Circostanza Attenuante: Quando la Condotta Ostativa Blocca lo Sconto di Pena
L’applicazione di una circostanza attenuante può modificare significativamente l’esito di un processo penale, portando a una riduzione della pena. Tuttavia, il suo riconoscimento non è automatico. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 22454/2024) offre un chiaro esempio di come la valutazione del giudice di merito e la condotta dell’imputato giochino un ruolo cruciale. Il caso in esame riguarda il diniego dell’attenuante della minima partecipazione al fatto illecito, confermando la piena discrezionalità del giudice nel valutare il comportamento del reo.
Il Fatto: il Ricorso contro il Mancato Riconoscimento dell’Attenuante
La vicenda giudiziaria prende le mosse dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Il motivo centrale del ricorso era il mancato riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’articolo 114, primo comma, del codice penale, che riguarda i casi in cui il contributo di una persona al reato commesso in concorso sia stato di minima importanza.
L’appellante sosteneva di aver avuto un ruolo marginale nella commissione del reato, tale da giustificare una riduzione della pena. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto tale richiesta, spingendo la difesa a rivolgersi alla Suprema Corte di Cassazione per ottenere una riforma della decisione.
La Decisione della Corte sulla Circostanza Attenuante
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: la graduazione della pena, inclusa la concessione o il diniego di circostanze aggravanti o attenuanti, rientra nella sfera di discrezionalità del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato in conformità con i principi guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono al giudice di tenere conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del colpevole.
Secondo la Cassazione, il giudice di legittimità (la Cassazione stessa) non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia palesemente illogica, contraddittoria o basata su un’errata interpretazione della legge. In questo caso, i giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse adempiuto al proprio onere argomentativo in modo adeguato e congruo.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nel validare il ragionamento della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva specificato, con argomenti logici e giuridicamente corretti, che la condotta partecipativa tenuta dal ricorrente era di fatto ostativa al riconoscimento della richiesta circostanza attenuante. In altre parole, il contributo dell’imputato al reato non era stato così marginale o irrilevante come sostenuto dalla difesa, ma aveva avuto un peso tale da impedire l’applicazione del beneficio.
La Suprema Corte ha sottolineato come il giudice di merito avesse fatto riferimento a elementi concreti e decisivi emersi nel processo per giustificare la sua scelta. La condotta dell’imputato, quindi, non era compatibile con quella ‘minima importanza’ richiesta dalla norma per l’applicazione dell’attenuante.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma che la battaglia per il riconoscimento di una circostanza attenuante si gioca principalmente nei gradi di merito del giudizio. La discrezionalità del giudice è ampia e, se la sua decisione è supportata da una motivazione logica e coerente con le prove processuali, è molto difficile che possa essere ribaltata in sede di Cassazione. Per la difesa, ciò significa che è fondamentale fornire fin dal primo grado prove concrete e argomentazioni solide per dimostrare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle attenuanti. La sola affermazione di un ruolo marginale non è sufficiente se contrastata da elementi fattuali che dimostrano una partecipazione attiva e non trascurabile al reato.
Può la Corte di Cassazione riesaminare la decisione di un giudice di non concedere una circostanza attenuante?
No, di norma la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito tale decisione. La valutazione sulla concessione delle attenuanti è un potere discrezionale del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e la Cassazione interviene solo se la motivazione è palesemente illogica o giuridicamente errata.
Perché in questo caso è stata negata la circostanza attenuante?
È stata negata perché la Corte d’Appello ha ritenuto che la condotta partecipativa del ricorrente nel reato fosse “ostativa”, ovvero un ostacolo, al riconoscimento dell’attenuante. Il suo contributo non è stato considerato di minima importanza, come richiesto dalla legge.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso specifico è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22454 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22454 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOMECUI 067HPW3) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/09/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME, letta la memoria della difesa, con la quale sono state ribadite le argomentazioni introdotte con il ricorso;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso che contesta il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 114, comma 1, cod. pen.,non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare, pag. 7 della sentenza impugnata ove la corte d’appello, con corretti argomenti logici e giuridici, afferma che la condotta partecipativa tenuta dall’odierno ricorrente risulta essere ostativa al riconoscimento della predetta attenuante);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2024
Il Consigliere Estensore
Il Pr idente