Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44302 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44302 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 20/11/2024
R.G.N. 32672/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PANNARANO il 23/04/1968
avverso l’ordinanza del 20/08/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale della Libertà di Napoli, con ordinanza in data 20 agosto 2024, respingeva l’istanza di riesame avanzata da NOME NOME avverso il provvedimento del G.I.P. del medesimo tribunale che aveva disposto nei confronti dello stesso la misura cautelare della custodia in carcere, in quanto ritenuto gravemente indiziato di concorso in estorsione aggravata ex art. 416 bis1 cod.pen.. L’COGNOME veniva ritenuto il mandante dell’estorsione effettuata dal correo COGNOME NOME all’indirizzo della ditta COGNOME COGNOME aggiudicataria di opere pubbliche costituite dall’adeguamento dell’impianto sportivo del centro abitato di Pannarano.
2. Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, avv.to NOME COGNOME deducendo, con unico motivo qui riassunto ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. manifesta illogicità e mancanza di motivazione in ordine alle doglianze svolte con la memoria depositata all’udienza del 20 agosto e con la quale si era: contestata l’attendibilità del COGNOME, che aveva ritrattato le prime dichiarazioni accusatorie; segnalata la smentita alle stesse proveniente dal COGNOME; sottolineata l’inverosimigilianza del racconto e l’assenza di qualsiasi riscontro costituito da telefonate, incontri o frequentazioni tra i presunti correi. Mancava inoltre qualsiasi giustificazione del riconoscimento dell’aggravante mafiosa, attesa l’estraneità dell’COGNOME a contesti di criminalità organizzata, non essendovi elementi per affermare l’intraneità dello stesso al clan COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato e deve pertanto essere accolto.
Ed invero, secondo l’interpretazione delle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità in tema di valutazione della chiamata in reità o correità in sede cautelare, le dichiarazioni accusatorie rese dal coindagato o coimputato nel medesimo reato o da persona indagata o imputata in un procedimento connesso o collegato, integrano i gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273, comma primo, cod. proc. pen. – in virtø dell’estensione applicativa dell’art. 192, commi terzo e quarto, ad opera dell’art. 273, comma primo bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 11 L. n. 63 del 2001 soltanto se esse, oltre ad essere intrinsecamente attendibili, risultino corroborate da riscontri estrinseci individualizzanti, tali cioŁ da assumere idoneità dimostrativa in ordine all’attribuzione del fatto-reato al soggetto destinatario di esse, ferma restando la diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato (Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, imp. COGNOME, Rv. 234598 – 01).
Orbene, posto che le dichiarazioni accusatorie del coimputato del medesimo reato per potere fondare il riconoscimento dei gravi indizi di colpevolezza devono essere sorrette da un giudizio di attendibilità intrinseca del dichiarante, nonchØ da riscontri esterni di tipo individualizzante, che secondo la citata pronuncia a Sezioni Unite devono essere tali da assumere idoneità dimostrativa dell’attribuzione del fatto reato, deve ritenersi che, nel caso in esame, il provvedimento del riesame abbia omesso l’individuazione di tali elementi richiamati dall’art. 192 comma terzo cod.proc.pen..
La giurisprudenza di questa Corte su tale tema ha precisato come Ł riscontro esterno di carattere individualizzante quell’elemento che deve aggiungersi ad una chiamata di reità o correità, già valutata intrinsecamente attendibile, per potere raggiungere il rango di prova idonea a dimostrare la colpevolezza dell’imputato in ordine ad un determinato fatto di reato. L’elemento di riscontro, però, non deve da solo fornire prova della responsabilità dell’imputato per quel determinato fatto di reato, quanto provare con certezza un collegamento tra imputato e contestazione che ne dimostri il coinvolgimento e che così escluda la possibilità di affermare la responsabilità sulla base di accuse false e non altrimenti dimostrabili. E’ vero, infatti, che oggetto del riscontro deve essere il rapporto tra imputato e fatto, poichØ la prova deve sempre essere individuata nella dichiarazione di accusa, nella chiamata di correità o reità che, seppur inidonea ex se a dimostrare la responsabilità, richiede una validazione autonoma che non sia di per sØ prova anch’essa. Il riscontro, quindi, pur esterno o individualizzante che si voglia nominare, non Ł prova autonoma e tale non deve essere, bensì elemento che attribuisce valore definitivo ad una prova c.d. “debole” costituita dalla sola chiamata di correità che tanto piø Ł diretta e precisa tanto minori rischi di errore certamente comporta (Sez. 2, n. 18984 del 2017, COGNOME + altri, non massimata).
Si Ł ancora nello stesso senso affermato che i riscontri esterni alla chiamata di correità richiesti dall’art. 192 cod. proc. pen. devono essere individualizzanti, nel senso che devono avere ad oggetto direttamente la persona dell’incolpato e devono possedere idoneità dimostrativa in relazione allo specifico fatto a questi attribuito (Sez. 3, Sentenza n. 3255 del 10/12/2009, dep. 2010, Rv. 245867 – 01); ovvero che ai fini dell’affermazione di responsabilità dell’imputato, il riscontro alla chiamata in correità può dirsi individualizzante quando non consiste semplicemente nell’oggettiva conferma del fatto riferito dal chiamante, ma offre elementi che collegano il fatto stesso alla persona del chiamato, fornendo un preciso contributo dimostrativo dell’attribuzione a quest’ultimo del reato contestato (Sez. 6, n. 45733 del 11/07/2018, Rv. 274151 – 01).
1.1 L’applicazione dei sopra esposti principi al caso in esame comporta l’accoglimento del ricorso poichØ il provvedimento del tribunale del riesame, pur avendo approfondito il tema dell’attendibilità intrinseca del COGNOME autore di accuse nei confronti dell’COGNOME rese in sede di dichiarazioni spontanee non precedute da avvisi, successivamente dallo stesso chiamante in correità anche ritrattate e che si assumono smentite anche dal correo COGNOME, ha omesso di individuare quegli elementi idonei ad essere valutati quali riscontri di tipo individualizzante, tali cioŁ da ricollegare l’indagato COGNOME al fatto reato; ed infatti, come rilevato in ricorso, tali riscontri non possono essere individuati nel contenuto di conversazioni intercettate in carcere tra il chiamante COGNOME ed i familiari posto che nella valutazione delle predette conversazioni lo stesso tribunale del riesame prospetta la loro non completa genuinità essendo noto in quel frangente al COGNOME la sottoposizione ad attività intercettive.
2. Escluso, quindi, che, nel caso in esame, il giudizio di gravità indiziaria possa formularsi sulla base di una chiamata già dotata di elementi di criticità e priva di adeguati riscontri individualizzanti, a differenti conclusioni potrebbe pervenirsi ove, a seguito di una completa rivalutazione, le intercettazioni genericamente evocate nel provvedimento impugnato, fossero ritenute elementi gravemente indiziari autonomi, tali cioŁ da essere dimostrative da sole della possibilità di attribuire il fatto, quanto meno nella presente fase cautelare, all’Abate.
Proprio a tal fine il giudice del rinvio deve procedere alla valutazione di tali acquisizioni captative e verificare se il loro contenuto sia credibile alla luce della stessa affermazione contenuta nel provvedimento impugnato in cui si prospetta la consapevolezza del COGNOME di essere intercettato al momento delle conversazioni in carcere con i suoi familiari.
Alla luce delle predette considerazioni l’impugnata ordinanza deve, pertanto, essere annullata con rinvio al tribunale di Napoli -sezione riesame- per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al tribunale di napoli competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 20/11/2024
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME