Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12899 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12899 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato a TORINO il 16/10/1965
COGNOME nato a NOME COGNOME il 03/04/1958
avverso la sentenza del 04/07/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
letto i ricorsi presentati nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME letta la memoria trasmessa in data 19/02/2025 dalla difesa del COGNOME, ritenuto
che il primo – articolato – motivo di ricorso del COGNOME, con cui si deduce violazione di legge con riferimento agli artt. 192 e 530 cod. proc. pen. e vizio d motivazione, è formulato in termini non consentiti; che, infatti, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare, come nel caso di specie, l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse al motivazione, fìssati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (cfr., per tut Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 04); è inoltre appena il caso di ribadire, con la costante giurisprudenza di questa Corte, che la regola di giudizio compendiata nella formula “al di là di ogni ragionevole dubbio” rileva in sede di legittimità esclusivamente ove la sua violazione si traduca nella illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza, non avendo la Corte di cassazione alcun potere di autonoma valutazione delle fonti di prova (cfr., Sez. 2, n. 28957 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270108 01; Sez. 4, n. 2132 del 12/01/2021, Maggio, Rv. 280245 – 01); Corte di Cassazione – copia non ufficiale che, nel caso di specie, la censura mira, in realtà, a sollecitare (anche mediante la riproduzione di ampi stralci delle dichiarazioni acquisite nel corso dell’istruttoria dibattimentale) una rivalutazione delle fonti probatorie e un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quel adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio, essendo preclusa alla Corte di cassazione la possibilità dì una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure, in ipotesi, anch’essa logica, dei dat processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio d rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (cfr., tra le tante, Sez.
n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148);
che, ad ogni modo, la sentenza impugnata ha motivato in termini congrui, esaustivi e privi di fratture logiche, sia in merito alla attendibilità soggettiva de Avella (cfr., pag. 7 della sentenza) che sulla attendibilità oggettiva – intrinseca ed estrinseca – delle dichiarazioni rese dei medesimi dichiaranti, di cui ha minutamente affrontato le discrasie segnalate dalla difesa (cfr., ivi, pagg. 7-8) evidenziando i riscontri oggettivi con valenza individualizzante (cfr., ivi, ancora, pagg. 9-10);
che, comunque, va ribadito che anche l’omesso esame di una specifica censura da parte del giudice dell’impugnazione non dà luogo ad un vizio di motivazione rilevante a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. allorché, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente assorbito e disatteso dalle spiegazioni svolte nella motivazione in quanto incompatibile con la struttura e con l’impianto della stessa nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la “ratio decidendi” della sentenza medesima (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 46261 del 18.9.2019 n. 46.261);
che il secondo motivo del ricorso del COGNOME è manifestamente infondato, avendo la Corte d’appello puntualmente motivato circa le ragioni ostative ad un più benevolo giudizio di valenza (cfr., pag. 11 della sentenza); ed è consolidato l’orientamento secondo cui in tema di concorso di circostanze, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra aggravanti ed attenuanti sono censurabili in sede di legittimità soltanto nell’ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e non anche qualora risulti sufficientemente motivata la soluzione dell’equivalenza (cfr., Sez. 5, n. 5589 del 26.9.2013, Sub; Sez. 6, n. 6966 del 25.11.2009, COGNOME; Sez. 1, n. 3223 del 13.1.1994, Palmisano; cfr., anche, Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
rilevato
che il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è reiterativo delle doglianze già sviluppate nel corso del giudizio di primo grado e ribadite nell’atto d’appello cui i giudici di merito hanno, in una lettura congiunte delle due sentenze,
harytio fornito una risposta complessivamente esaustiva in fatto e corretta anche in punto di diritto;
che, difatti, il primo giudice già aveva già operato una analitica e minuziosa valutazione dei profili di attendibilità soggettiva e soggettiva dei due dichiaranti (cfr., pagg. 20-23 della sentenza del Tribunale) e dei relativi riscontri esterni (cfr., pagg. 23-24) con riguardo sia alla posizione di NOME COGNOME (cfr., pagg., ivi 2428) che con riguardo alla posizione dell’COGNOME (cfr., pagg. 28-32); ha evidenziato come la chiamata in correità operata da NOME COGNOME era in primo luogo confortata dall’avere il dichiarante assistito direttamente ad un colloquio tra questi e l’COGNOME e che, pertanto, tale circostanza, unitamente a quelle specificamente esposte con riguardo, in particolare, alle sconfessate modalità della rapina come riferite dal ricorrente, hanno portato ad una ricostruzione immune da profili di manifesta illogicità o di contraddittorietà del percorso motivazionale con atti o elementi acquisiti;
che le SS.UU. “COGNOME” avevano chiarito che i riscontri dei quali necessita la chiamata in correità, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente e, quindi, anche da altre chiamate in correità, purché la conoscenza del fatto da provare sia autonoma e non appresa dalla fonte che occorre riscontrare, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioè riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilità dello stesso all’imputato, mentre non è richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova “autosufficiente” perché, in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correità (cfr., Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744 – 01; conf., Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260607 – 01);
che, d’altra parte, il sindacato di legittimità sulla valutazione delle chiamate di correo non consente il controllo sul significato concreto di ciascuna dichiarazione e di ciascun elemento di riscontro, perché un tale esame invaderebbe inevitabilmente la competenza esclusiva del giudice di merito, potendosi solo verificare la coerenza logica delle argomentazioni con le quali sia stata dimostrata la valenza dei vari elementi di prova, in sé stessi e nel loro reciproco collegamento (cfr., Sez. 1 , n. 36087 del 13/11/2020, COGNOME, Rv. 280058 – 01; conf., Sez. 6, n. 33875 del 12/05/2015, COGNOME, Rv. 264577 – 01);
rilevato, pertanto, che W ricorsi devftessere dichiaratM inammissibiki, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
dichiara inammissibili a’ ricorsi e condanna U” ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 7 marzo 2025.