Chiamata in correità: quando le accuse del complice e un numero di telefono bastano per la condanna
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del diritto processuale penale: la chiamata in correità, ovvero l’accusa mossa da un complice, se adeguatamente supportata da elementi di riscontro esterni, costituisce una prova piena e sufficiente per affermare la responsabilità penale. Il caso in esame riguardava un reato di acquisto di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, e la decisione finale offre spunti cruciali sulla valutazione della prova nel processo penale moderno.
I Fatti del Processo
La vicenda giudiziaria trae origine dalla condanna di un soggetto per aver acquistato, tramite un intermediario, un quantitativo di stupefacenti destinato alla vendita. La decisione del Tribunale era stata confermata dalla Corte d’Appello, che aveva ritenuto l’imputato colpevole sulla base delle dichiarazioni accusatorie rese proprio dall’intermediario, considerato un coimputato.
Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti:
1. Violazione di legge sulla valutazione della prova: secondo la difesa, le dichiarazioni del complice non erano attendibili perché contraddittorie e, soprattutto, non erano supportate da validi elementi di riscontro. In particolare, si contestava la riconducibilità all’imputato dell’utenza telefonica indicata sul pacco contenente la droga.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: la difesa si doleva del fatto che i giudici di merito non avessero concesso una riduzione di pena.
La Valutazione della Chiamata in Correità da parte della Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici supremi hanno ritenuto che le censure mosse dalla difesa fossero generiche e non si confrontassero realmente con la logica e coerente motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva correttamente applicato i principi giurisprudenziali in materia di chiamata in correità.
Il punto centrale della decisione risiede nella validazione del percorso logico seguito dai giudici di merito. Le dichiarazioni del complice sono state considerate immutate nel loro nucleo fondamentale: il pacco era effettivamente destinato anche all’imputato. Ma la vera forza dell’impianto accusatorio risiedeva negli elementi di riscontro oggettivi.
L’Importanza degli Elementi di Riscontro Oggettivi
Il principale elemento di riscontro era il numero di telefono impresso sul pacco. La Corte d’Appello, con un ragionamento ritenuto ineccepibile dalla Cassazione, è riuscita a ricondurre in modo univoco tale utenza all’imputato attraverso una serie di prove convergenti:
* Le interlocuzioni precedenti: l’analisi delle conversazioni tra l’imputato e il complice prima dell’invio del pacco.
* L’interesse alla ricezione: il fatto che il titolare di quell’utenza si fosse attivamente interessato alla consegna, procedendo persino al tracciamento della spedizione.
* La registrazione in rubrica: il numero era salvato nel cellulare del complice con il nome dell’imputato, associato a un identificativo che indicava uno specifico sistema di comunicazione.
* Il nickname sui social: a quella stessa utenza corrispondeva un nickname su un noto canale di messaggistica utilizzato per la vendita di stupefacenti.
Questi elementi, considerati nel loro insieme, hanno permesso ai giudici di superare ogni ragionevole dubbio, escludendo l’ipotesi, avanzata dalla difesa, che si trattasse di un tentativo del complice di incastrare l’imputato per scaricare su di lui le proprie responsabilità.
Le Motivazioni
La Corte ha stabilito che il ragionamento dei giudici di merito era logico, coerente e privo di vizi. Le dichiarazioni del coimputato non erano isolate, ma trovavano solida conferma in una pluralità di dati oggettivi, esterni e convergenti. L’imputato, nel suo ricorso, aveva omesso di confrontarsi con l’elemento più grave a suo carico: l’indicazione della sua utenza telefonica sul pacco e l’articolata motivazione con cui i giudici avevano collegato quel numero proprio a lui.
Anche riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la Cassazione ha ribadito che si tratta di un potere discrezionale del giudice di merito. Se la decisione è motivata in modo logico e non contraddittorio, come nel caso di specie, non è sindacabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: la colpevolezza può essere provata anche attraverso la chiamata in correità, a condizione che questa non resti una dichiarazione isolata. È indispensabile che sia corroborata da elementi di riscontro esterni, gravi, precisi e concordanti. In un’era digitale, questi riscontri possono provenire, come dimostra il caso, dall’analisi di utenze telefoniche, comunicazioni via chat e attività online, che diventano prove decisive per collegare un individuo a un reato. La decisione conferma che un’attenta e logica interpretazione di questi elementi digitali è fondamentale per raggiungere una giusta sentenza.
La sola dichiarazione di un coimputato è sufficiente per una condanna?
No, secondo la giurisprudenza costante richiamata nella decisione, la dichiarazione di un coimputato (chiamata in correità) non è sufficiente da sola. Deve essere sempre supportata da elementi di riscontro esterni che ne confermino l’attendibilità.
Cosa si intende per ‘elementi di riscontro’ in un processo penale?
Nel caso specifico, sono stati considerati elementi di riscontro oggettivi: il numero di telefono dell’imputato sul pacco, le conversazioni intercorse con il complice, l’interesse manifestato per la spedizione tramite tracciamento, e la registrazione del numero nella rubrica del complice associata a un nickname usato per attività illecite.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché i motivi erano manifestamente infondati, generici e riproponevano censure già esaminate e respinte con motivazione logica dalla Corte d’Appello. Il ricorrente, inoltre, non si è confrontato criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, in particolare con gli elementi di prova a suo carico.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33758 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33758 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LA PLACA NOME NOME NOME MASSAFRA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/11/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello Lecce ha confermato la decisione del Tribunale di Taranto che aveva riconosciuto LA PLACA NOME colpevole del reato di acquisto tramite intermediario di un quantitativo di stupefacente destiNOME allo spaccio e lo aveva condanNOME alla pena di giustizia.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla valutazione della prova di reità, deducendo la violazione dei principi informatori concernenti la chiamata in correità sia con riferimento alla credibilità intrinseca del dichiarante, il quale non aveva reso un racconto lineare e immutato dei fatti, ma aveva reso più versioni tra loro confliggenti, sia in relazione alla veridicità d propalato che all’assenza di elementi di riscontro, essendo incerta la titolarità in capo all’imputato dell’utenza telefonica indicata sul pacco e del tutto irrilevante quanto accertato in un separato processo penale per fatti della stessa specie dai quali il LA PLACA era risultato assolto.
Con una seconda articolazione si duole del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati in quanto generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME), sprovvisti di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio di responsabilità del ricorrente e ripropositívi di censure adeguatamente esaminate dal giudice distrettuale e disattese con giudizio logico non suscettibile di ulteriore sindacato.
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale risulta coerente con le risultanze processuali e con la giurisprudenza di legittimità nella parte in cui la Corte ha inteso utilizzare le dichiarazioni etero accusatorie del COGNOME le quali, per tutto il corso del procedimento erano immutate nell’affermare che il pacco che gli era stato recapitato era in realtà indirizzato anche al LA PLACA. L’elemento di riscontro del numero telefonico impresso sul pacco è stato valorizzato con logico apparato motivazionale atteso che il giudice distrettuale è pervenuto alla riconducibilità dall’utenza al LA PLACA mediante una corretta interpretazione di elementi obiettivi, rappresentati dall’esame del contenuto delle interlocuzioni scambiate tra i due giovani prima dell’inoltro del pacco, dell’interessamento mostrato dal titolare della utenza alla ricezione dello stesso, tanto da procedere al suo tracciamento, tenuto altresì conto che detta utenza era registrata nel cellulare del COGNOME sotto l’ídentificativo dì NOME (ove la NOME indicava il differenziato sistema di comunicazione Kena) e alla stessa corrispondeva un nickname che sul canale Telegram trattava la vendita di
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stupefacente. Con ragionamento altrettanto logico il giudice distrettuale escludeva che tali elementi fortemente indiziari, anche con carattere di autonomia rispetto alla chiamata in correità, potessero costituire frutto di un comportamento decettivo o calunNOMErio ai danni del LA PLACA, ovvero che il COGNOME si fosse precostituito una serie di elementi per riversare su terzi le proprie responsabilità, tenuto conto dello scambio di interlocuzione tra i due amici e dell’esistenza di ulteriori riscontri al fa che l’utenza suddetta appartenesse a soggetto diverso dal COGNOME, che aveva chiamato il LA PLACA in correità.
In ogni caso il ricorrente omette del tutto di confrontarsi con l’elemento gravemente indiziario costituito dalla indicazione della utenza telefonica sul pacco contenente lo stupefacente e con il ragionamento seguito dal giudice distrettuale per ricondurre tale utenza al LA PLACA sulla base dei richiami rinvenuti nel cellulare dello stesso COGNOME.
Le circostanze attenuanti sono state poi escluse con motivazione logica e non contraddittorio nell’esercizio del potere discrezionale riservato ai giudici di merito che lo hanno esercitato in termini non più sindacabili dinanzi al giudice di legittimità.
Evidenziato che all’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, avuto riguardo al palese carattere dilatorio del ricorso e alla palese inammissibilità del ricorso, appare conforme a giustizia stabilire nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore
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