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Circostanza attenuante: il no della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la decisione della Corte d’Appello di non concedere la circostanza attenuante di cui all’art. 114 c.p. La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione delle attenuanti rientra nella discrezionalità del giudice di merito. In questo caso, la condotta partecipativa dell’imputato è stata ritenuta ostativa al riconoscimento del beneficio, con una motivazione considerata logica e corretta.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Circostanza Attenuante: Quando la Condotta Ostativa Blocca lo Sconto di Pena

L’applicazione di una circostanza attenuante può modificare significativamente l’esito di un processo penale, portando a una riduzione della pena. Tuttavia, il suo riconoscimento non è automatico. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 22454/2024) offre un chiaro esempio di come la valutazione del giudice di merito e la condotta dell’imputato giochino un ruolo cruciale. Il caso in esame riguarda il diniego dell’attenuante della minima partecipazione al fatto illecito, confermando la piena discrezionalità del giudice nel valutare il comportamento del reo.

Il Fatto: il Ricorso contro il Mancato Riconoscimento dell’Attenuante

La vicenda giudiziaria prende le mosse dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Il motivo centrale del ricorso era il mancato riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’articolo 114, primo comma, del codice penale, che riguarda i casi in cui il contributo di una persona al reato commesso in concorso sia stato di minima importanza.

L’appellante sosteneva di aver avuto un ruolo marginale nella commissione del reato, tale da giustificare una riduzione della pena. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto tale richiesta, spingendo la difesa a rivolgersi alla Suprema Corte di Cassazione per ottenere una riforma della decisione.

La Decisione della Corte sulla Circostanza Attenuante

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: la graduazione della pena, inclusa la concessione o il diniego di circostanze aggravanti o attenuanti, rientra nella sfera di discrezionalità del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato in conformità con i principi guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono al giudice di tenere conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del colpevole.

Secondo la Cassazione, il giudice di legittimità (la Cassazione stessa) non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia palesemente illogica, contraddittoria o basata su un’errata interpretazione della legge. In questo caso, i giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse adempiuto al proprio onere argomentativo in modo adeguato e congruo.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nel validare il ragionamento della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva specificato, con argomenti logici e giuridicamente corretti, che la condotta partecipativa tenuta dal ricorrente era di fatto ostativa al riconoscimento della richiesta circostanza attenuante. In altre parole, il contributo dell’imputato al reato non era stato così marginale o irrilevante come sostenuto dalla difesa, ma aveva avuto un peso tale da impedire l’applicazione del beneficio.

La Suprema Corte ha sottolineato come il giudice di merito avesse fatto riferimento a elementi concreti e decisivi emersi nel processo per giustificare la sua scelta. La condotta dell’imputato, quindi, non era compatibile con quella ‘minima importanza’ richiesta dalla norma per l’applicazione dell’attenuante.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma che la battaglia per il riconoscimento di una circostanza attenuante si gioca principalmente nei gradi di merito del giudizio. La discrezionalità del giudice è ampia e, se la sua decisione è supportata da una motivazione logica e coerente con le prove processuali, è molto difficile che possa essere ribaltata in sede di Cassazione. Per la difesa, ciò significa che è fondamentale fornire fin dal primo grado prove concrete e argomentazioni solide per dimostrare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle attenuanti. La sola affermazione di un ruolo marginale non è sufficiente se contrastata da elementi fattuali che dimostrano una partecipazione attiva e non trascurabile al reato.

Può la Corte di Cassazione riesaminare la decisione di un giudice di non concedere una circostanza attenuante?
No, di norma la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito tale decisione. La valutazione sulla concessione delle attenuanti è un potere discrezionale del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e la Cassazione interviene solo se la motivazione è palesemente illogica o giuridicamente errata.

Perché in questo caso è stata negata la circostanza attenuante?
È stata negata perché la Corte d’Appello ha ritenuto che la condotta partecipativa del ricorrente nel reato fosse “ostativa”, ovvero un ostacolo, al riconoscimento dell’attenuante. Il suo contributo non è stato considerato di minima importanza, come richiesto dalla legge.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso specifico è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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