, in quanto scevro da errori giuridici e motivato in termini ampiamente rispondenti ai parametri della logica.
1.3. Con particolare riferimento all’imputato COGNOME, l’invocazione della rinnovata personalità del ricorrente e del suo “nuovo modo di vivere” è stata già ritenuta recessiva dalla Corte territoriale al cospetto degli indici di grave allarm delle vicende delittuose in cui questi è stato coinvolto e dell’intensa gradazione del dolo in esse manifestato. Ed in ordine al secondo motivo di impugnazione, alla pagina 37 della sentenza vi è sintetica ma chiara motivazione delle ragioni per cui l’applicazione dell’attenuante speciale della dissociazione attuosa non ha potuto comportare una riduzione di pena più pronunciata, dovendo la sanzione comunque rispecchiare il ruolo, la decisività dell’intervento nell’azione delittuosa e la efferata causale che aveva mosso l’imputato.
In conclusione, entrambi i ricorsi devono essere respinti, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso il giorno 14 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
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