Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22551 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22551 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/06/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 11990/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Pollena Trocchia il giorno 29/10/1985 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME – di fiducia
avverso la sentenza in data 28/10/2024 della Corte di Appello di Napoli
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non e stata richiesta dalle parti la trattazione orale del procedimento; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME COGNOME
letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento della sentenza di condanna dell’imputato limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio a seguito della applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 416bis.1, comma 3, cod. pen. con rinvio sul punto ad altra sezione della Corte d’Appello di Napoli.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 28 ottobre 2024 la Corte di Appello di Napoli, per la parte in questa sede di interesse, ha confermato la sentenza del 12 gennaio 2022 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale della stessa città con la quale, all’esito di giudizio abbreviato, era stata affermata la penale responsabilità di NOME COGNOME con riguardo ai reati di cui agli artt. 110, 582, 585, in relazione all’art. 577, e 416-bis.1 cod. pen. ai danni di NOME COGNOME (così riqualificata dal G.i.p. l’originaria imputazione di concorso in tentato omicidio ai danni di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME di cui al capo A della rubrica delle imputazioni), nonchØ di cui agli artt. 61 n. 2, 110, 416-bis.1 cod. pen., 10, 12 e 14 l. 497/74, per avere illegalmente detenuto e portato in luogo pubblico una pistola Beretta (capo B), e 110, 648, 416-bis.1 cod. pen. per avere acquistato o comunque ricevuto la predetta arma (capo C), con conseguente condanna dell’imputato a pena ritenuta di giustizia.
I reati risultano consumati/accertati in data 3 aprile 2015.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputato, deducendo con motivo unico: violazione di legge e vizi di motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed
e), cod. proc. pen. in relazione alla circostanza attenuante di cui al comma 3 dell’art. 416-bis.1 cod. pen.
Lamenta, al riguardo, la difesa del ricorrente il mancato riconoscimento al COGNOME della circostanza attenuante della collaborazione sopra indicata nella sua massima estensione nonostante il contributo reso dall’imputato in ordine ai fatti di cui Ł processo.
Rappresenta sempre la difesa del ricorrente che la motivazione fornita sul punto dai Giudici di merito collide con i principi dettati in materia dalla Corte di legittimità e non tiene conto del fatto che l’imputato collabora con la giustizia da diversi anni e che lo stesso ha ammesso la propria responsabilità in ordine ai fatti in contestazione ed ha indicato i correi.
Il mancato riconoscimento della predetta circostanza attenuante nella sua massima estensione finirebbe, in sostanza, per vanificare l’istituto al quale detta disposizione normativa Ł sottesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł manifestamente infondato.
Occorre, innanzitutto, evidenziare che già il G.i.p. nella propria sentenza (v. pag. 16) ha ritenuto di riconoscere all’imputato la sussistenza della circostanza attenuante di cui all’art. 416bis.1, comma 3, cod. pen. evidenziando «il carattere fondamentale delle dichiarazioni rese» dal COGNOME ai fini della definizione dell’odierno procedimento anche sottolineando come le dichiarazioni stesse «assurgono a pregevole fonte di prova ai fini dell’individuazione degli autori del reato».
Lo stesso Giudice ha quindi ritenuto opportuno, oltre alla concessione delle circostanze attenuanti generiche, di riconoscere all’imputato anche l’invocata circostanza attenuante della collaborazione con la giustizia, tuttavia contenendo la riduzione sanzionatoria nella misura di 1/3 «in ragione della fase incipiente della collaborazione».
La Corte di appello ha confermato la decisione del G.u.p. di non applicare nella sua massima estensione la circostanza attenuante di cui all’art. 416-bis.1, comma 3, cod. pen. adeguatamente spiegando le ragioni per le quali, pur riconoscendo l’utilità della condotta collaborativa, la gravità dei reati contestati all’imputato unita sia al fatto che il COGNOME si Ł determinato alla collaborazione solo molto tempo dopo i fatti e solo a seguito di un attentato perpetrato ai suoi danni, sia al fatto che all’imputato sono state riconosciute anche le circostanze attenuanti generiche, non risulta opportuna una revisione del trattamento sanzionatorio adottato nei confronti dello stesso.
Ritiene il Collegio che nel caso in esame non risultano sussistenti i vizi di motivazione denunciati con il ricorso in esame e ricorda che «La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che Ł inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione» (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142).
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
L’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di rilevare d’ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 609, comma 2, cod. proc. pen., l’estinzione dei reati per prescrizione eventualmente maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza d’appello, ma non eccepita nel grado di merito, nØ rilevata dal quel giudice e neppure dedotta con i motivi di ricorso (v. Sez. U, 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266818).
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 06/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME