Circostanza Attenuante: Non Basta un Valore Basso per Ottenerla
La concessione di una circostanza attenuante può modificare significativamente l’esito di un processo penale, portando a una riduzione della pena. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come i giudici valutino questi elementi, sottolineando che il solo valore economico del danno non è sufficiente. Il caso in esame riguarda il diniego della circostanza attenuante per danno di speciale tenuità in un processo per rapina impropria.
I Fatti di Causa
Un individuo, condannato in primo e secondo grado per il reato di rapina impropria aggravata, ha presentato ricorso per cassazione tramite il suo difensore. L’unico motivo di ricorso si concentrava su un punto specifico: il mancato riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 del codice penale, relativa all’aver cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità.
La Corte di Appello di Napoli, confermando la sentenza del Tribunale, aveva già respinto tale richiesta. La difesa, invece, insisteva sulla necessità di applicare l’attenuante, ritenendo viziata la motivazione della corte territoriale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo gli Ermellini, la Corte di Appello aveva fornito una motivazione adeguata e corretta nel negare l’applicazione della circostanza attenuante invocata.
La decisione si basa sul principio, consolidato in giurisprudenza, secondo cui la valutazione per la concessione di tale attenuante non può limitarsi al solo valore economico del bene sottratto. È necessaria, invece, una valutazione globale e complessiva della vicenda.
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Le motivazioni: la valutazione globale per la circostanza attenuante
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni che hanno portato al rigetto. La Corte di Cassazione ha stabilito che la Corte di Appello ha agito correttamente, fondando la sua decisione non solo sul valore del bene, definito ‘di certo non modestissimo’, ma anche su una valutazione complessiva della vicenda. Questo approccio globale è in linea con i principi giurisprudenziali dettati dalla stessa Corte di legittimità.
L’attenuante del danno di speciale tenuità non scatta in automatico solo perché il valore della refurtiva è basso. Il giudice deve considerare il contesto dell’azione criminale, le modalità di esecuzione del reato e l’impatto complessivo del fatto. In questo caso, la Corte di Appello ha ritenuto che, analizzando tutti questi aspetti, non sussistessero i presupposti per una riduzione di pena. La Cassazione, richiamando integralmente le motivazioni della sentenza impugnata, ha confermato la correttezza di questo iter logico-giuridico, rendendo il ricorso palesemente infondato.
Conclusioni: Le implicazioni pratiche
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per ottenere il riconoscimento della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità non è sufficiente dimostrare un pregiudizio economico contenuto. È indispensabile che l’intero fatto illecito, nel suo complesso, risulti di minima gravità. Questa pronuncia serve da monito: i ricorsi basati su argomentazioni parziali, che non tengono conto della necessità di una valutazione globale richiesta dalla giurisprudenza costante, sono destinati all’inammissibilità. Inoltre, la decisione evidenzia le conseguenze negative di un ricorso inammissibile, che comporta per il ricorrente non solo la conferma della condanna, ma anche l’onere di ulteriori spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché è stata negata la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità?
La circostanza attenuante è stata negata perché la Corte di Appello ha effettuato una valutazione globale della vicenda, considerando non solo il valore del bene sottratto (ritenuto ‘non modestissimo’), ma l’intero contesto del reato. La Cassazione ha ritenuto questa motivazione adeguata e corretta.
Qual è stato l’esito del ricorso in Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile in quanto ritenuto manifestamente infondato.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nella proposizione di un ricorso inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 51753 Anno 2019
Penale Ord. Sez. 7 Num. 51753 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 03/12/2019
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 27/08/1966
avverso la sentenza del 23/01/2019 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 23 gennaio 2019, confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal Tribunale di Napoli, in data 13 luglio 2015, nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di rapina impropria aggravata consumato in data 11 luglio 2015.
Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo il seguente motivo: vizi di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
Il ricorso è manifestamente infondato e quindi deve essere dichiarato inammissibile.
La Corte di appello ha adeguatamente motivato le ragioni per le quali ha ritenuto di non riconoscere all’imputato l’invocata circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. tenuto conto della valutazione globale della vicenda oltre che del valore di certo non modestissimo del bene sottratto e facendo corretta applicazione dei principi giurisprudenziali dettati in materia da questa Corte di legittimità (richiamati nella sentenza impugnata e da intendersi integralmente richiamati anche in questa sede).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.