Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 29851 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 29851 Anno 2025
Presidente: COGNOME Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1828/2025 CC – 23/05/2025 R.G.N. 11199/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro del 23/12/2024
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di cassazione ha ritenuto fondato il ricorso dell’indagato nella parte relativa alle dichiarazioni dei collaboratori. In particolare, le dichiarazioni del collaboratore COGNOME erano state riconosciute attendibili dal Tribunale di Catanzaro in ragione della ritenuta convergenza del suo narrato con quello del collaboratore COGNOME Ma nel corso del giudizio di riesame era stato anzitutto eccepito come i due compendi dichiarativi non coincidessero su
di un punto tutt’altro che marginale, ossia l’indicazione del numero e dell’identità dei componenti del gruppo di fuoco che eseguì l’omicidio. Questa obiezione – secondo la sentenza rescindente – non aveva trovato specifica confutazione, come invece necessario in ragione della natura indiretta delle conoscenze riportate dai dichiaranti. E priva di effettiva confutazione era rimasta anche l’obiezione difensiva relativa all’identificazione di COGNOME come il “killer” dagli “occhi azzurri” descritto da una delle figlie della vittima, in ragione del fatto che il colore degli occhi dell’indagato sarebbe del tutto incompatibile con quello riferito dalla citata testimone: sul punto, il Tribunale si era ingiustificatamente limitato ad affermare la sostanziale irrilevanza della circostanza.
La Quinta Sezione ha ritenuto rilevanti anche le censure del ricorrente relative all’attitudine delle dichiarazioni di COGNOME a costituire un valido riscontro a quelle di Moscato alla luce dei principi fissati dalla sentenza Aquilina delle Sezioni Unite. In particolare, con riguardo al requisito dell’indipendenza delle chiamate, l’ordinanza impugnata, pur ammettendo sostanzialmente che quelle riportate dal collaboratore COGNOME erano informazioni frutto di un doppio ‘de relato’, ha ritenuto di individuare la fonte primaria in NOME COGNOME e non in NOME COGNOME, in tal modo sostanzialmente aggirando il necessario accertamento sull’individuazione della fonte delle conoscenze e soprattutto sul fatto che questa non si dovesse invece identificare proprio in COGNOME, ossia colui dal quale il Moscato avrebbe mutuato le proprie conoscenze.
Ancora, in merito all’autonomia delle dichiarazioni dello stesso COGNOME, la difesa aveva eccepito nel giudizio di riesame come lo stesso avesse ammesso di essere a conoscenza delle prime dichiarazioni rese da COGNOME, in quanto presenti nel patrimonio probatorio di un processo nel quale era stato parte: nemmeno tali doglianze – secondo la Quinta Sezione erano state effettivamente affrontate dal giudice del riesame nel soppesare l’attendibilità di COGNOME e l’idoneità delle sue dichiarazioni a fungere da riscontro a quelle di Moscato.
NØ poteva supplire alla carenza motivazionale l’evocazione da parte del Tribunale della circolazione in ambito associativo delle informazioni acquisite da COGNOME, in quanto le dichiarazioni del collaboratore di giustizia su circostanze attinenti la vita e le attività del sodalizio criminoso, apprese come componente dello stesso, possono assumere rilievo probatorio purchØ supportate da validi elementi di verifica circa le modalità di acquisizione dell’informazione resa, che consentano di ritenerle effettivamente oggetto di patrimonio conoscitivo comune agli associati; ma questa verifica era stata omessa dal giudice del riesame, che non aveva spiegato per quali ragioni dovesse ritenersi credibile che le circostanze riferite da COGNOME costituivano effettivamente “patrimonio conoscitivo comune”.
2.A seguito dell’annullamento con rinvio, il Tribunale di Catanzaro si Ł nuovamente pronunciato con ordinanza in data 23.12.2024, affermando, innanzitutto, la attendibilità intrinseca soggettiva dei collaboratori sentiti, in quanto soggetti già inseriti in contesti mafiosi operanti nel territorio vibonese.
COGNOME, COGNOME e COGNOME, infatti, hanno reso dichiarazioni – anche di carattere autoaccusatorio – già positivamente valutate in diversi procedimenti penali all’esito del dibattimento, sicchØ possono essere ritenuti collaboratori di accertata attendibilità intrinseca.
Ciò premesso, il collegio ha ritenuto che gli elementi disponibili siano tali da palesare la gravità indiziaria in merito all’ipotesi di partecipazione di COGNOME ad ambiti mafiosi, avuto riguardo alla pluralità e concordanza delle fonti dichiarative e ai riscontri acquisiti: in particolare, la sua intraneità alla cosca COGNOME Ł desumibile dalle risultanze dei procedimenti penali c.d. COGNOME, COGNOME e COGNOME e dalle dichiarazioni dei già citati collaboratori. Di conseguenza, può essere confermato nuovamente il giudizio di gravità indiziaria espresso
dal g.i.p. con riferimento al reato associativo di cui al capo 1) della provvisoria imputazione.
Il tribunale ha ritenuto, invece, che a differente conclusione debba approdarsi in ordine ai residui reati.
Per quanto riguarda l’omicidio di NOME COGNOME in relazione al quale a COGNOME Ł ascritto il ruolo di organizzatore ed esecutore materiale, l’accusa si fonda essenzialmente sulle dichiarazioni rese da COGNOME e COGNOME.
Ma le dichiarazioni di COGNOME – evidenzia il Tribunale – sono prive di adeguati riscontri individualizzanti, giacchØ egli ha riportato circostanze che ha indicato come riferitegli da NOME COGNOME e da NOME COGNOME.
A tali dichiarazioni di COGNOME non possono fare da congruo riscontro le dichiarazioni di COGNOME, il quale ha riferito informazioni sulla base di notizie apprese da NOME COGNOME che a sua volta le ha apprese da una fonte ulteriore. Si tratta di dichiarazioni doppiamente indirette, rispetto alle quali Ł incerta l’individuazione della fonte primaria. Invero, COGNOME, da un lato, ha indicato la fonte di COGNOME sulla base di una propria supposizione, nell’ambito della quale la identificava in NOME COGNOME perchØ in strettissimi rapporti con i Piscopisani e, dall’altro, ha però accennato anche ad una provenienza alternativa della notizia da parte di NOME COGNOME e cioŁ la medesima fonte di COGNOME, che aveva trascorso un periodo di co-detenzione con Pardea.
Trattandosi di dichiarazioni contraddittorie, si deve ritenere l’oggettiva impossibilità di individuare con certezza la fonte primaria delle informazioni di Arena e, pertanto, deve escludersene l’idoneità a costituire riscontro alle dichiarazioni di COGNOME.
Il Tribunale, dunque, annulla l’ordinanza impugnata in riferimento ai capi 2) e 3) dell’imputazione.
Quanto alle esigenze cautelari in relazione al reato di cui al capo 1), i giudici del riesame hanno ritenuto che non fosse ravvisabile un concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato, in quanto l’intraneità del ricorrente nelle dinamiche dell’associazione mafiosa può essere validamente sostenuta fino al periodo 2016-2017, in cui COGNOME Ł stato arrestato.
Dal materiale probatorio disponibile, non emergono elementi da cui trarsi un’indicazione concreta in ordine alla perdurante operatività del ricorrente negli assetti mafiosi del territorio vibonese in tempi piø recenti. Peraltro, risulta documentalmente che, in seguito al lungo periodo detentivo dall’anno 2016, COGNOME Ł stato ammesso all’espiazione della pena in regime di affidamento in prova al servizio sociale e si Ł trasferito a notevole distanza dal territorio di commissione dei fatti, dedicandosi allo svolgimento di attività lavorativa.
Si tratta di elementi, dunque, che – secondo il Tribunale – devono condurre a escludere la pericolosità attuale di D’Ascoli, con la conseguenza dell’annullamento dell’ordinanza anche in relazione al capo 1) dell’imputazione per difetto dell’attualità delle esigenze cautelari.
3.Avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro, ha proposto ricorso il pubblico ministero, articolando tre motivi.
3.1 Con il primo motivo, deduce un difetto assoluto di motivazione in relazione alla chiamata in reità del collaboratore NOME COGNOME.
Le dichiarazioni di COGNOME non sono dichiarazioni ‘de relato’, ma informazioni riconducibili ad un patrimonio cognitivo comune agli esponenti di spicco del clan dei Piscopisani.
La sentenza rescindente aveva domandato al giudice del gravame di accertare le modalità di acquisizione delle informazioni che consentissero di ritenerle oggetto di
patrimonio conoscitivo comune agli associati. Invece, il tribunale del riesame ha omesso qualsiasi considerazione circa la effettiva natura delle informazioni, nonostante la sussistenza di plurimi elementi in grado di confutarne la natura di notizie apprese ‘de relato’.
L’appartenenza al patrimonio conoscitivo comune delle circostanze relative all’omicidio di COGNOME costituisce un fatto notorio, acclarato da molte sentenze che hanno ricostruito l’operatività del clan dei Piscopisani e le molteplici vicende omicidiarie della stessa consorteria, alle quali può ricondursi l’omicidio di COGNOME. COGNOME Ł stato braccio armato e componente di vertice della cosca, e le vicende che lo hanno riguardato sono state già sottoposte a vaglio giurisdizionale nell’ambito di diversi giudizi in cui il collaboratore ha dimostrato una indiscussa credibilità. Da ultimo, la posizione del collaboratore Ł stata giudicata pienamente attendibile anche nel processo ‘RAGIONE_SOCIALE Scott’.
Queste risultanze aiutano a comprendere che COGNOME Ł stato uno dei protagonisti indiscussi dell’ascesa dei COGNOME e dei COGNOME nell’ambito di una strategia espansionistica messa in atto da consorterie alleate in contrapposizione alla cosca COGNOME, che ha fatto registrare uno dei periodi piø cruenti della storia della criminalità organizzata nella provincia di Vibo Valentia. ¨ in questa veste che COGNOME ha appreso i dettagli dell’omicidio di COGNOME, in quanto strumentali alla elaborazione del progetto di conquista criminale del territorio. Si tratta di validi elementi di verifica circa le modalità di acquisizione delle informazioni, che consentono di ritenerle oggetto di patrimonio conoscitivo comune agli associati.
Le chiamate in reità di COGNOME possono trovare autonomi riscontri individualizzanti nelle dichiarazioni di COGNOME, senza che sia possibile ipotizzare una commistione tra le fonti di conoscenza, atteso che COGNOME riferisce i fatti di cui ha avuto cognizione diretta.
Tutti questi elementi non hanno ricevuto alcuna considerazione nell’ordinanza del Tribunale del riesame, ove si allude al problema della circolarità delle conoscenze senza tuttavia verificare l’effettiva natura delle dichiarazioni di COGNOME.
3.2 Con il secondo motivo, il pubblico ministero deduce motivazione contraddittoria in ordine alla circolarità delle fonti di conoscenza di Moscato e di Arena.
Il Tribunale non ha tenuto conto che la fonte di conoscenza di COGNOME Ł identificabile sia in Battaglia che in COGNOME, con i quali nel corso di una riunione tra i vertici del clan avrebbe discusso circa la programmazione e l’esecuzione dell’omicidio di COGNOME. Quindi, la fonte di conoscenza diretta di COGNOME Ł in realtà duplice e si identifica sia in Battaglia che in COGNOME, entrambi ideatori e mandanti dell’omicidio e il primo anche esecutore materiale.
Se Ł così le dichiarazioni di COGNOME sono pienamente idonee a fungere da riscontro individualizzante alla chiamata di COGNOME, anche se la fonte di COGNOME venisse individuata in COGNOME. COGNOME, infatti, ha appreso i dettagli dell’omicidio da COGNOME, il quale li ha appresi da COGNOME autore materiale del delitto; COGNOME le ha apprese sia da COGNOME sia da COGNOME.
Di conseguenza, le chiamate dei due collaboratori rispettano tutti i parametri delineati dalla giurisprudenza di legittimità ai fini del loro riscontro reciproco, ivi inclusa l’autonomia genetica delle chiamate, vale a dire la loro derivazione da fonti di informazioni diverse.
3.3 Il terzo motivo del ricorso del pubblico ministero riguarda le esigenze cautelari e censura che in relazione al reato associativo il collegio abbia operato una valutazione inficiata dalla erronea valutazione del quadro indiziario con riguardo all’omicidio di COGNOME
Di conseguenza, deve essere reinvestito il giudice del merito di un nuovo giudizio cautelare, alla luce di tutte le condotte delittuose effettivamente attribuibili a COGNOME quale partecipe della cosca.
Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, in quanto l’analisi critica, rivolta alla valutazione della gravità indiziaria per i delitti di omicidio e reati connessi sulla base del contenuto del narrato dei collaboratori, manca di ogni riferimento alla posizione di COGNOME con riguardo ai singoli delitti contestati; si tratta, quindi, di una rilettura generale del contenuto delle dichiarazioni che, in parte, coincide con le stesse conclusioni del provvedimento impugnato circa la attendibilità dei collaboratori stessi (sotto il profilo del delitto ex art. 416bis cod. pen.), in parte se ne discosta proponendo una lettura alternativa che, allo stato delle indagini e in relazione alla vicenda cautelare, appare del tutto sovrapponibile a quella del Tribunale del riesame, in assenza di profili indizianti la persona di COGNOME con riguardo ai fatti specifici.
In data 6.5.2025, il difensore di COGNOME ha fatto pervenire una memoria, a cui ha allegato anche stralci di interrogatori di NOME COGNOME e dell’esame dibattimentale di NOME COGNOME nel procedimento n. 11/21 R.G.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł complessivamente infondato per le ragioni che di seguito saranno esposte, non prima di rimarcare che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non anche il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, Sentenza n. 27866 del 17/6/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01; Sez. 2, n. 31553 del 17/5/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01).
Con il primo motivo, il ricorrente si duole che il Tribunale di Catanzaro non abbia considerato le dichiarazioni di COGNOME come riconducibili ad un patrimonio cognitivo comune ai componenti del clan dei Piscopisani.
Tuttavia, Ł da ritenersi che i giudici del riesame si siano correttamente attenuti su tale punto alle indicazioni della sentenza rescindente, la quale aveva evidenziato la necessità di verificare le modalità di acquisizione delle informazioni da parte del collaboratore, che consentissero di ritenerle effettivamente oggetto di patrimonio conoscitivo comune agli associati.
In questo modo, si sollecitava sostanzialmente la eventuale individuazione di elementi tali che la decisione sfavorevole all’indagato potesse conformarsi alla costante giurisprudenza di legittimità, secondo cui le dichiarazioni del collaboratore di giustizia su fatti e circostanze attinenti la vita e le attività del sodalizio criminoso, appresi come componente dello stesso, seppure non sono assimilabili a dichiarazioni “de relato”, possono assumere rilievo probatorio, purchØ supportate da validi elementi di verifica circa le modalità di acquisizione dell’informazione resa, che consentano di ritenerle effettivamente oggetto di patrimonio conoscitivo comune agli associati (Sez. 1, n. 17647del 19/2/2020, COGNOME, Rv. 279185 – 02).
Solo per tale via, infatti, i contenuti informativi provenienti da soggetti intranei ad una associazione a delinquere di tipo mafioso, in quanto espressione dalla circolazione all’interno della consorteria di notizie relative a fatti di interesse comune degli associati, sono utilizzabili in modo diretto e non come mere dichiarazioni “de relato”, soggette alla verifica di
attendibilità della fonte primaria (Sez. 2, n. 48448del 31/10/2023, Genovese, Rv. 285587 03).
Su questo aspetto, il tribunale ha invece ritenuto che sussistesse, di contro, il fondato dubbio – come si vedrà meglio nell’esame del secondo motivo di ricorso – che le informazioni di COGNOME fossero riconducibili alla stessa fonte dell’altro collaboratore COGNOME, le cui dichiarazioni avrebbero dovuto fungere da riscontro.
Il ricorso, per parte sua, non prospetta, in definitiva, alcuna concreta indicazione suscettibile di avallare la conclusione secondo cui l’individuazione degli autori dell’omicidio di COGNOME sia da ascriversi al patrimonio conoscitivo comune e si fonda piuttosto genericamente sulla osservazione che COGNOME fosse elemento di spicco della compagine associativa, per la quale l’omicidio in questione costituiva una rilevante espressione di affermazione criminale sul territorio.
Si tratta, tuttavia, di argomento alquanto indefinito, che deve essere misurato con il sempre valido orientamento di legittimità secondo cui all’inquadramento delle dichiarazioni provenienti da collaboratore di giustizia che abbia militato in un’associazione mafiosa nella categoria delle informazioni che Ł in grado di rendere in quanto riconducibili ad un patrimonio cognitivo comune a tutti gli associati di quel determinato sodalizio (piuttosto che in quella delle ordinarie dichiarazioni “de relato”, con le conseguenti implicazioni in tema di utilizzabilità probatoria) deve provvedersi con estrema cautela, tenendo conto dell’oggetto della notizia diffusa, delle modalità della sua circolazione, della caratura criminale di origine del collaboratore (Sez. 1, n. 19612 del 10/5/2006, COGNOME, Rv. 234097 – 01; cfr. anche Sez. 1, n. 11097 del 26/1/2006, Termini, Rv. 233648 – 01; Sez. 5, n. 24711 del 10/4/2002, Condello, Rv. 222616 – 01).
Se Ł vero che in ogni gruppo si crea un flusso circolare di informazioni che si consolidano nel tempo, arricchendosi man mano di particolari, ciò non di meno la introduzione nell’ambito della prova indiretta di una categoria privilegiata quanto ai riscontri impone la puntualità della verifica della provenienza collettiva della informazione.
Ebbene, nel caso di specie la ricostruzione cui Ł approdato il tribunale circa l’origine della conoscenza di COGNOME Ł, al contrario, suscettibile di avvalorare la affermazione secondo cui nessuna circolarità generale del flusso di notizie fosse rinvenibile nella vicenda dell’omicidio di COGNOME, alla cui diffusione il collaboratore poteva attingere elementi a carico di COGNOME, a maggior ragione se Ł vero che residua il dubbio che la fonte di entrambi i collaboratori sia la medesima.
Il ricorso ambisce a colmare questa lacuna per il tramite di una rilettura alternativa in fatto degli elementi disponibili, in questo modo sollecitando al collegio, però, un non consentito approfondimento di merito.
Il primo motivo, pertanto, Ł infondato e deve essere disatteso.
Con il secondo motivo, il ricorrente si duole dalla contraddittorietà della motivazione in ordine al profilo della circolarità delle fonti di conoscenza dei collaboratori COGNOME e COGNOME
Anche in relazione a questo aspetto, tuttavia, il tribunale si Ł attenuto sostanzialmente alle indicazioni della sentenza rescindente e ha sostenuto con motivazione congrua che non sia superabile il dubbio circa il fatto che la fonte delle informazioni ‘de relato’ di Moscato e Arena sia la medesima, con la conseguenza che le due chiamate in reità non hanno il necessario requisito di autonomia.
I giudici del riesame, infatti, pur muovendo dalla inattendibilità di COGNOME, si arrestano dinanzi al dato che il suo narrato risulti privo di riscontri individualizzanti, rimanendo
ragionevolmente incerta la individuazione della fonte di conoscenza di COGNOME che dovrebbe riscontrare le sue dichiarazioni e che lo stesso COGNOME ha indicato, sia pure alternativamente, in uno dei due informatori di COGNOME.
Il ricorso avversa questa conclusione, opponendo che in realtà COGNOME avrebbe addirittura una conoscenza diretta dell’omicidio di COGNOME per averne appreso i dettagli dagli stessi ideatori ed esecutori (peraltro, prima ancora che avesse luogo), sicchØ la sua chiamata in reità non avrebbe natura ‘de relato’.
Si tratta, evidentemente, di evenienza che non fa venire meno la natura ‘de relato’ delle sue dichiarazioni, perchØ in ogni caso egli ha riferito fatti che gli sono stati a sua volta riferiti da terzi e, pertanto, estranei alla sua sfera di conoscenza diretta.
Per il resto, il ricorso si spende lungamente, sulla base di elementi di fatto, per sostenere la già accertata attendibilità in altri processi del collaboratore COGNOME, che comunque il tribunale del riesame non nega, tanto Ł vero che lo valuta credibile in relazione al reato di cui all’art. 416bis cod. pen., e piø semplicemente considera il suo narrato riguardante l’omicidio di COGNOME sfornito dei riscontri necessari per legge.
Resta, peraltro, anche il fatto, correttamente sottolineato dal procuratore generale d’udienza, che comunque questa complessa valutazione della attendibilità dei collaboratori prescinde nel ricorso, in ultima analisi, da ogni riferimento alla specifica posizione di COGNOME.
In definitiva, il procuratore generale ricorrente sollecita una rilettura alternativa in fatto degli elementi presi in considerazione dalla decisione impugnata, con l’attribuzione alle prove di un significato differente da quello adottato dal giudice di merito, mentre invece, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, si può ritenere che nel caso di specie il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni a base della sua decisione, con motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti che Ł congrua rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv. 215828 – 01).
In particolare, l’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui la chiamata in correità o in reità “de relato”, anche se non asseverata dalla fonte diretta, può avere come unico riscontro, ai fini della prova della responsabilità penale dell’accusato, altra o altre chiamate di analogo tenore, purchØ siano rispettate alcune condizioni, fra le quali, appunto, quella che sussista l’autonomia genetica delle chiamate, vale a dire la loro derivazione da fonti di informazione diverse (Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255143 – 01; piø recentemente Sez. 1, n. 36065 del 3/5/2024, COGNOME, Rv. 286948 – 01; Sez. 1, n. 41238 del 26/6/2019, COGNOME, Rv. 277134 – 01).
Anche il secondo motivo, pertanto, deve essere disatteso.
Quanto, infine, al terzo motivo, Ł da ritenersi che la motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine alle esigenze cautelari sia del tutto adeguata e ragionevole.
Il ricorso non la contrasta specificamente e lamenta piuttosto che la valutazione del quadro cautelare operata dal tribunale non sia condivisibile, ma sulla base di una ricostruzione dei fatti e delle responsabilità dell’indagato per l’omicidio di COGNOME che i giudici del riesame hanno invece ritenuto non assistita da gravità indiziaria.
Dunque, il procuratore generale ricorrente non censura l’apprezzamento che ha condotto il tribunale ad affermare l’assenza di attualità delle esigenze cautelari in relazione al reato associativo per il quale era stata ritenuta la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza,
ma chiede di ‘reinvestire’ il giudice del merito cautelare di una nuova valutazione che tenga conto anche della condotta omicidiaria.
Tuttavia, i due motivi che riguardavano la colpevolezza di COGNOME per l’omicidio di COGNOME sono, come sopra argomentato, da disattendere, sicchØ il terzo motivo, che ne presuppone invece la validità, Ł da considerarsi manifestamente infondato.
Alla luce di quanto fin qui osservato, pertanto, il ricorso Ł complessivamente infondato e deve essere rigettato.
Trattandosi di ricorso proposto dalla parte pubblica, il rigetto non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Così Ł deciso, 23/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME