Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8089 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8089 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN NOME VESUVIANO il 12/03/1991
avverso la sentenza del 15/04/2024 della CORTE di APPELLO di NAPOLI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo emettersi declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa il 15 aprile 2024 la Corte d’Appello di Napoli confermava la sentenza emessa in data 3 luglio 2023 dal Tribunale di Torre Annunziata con la quale l’imputato COGNOME NOME era stato dichiarato colpevole dei reati di rapina pluriaggravata in concorso, porto abusivo di armi e munizioni e ricettazione ascrittigli e condannato alle pene di legge.
Avverso detta sentenza proponeva, con diversi atti, due distinti ricorsi per cassazione l’imputato, per il tramite dei propri difensori, chiedendone l’annullamento.
2.1. Il primo ricorso, a firma avv. NOME COGNOME era articolato in due motivi di doglianza.
2.1.1. Con il primo motivo la difesa deduceva illogicità, contraddittorietà ed erroneità della motivazione nella parte in cui era stata ritenuta la prova della partecipazione dell’imputato alla commissione dei reati in concorso ascrittigli.
Assumeva che la chiamata in correità da parte del coimputato separatamente giudicato COGNOME NOME, ritenuta dai giudici di merito la prova principale a carico del ricorrente, era inidonea a costituire fondamento della statuizione di condanna, considerato che l’COGNOME era un soggetto del tutto inattendibile e che le dichiarazioni rese dal medesimo erano prive del requisito dell’attendibilità intrinseca e di idonei riscontri.
Deduceva, in particolare, che l’COGNOME era già stato ritenuto un soggetto inattendibile con una diversa sentenza avente ad oggetto altra rapina pluriaggravata e che, nel relativo procedimento, i due soggetti che l’COGNOME aveva accusato erano stati entrambi assolti, avendo l’COGNOME, secondo quei giudici, reso dichiarazioni inattendibili e contraddittorie, nonché finalizzate esclusivamente all’ottenimento di benefici processuali, circostanze rispetto alle quali la Corte d’Appello aveva reso una motivazione manifestamente illogica.
Assumeva, inoltre, che i “corposi riscontri esterni” alle dichiarazioni dell’COGNOME, ritenuti dalla Corte territoriale, non erano stati neppure indicati nel corpo della motivazione della sentenza impugnata, e che, in particolare, gli atti posti in essere dal COGNOME a sostegno dei familiari del coimputato separatamente giudicato COGNOME NOME trovavano giustificazione esclusivamente nella solidarietà verso un amico di lunga data, e, ancora, che il contenuto delle conversazioni intercettate non aveva carattere di riscontro oggettivo alle dichiarazioni dell’COGNOME.
Concludeva sul punto la difesa evidenziando che la Corte d’Appello non aveva fatto menzione, nel corpo della motivazione della sentenza impugnata, dell’episodio relativo all’incontro che si sarebbe verificato fra gli autori della rapina, nei momenti immediatamente successivi alla fuga, nell’abitazione del coimputato COGNOME COGNOME, episodio riferito dall’COGNOME e connotato da molteplici aspetti di inverosimiglianza.
2.1.2. Con il secondo motivo la difesa deduceva inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen., in tema di valutazione della chiamata in correità, ancora una volta con riferimento alle dichiarazioni accusatorie rese dall’COGNOME.
2.2. Il secondo ricorso, a firma avv. NOME COGNOME articolava due motivi.
2.2.1. Con il primo motivo la difesa deduceva la mancata assunzione di una prova decisiva, nonché vizio di motivazione sotto i profili della mancanza e della manifesta illogicità, con riferimento alla richiesta di rinnovazione dell”istruttoria dibattimentale, non accolta dalla Corte territoriale e prima ancora dal Tribunale, avente ad oggetto le testimonianze di NOME e NOME, le quali avrebbero dovuto riferire del fatto che nell’ora della rapina il Corvino di trovava in realtà in loro compagnia; evidenziava che la Corte d’Appello – trincerandosi dietro il dato formale, in realtà ad avviso della difesa facilmente superabile, della mancata indicazione delle generalità complete delle due testi – aveva rigettato la richiesta pur ritenendo connotata da logicità la motivazione fornita dall’imputato in relazione al fatto che lo stesso non aveva rassegnato l’alibi nell’immediatezza, bensì soltanto a conclusione del giudizio di primo grado, avendo inteso, il Corvino, salvaguardare con il silenzio la segretezza del rapporto sentimentale intrattenuto con una delle testimoni.
2.2.2. Con il secondo motivo deduceva vizio di motivazione e travisamento della prova con riguardo alla ritenuta responsabilità dell’imputato in relazione ai reati ascrittigli, ripercorrendo nella sostanza le stesse argomentazioni rassegnate con il primo ricorso. In particolare, si richiamano le doglianze concernenti la ritenuta attendibilità intrinseca ed estrinseca dell’COGNOME riguardo a ciascuna delle fasi della rapina rispetto alle quali il compendio delle intercettazioni non fornirebbe un adeguato riscontro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I due motivi di cui al primo ricorso e il secondo motivo di cui al secondo ricorso, che meritano di essere trattati congiuntamente in quanto involgenti le medesime questioni, sia pur sotto i due diversi profili del vizio di motivazione e della violazione di legge, sono inammissibili in quanto manifestamente infondati.
Quanto GLYPH alla GLYPH dedotta GLYPH inattendibilità GLYPH soggettiva GLYPH del GLYPH coimputato, separatamente giudicato, COGNOME, la Corte territoriale ha dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto che non potesse refluire sulla credibilità soggettiva del dichiarante il fatto che lo stesso, in altro procedimento e con
riferimento alle dichiarazioni rese in merito ad altra rapina commessa il 16 luglio 2020, fosse stato da quei giudici ritenuto inattendibile.
Ha osservato, al riguardo, in maniera del tutto congrua, la Corte d’Appello che le due rapine costituivano due episodi completamente diversi fra loro e senza interferenze l’uno con l’altro, che nel procedimento avente ad oggetto la rapina del 16 luglio 2020 l’COGNOME si era mostrato insofferente per la lunga detenzione e aveva cercato di minimizzare il suo ruolo nel delitto, laddove riguardo al fatto qui in trattazione egli era stato giudicato colpevole con una sentenza che era passata in giudicato poco tempo dopo la commissione del delitto, sicché il dichiarante non aveva avuto, nel presente procedimento, alcuna esigenza di tutelare la propria posizione, che non aveva tentato di sminuire, ammettendo perfino di essere stato il fornitore delle armi utilizzate per la rapina.
Ha, inoltre, osservato, la Corte d’Appello, ancora una volta in maniera adeguata, che il racconto dell’COGNOME aveva anche trovato idonei riscontri.
Ha evidenziato, con particolare riferimento all’incontro, riferito dal dichiarante, intervenuto fra il medesimo e altri due correi in data 8 agosto 2020 presso il parcheggio del supermercato RAGIONE_SOCIALE di Pompei e finalizzato all’organizzazione della rapina, che la circostanza affermata dall’COGNOME aveva trovato puntuale riscontro nel fatto che tutti e tre i protagonisti dell’incontro erano stati fermati e sottoposti a controllo dai Carabinieri alle ore 12,50 di quella giornata.
Ancora, la Corte territoriale ha richiamato altra circostanza, riferita dall’COGNOME, relativa al suo rientro da una vacanza con la fidanzata e al fatto che lo stesso, non appena rientrato in sede, aveva noleggiato una vettura Fiat Panda, circostanza che aveva pure trovato riscontro nel fatto che i due, proprio a bordo della Fiat Panda da poco noleggiata, erano stati sottoposti a controllo ad opera dei Carabinieri verso le ore 24,00 dell’8 agosto 2020, poche ore prima della rapina, commessa il giorno successivo intorno alle ore 3.30 del mattino.
La Corte territoriale ha individuato anche un ulteriore riscontro alle dichiarazioni dell’COGNOME, costituito dalle dichiarazioni rese dal teste COGNOME COGNOME, che aveva affermato che la notte della rapina tre uomini avevano bussato alla porta della sua abitazione chiedendogli di essere accompagnati a casa di uno di loro, circostanza che l’COGNOME aveva ricordato nei medesimi termini.
Inoltre, la Corte territoriale ha evidenziato la marginalità delle imprecisioni dedotte dalla difesa rispetto all’univoco quadro dei riscontri esterni. In particolare, come evidenziato dall’Accusa, la sentenza impugnata esamina in più di quattro pagine di motivazione le critiche sollevate dalla difesa circa i presunti aspetti di incongruenza asseritamente emersi dalla deposizione dell’COGNOME, sottolineandone – come già rilevato – la sostanziale irrilevanza sotto il profilo probatorio e, comunque, superandole con argomentazioni puntuali e approfondite, riscontrate da ulteriori risultanze istruttorie (tabulati telefonici, controlli dei carabinieri, arresto in flagranza del COGNOME insieme con il COGNOME, dichiarazioni testimoniali e intercettazioni) e scevre da salti logici o percorsi contraddittori, pertanto, insindacabili in questa sede.
Si afferma in giurisprudenza che il sindacato di legittimità sulla valutazione delle chiamate di correo non consente il controllo sul significato concreto di ciascuna dichiarazione e di ciascun elemento di riscontro, perché un tale esame invaderebbe inevitabilmente la competenza esclusiva del giudice di merito, potendosi solo verificare la coerenza logica delle argomentazioni con le quali sia stata dimostrata la valenza dei vari elementi di prova, in sé stessi e nel loro reciproco collegamento (Sez. 1, n. 36087 del 13/11/2020, COGNOME, Rv. 280058-01).
Parimenti inammissibile, in quanto manifestamente infondato, è il primo motivo del secondo ricorso, avente ad oggetto la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale attraverso l’esame delle testi COGNOME e COGNOME anche al fine di dimostrare la fondatezza dell’alibi dedotto dall’imputato.
La Corte d’Appello, ancora una volta in maniera congrua, ha dato conto delle ragioni per le quali aveva rigettato la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, richiamando, oltre il fatto che l’imputato aveva riferito dell’alibi solo a conclusione dell’istruttoria dibattimentale, avendo taciuto tale evenienza in sede di interrogatorio di garanzia, la circostanza che il COGNOME aveva sempre omesso di indicare le generalità delle due donne, e in particolare, di NOME, alla quale era legato da un rapporto sentimentale, tacendo altresì ogni indicazione utile al reperimento della teste (di tale circostanza ha dato atto anche il Tribunale di Torre Annunziata a pag. 31 della sentenza di primo grado).
Sul punto la Corte d’Appello ha congruamente richiamato anche l’ulteriore elemento, idoneo a smentire il dedotto alibi, costituito dal fatto che l’ultima cella agganciata dal telefono cellulare in uso al Corvino, circa un’ora prima della
rapina, era stata quella di Poggiomarino, paese non lontano dall’abitazione del coimputato COGNOME, sita nel territorio di Boscoreale e luogo di ritrovo dei correi, e ancora, la Corte territoriale la evidenziato il fatto che nel traffico telefonico del cellulare del Corvino era stata riscontrata una pausa proprio in occasione della rapina, in particolare tra le 2.16.17 e le 6.18.19 del 9 agosto 2020.
Come si vede, la motivazione della sentenza impugnata appare completa e immune da vizi di contraddittorietà e manifesta illogicità, avendo la Corte d’Appello congruamente dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto l’COGNOME soggetto attendibile, e avendo, inoltre, altrettanto congruamente, richiamato i plurimi elementi individuati a riscontro delle dichiarazioni accusatorie di costui.
Non pare, infine, inopportuno – ricorrendo nella specie la cosiddetta “doppia conforme” – richiamare, in tema di congruità della motivazione della sentenza di appello, il consolidato orientamento del Giudice di legittimità, condiviso da questo Collegio, secondo il quale, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, ricorre la cd. “doppia conforme” quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (in tal senso, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 01; v. anche, in tema, Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, COGNOME, Rv. 281935 – 01, secondo cui nella motivazione della sentenza il giudice del gravame non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, sicché debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile; il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2024