Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 24282 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 24282 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/05/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da:
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Presidente –
Relatore –
Sent. n. sez. 894/2025 UP – 28/05/2025 R.G.N. 9510/2025
ha pronunciato la seguente sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOMECUI CODICE_FISCALE) nato a PALERMO il 26/05/1963 NOME COGNOMECUI 03FEIMN) nato a PALERMO il 12/06/1951
avverso la sentenza del 30/09/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili;
uditi i difensori delle parti civili costituite, Avv. COGNOME NOME COGNOME per Associazione degli industriali Provincia di Palermo Confindustria Palermo, Associazione antiracket e RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE impresa vittime dell’estorsione e dell’usura e della mafia, Federazione Provinciale del commercio, turismo, servizi, professioni piccole e medie imprese Palermo RAGIONE_SOCIALE, Confesercenti Confederazione italiana imprese e commerciali turistiche e dei servizi provinciali di Palermo e Confcommercio Palermo, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi; Avv. NOME COGNOME per Associazione di volontariato RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
federazione delle associazioni antiracket ed antiusura, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi; udito il difensore di NOME COGNOME, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto lÕaccoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione.
La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 30/09/2024, per quanto qui di interesse, decidendo sul rinvio della Sesta Sezione penale della Corte di cassazione, che aveva annullato parzialmente la sentenza della Corte di appello di Palermo del 12/04/2018, ha dichiarato NOME NOME colpevole del delitto di partecipazione allÕassociazione mafiosa con il ruolo apicale previsto dallÕart. 416bis , comma secondo, cod. pen., rideterminando la pena allo stesso ascritta nella misura di anni diciassette di reclusione ed ha rideterminato la pena nei confronti di NOME COGNOME in relazione al delitto di partecipazione alla associazione mafiosa ai sensi dellÕart. 416bis , commi primo, quarto e sesto, cod. pen. nella misura di anni otto di reclusione.
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, per mezzo dei rispettivi difensori, NOME e NOME COGNOME articolando motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dellÕart. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Ricorsi NOMECOGNOME Ricorso Avv. NOME COGNOME.
3.1. Violazione di legge e di norme processuali, oltre che vizio della motivazione perchŽ manifestamente illogica in relazione agli artt. 192, comma 2 e 3, cod. proc. pen. e 416bis , comma secondo, cod. pen.; la seconda sentenza di appello aveva ritenuto in modo del tutto illogico il ruolo apicale del ricorrente basandosi sulle sole dichiarazioni del collaboratore COGNOME tra lÕaltro giˆ sentito nel primo giudizio di appello, che aveva affermato senza alcun riscontro che il COGNOME rappresentava in caso di sua assenza il suo sostituto al vertice della famiglia del mandamento Resuttana. Nonostante tali affermazioni è mancato qualsiasi riscontro concreto in ordine allÕeffettivo esercizio di tale potere quale soggetto di vertice della consorteria criminale
evocata. Non sono stati disvelati comportamenti concludenti in tal senso, ricorrendo una mera partecipazione al sodalizio, mentre le dichiarazioni dei collaboranti non possono rappresentare la base probatoria esclusiva per ritenere il ruolo apicale dello stesso. La motivazione è da ritenere omessa in mancanza di qualsiasi affermazione in ordine al ruolo effettivamente svolto dal ricorrente nella sua asserita qualitˆ di capo.
3.2. Violazione di legge e di norme processuali, oltre che vizio della motivazione in relazione agli artt. 132 e 133 cod. pen.; la Corte di appello, nel rideterminare la pena, non ha indicato le ragioni poste alla base della scelta di una pena base cos’ distante dal minimo edittale, prescindendo completamente dai parametri, neanche evocati, di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen.
Ricorso Avv. NOME COGNOME.
3.3. Violazione ed erronea applicazione dellÕart. 416bis , comma secondo, cod. pen., nonchŽ vizio della motivazione perchŽ mancante, erronea o contraddittoria in relazione allÕart. 192 cod. proc. pen.; nella sentenza, gravemente lacunosa e manifestamente illogica, manca qualsiasi base probatoria autonoma e certa per poter ritenere il ruolo apicale del ricorrente nellÕassociazione per delinquere di tipo mafioso. La decisione è permeata dalla lettura distorta e travisata delle emergenze processuali, avendo la Corte di appello dedotto la sussistenza di un potere di comando sulla base delle mere dichiarazioni dei collaboratori, in assenza di qualsiasi ulteriore riscontro. Nella prospettazione difensiva, il giudice di rinvio avrebbe dovuto confrontarsi in primo luogo con la sentenza della Corte di appello nella quale era stato escluso il ruolo apicale di NOME COGNOME dove si era sottolineato come nessun collaboratore ad eccezione del COGNOME aveva mai riferito di un ruolo di comando in capo al ricorrente. La prima sentenza di appello aveva riconosciuto certamente una autorevolezza del NOME NOME allÕinterno della associazione per delinquere, ma mai un ruolo di vertice ed apicale, potendo essere al massimo riscontrato un compito di raccordo tra i sodali dellÕAcquasanta e i sodali di Resuttana. Conseguentemente, le dichiarazioni del COGNOME avrebbero dovuto essere valutate con maggiore rigore, quanto alla loro portata e possibile incidenza sulle precedenti conclusioni, atteso che il collaboratore sentito nel secondo giudizio di appello non aveva introdotto elementi ulteriori e caratterizzati da novitˆ. Tra lÕaltro, la convergenza tra le dichiarazioni del COGNOME e del COGNOME è solo
apparente e non sostanziale, manca del tutto la coincidenza temporale e la descrizione di episodi concreti con lo stesso livello di dettaglio. Venivano in tal senso richiamate le dichiarazioni rese e lÕinsanabile contrasto delle stesse quanto alla portata del potere del COGNOME COGNOME (assoluto secondo il COGNOME tanto da poter decidere autonomamente di procedere allÕomicidio del Fontana, solo attuativo e in veste di sostituto per il COGNOME al quale venivano riservate le decisioni più rilevanti e che doveva comunque autorizzare il COGNOME per le azioni violente decisive). Ulteriori incongruenze dovevano poi essere riscontrate quanto al ruolo del NOME NOME quale gestore della cassa del sodalizio e responsabile della contabilitˆ del mandamento di Resuttana e della famiglia dellÕAcquasanta. Le versioni dei due collaboratori, anche su questo punto, non collimano, atteso che il COGNOME richiamava la costante attivitˆ a sostegno dei detenuti posta in essere da NOME NOME, mentre il COGNOME affermava che egli era stato abbandonato e nessuno lo aveva sostenuto dal momento del suo arresto e detenzione in carcere. Infine, la difesa ha sottolineato come del tutto inconferenti, perchŽ de relato e ricevute dal solo COGNOME, si dovessero ritenere le dichiarazioni del terzo collaboratore sentito nel secondo giudizio (COGNOME Domenico). QuestÕultimo si era limitato a riportare quanto allo stesso riferito dal COGNOME, senza alcun elemento concreto a supporto. Gli elementi riportati dalla Corte di appello si dovevano ritenere valutati in violazione dei principi delle Sezioni Unite Ò Aquilina Ó, anche attesa la totale assenza di riscontri esterni.
3.4. Violazione di legge e vizio della motivazione perchŽ manifestamente illogica ed erronea applicazione del disposto di cui allÕart. 132 e 133 cod. pen.; la pena si distacca in modo consistente dalla pena base, per giungere quasi al massimo edittale, senza una adeguata motivazione; ricorre una chiara violazione del principio di proporzionalitˆ della pena, ricorrendo un richiamo del tutto generico alla pericolositˆ sociale del ricorrente, con una valorizzazione generica ed apodittica dei precedenti penali.
4. Ricorso NOME COGNOME (Avv. NOME COGNOME.
4.1. Vizio della motivazione in relazione allÕart. 416bis , comma primo, quarto e sesto, cod. pen.; le conclusioni alle quali è giunta la Corte di appello non sono condivisibili, atteso che il supplemento istruttorio non ha apportato alcun elemento di novitˆ al quadro
indiziario giˆ precedentemente acquisito; le dichiarazioni di COGNOME Vito, COGNOME NOME e COGNOME Domenico sono del tutto inidonee a supportare la tesi accusatoria. La difesa ha osservato che lÕesame dei collaboratori indicati era ben lontana dal costituire elemento indispensabile al fine del decidere e le dichiarazioni acquisite, con specifico riferimento a COGNOME Vito, erano giˆ note perchŽ rese numerose volte nel corso degli anni. La Corte di appello ha ritenuto erroneamente che le dichiarazioni di COGNOME e di COGNOME si possano ritenere convergenti e rilevanti al fine di affermare la responsabilitˆ del ricorrente; tali dichiarazioni non hanno il valore di prova al fine di ritenere la responsabilitˆ del ricorrente per la partecipazione alla associazione oltre ogni ragionevole dubbio, atteso che entrambi avevano escluso che il ricorrente fosse un uomo dÕonore ritualmente affiliato. Gli elementi evidenziati per ritenere effettiva la messa a disposizione dello stesso (accompagnamento abituale dello zio NOME NOME, filtro ed organizzazione degli appuntamenti tra NOME ed altri esponenti mafiosi, presenza continuativa a Mestre dal COGNOME, aver concorso al mantenimento economico dello stesso) non appaiono sufficienti al fine di giungere ad una affermazione di responsabilitˆ, soprattutto ove si tenga conto delle dichiarazioni rese dal COGNOME in ordine al summit al quale lo avrebbe accompagnato il ricorrente. Anche in questa decisione, come in quella di primo grado, ricorreva un recepimento automatico, in assenza di valutazione critica, della prospettazione accusatoria. Le dichiarazioni di COGNOME, unico accusatore di NOME COGNOME sono rimaste del tutto prive di riscontri, come aveva correttamente rilevato la prima sentenza di appello. La mancanza di riscontri alle dichiarazioni del COGNOME avrebbe dovuto condurre la Corte di appello a dichiararne lÕinutilizzabilitˆ.
4.2. Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione agli artt. 416bis , comma primo, quarto e sesto, cod. pen. nonchŽ 192 cod. proc. pen. e 111 Cost. quanto alle dichiarazioni rese per la prima volta dal COGNOME in ordine alla provenienza illecita delle somme di denaro ricevute dallÕimputato NOME COGNOME (provento di estorsione); in precedenza, il COGNOME non aveva mai affermato che tali somme di denaro avessero certa provenienza illecita, mentre era sempre stata richiamata la provenienza dal proprio patrimonio personale di tali somme di denaro; inoltre, il COGNOME aveva più volte affermato che la vicinanza con il NOME COGNOME era da intendersi a fini esclusivamente personali; la disponibilitˆ a favore del COGNOME era un atto
caratterizzato da una scelta personale e non associativa. La difesa ha inoltre contestato le dichiarazioni rese da COGNOME in ordine alla disponibilitˆ di armi da parte del ricorrente, in considerazione della assoluta genericitˆ dello stesso, della mancanza di elementi utili ad identificare il luogo di detenzione e lÕepoca in cui lÕincontro per la consegna delle armi si sarebbe verificato. La genericitˆ delle dichiarazioni è ancor più rilevante se solo si consideri che di tale consegna di armi il COGNOME non aveva alcuna conoscenza. Ricorre nella sostanza un vero e proprio travisamento della prova. La motivazione si doveva ritenere anche omessa in considerazione della assenza di qualsiasi passaggio motivazionale nellÕambito del quale si desse conto di questa profonda difformitˆ tra le fonti probatorie.
4.3. La difesa ha depositato un motivo aggiunto con il quale ha nuovamente argomentato in ordine al vizio della motivazione perchŽ assente in ordine alla affermazione di responsabilitˆ del ricorrente, richiamando ancora una volta le dichiarazioni del COGNOME, evidenziandone la genericitˆ e contraddittorietˆ.
Le parti civili costituite presenti hanno concluso come in epigrafe indicato, chiedendo che i ricorsi vengano rigettati.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili.
I ricorsi sono inammissibili perchŽ proposti con motivi manifestamente infondati e in parte generici.
Il primo motivo del ricorso proposto nellÕinteresse di COGNOME NOME sia dallÕAvv. COGNOME che dallÕAvv. COGNOME nellÕinteresse di NOME, cos’ come il primo e secondo motivo proposti dallÕAvv. COGNOME per NOME Santo, possono essere trattati congiuntamente, attesa la proposizione di censure sostanzialmente sovrapponibili, con le quali è stata evocata la violazione di legge e il vizio della motivazione in tutte le sue forme, in ordine alla affermazione di responsabilitˆ pronunciata nei confronti di NOME ai sensi dellÕart. 416bis , comma secondo, cod. pen. e nei confronti di NOME COGNOME nella sua qualitˆ di partecipe alla
associazione imputata ai sensi dellÕart. 416bis cod. pen. I ricorrenti hanno sostenuto lÕintervenuta violazione da parte del giudice di appello dei principi sanciti dalle Sezioni Unite Ò Aquilina Ó, richiamando ampiamente lÕesito della istruttoria espletata dal giudice di secondo grado a seguito dellÕannullamento con rinvio della Sesta Sezione penale di questa Corte.
2.1. I motivi sono manifestamente infondati.
La Corte di appello, con una motivazione ampia, argomentata e del tutto immune da contraddittorietˆ o illogicitˆ manifesta, che non si presta a censure in questa sede, ha puntualmente adempiuto al giudizio devoluto, rispettando il perimetro delibativo indicato dalla Corte di cassazione, in applicazione dei principi di diritto ripetutamente affermati da questa Corte. In tal senso, si deve considerare che, anche di recente, questa Corte ha richiamato e ribadito i principi affermati dalle Sezioni Unite quanto alle caratteristiche del giudizio valutativo delle dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia, che abbiano posto in essere chiamate in correitˆ, con descrizione specifica del ruolo ricoperto dal chiamato in correitˆ come avvenuto nel caso in esame (cfr., Sez. 2, n. 34126 del 05706/2024, COGNOME, Rv. 286921-01; Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281889-01; Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, COGNOME, Rv. 255145-01).
2.1.1. Si è difatti ribadito che (Sez. 5, n. 40274 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282090-01), quanto alla valutazione della chiamata di correo (Sez. U, n. 1653 del 21/10/1992, dep. 1993, Marino, Rv. 192465-01) deve essere realizzato uno scrutinio in tre fasi, attinenti la prima alla credibilitˆ del dichiarante, la seconda all’attendibilitˆ intrinseca del narrato, la terza all’individuazione dei Òriscontri esterniÓ.
In particolare, quanto alla credibilitˆ del dichiarante, la sentenza Ò NOME Ó mette in luce che il relativo scrutinio va svolto avendo riguardo Òalla sua personalitˆ, alle sue condizioni socio-economiche e familiari, al suo passato, ai rapporti con i chiamati in correitˆ, etc., e alla genesi remota o prossima della sua risoluzione alla confessione e all’accusa dei coautori e compliciÓ.
In linea con lÕimpostazione di fondo delle Sezioni Unite, la giurisprudenza di legittimitˆ ha rimarcato come, nellÕambito della complessiva e unitaria valutazione della chiamata in reitˆ, il giudizio sulla credibilitˆ soggettiva abbia una funzione primaria di determinazione del livello di rigore necessario per il controllo delle
dichiarazioni (Sez. 1, n. 19759 del 17/05/2011, COGNOME, Rv. 25024401).
Il secondo ÒmomentoÓ della valutazione della chiamata di correo attiene, dunque, alla verifica dell’intrinseca attendibilitˆ delle dichiarazioni, verifica, questa dellÕ Òintrinseca consistenza e delle caratteristicheÓ del narrato, che la sentenza Ò Marino Ó proietta nella direzione individuata dallÕesperienza giurisprudenziale, ossia verso lo scrutinio circa la precisione, la coerenza, la costanza, la spontaneitˆ del racconto. Sucessivamente, Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina, Rv. 255145-01, ha affermato che, nella valutazione della chiamata in correitˆ o in reitˆ, il giudice, ancora prima di accertare l’esistenza di riscontri esterni, deve verificare la credibilitˆ soggettiva del dichiarante e lÕattendibilitˆ oggettiva delle sue dichiarazioni, ma tale percorso valutativo non deve muoversi attraverso passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilitˆ soggettiva del dichiarante e lÕattendibilitˆ oggettiva del suo racconto devono essere vagliate unitariamente, non indicando lÕart. 192, comma 3, cod. proc. pen., alcuna specifica tassativa sequenza logico-temporale.
La terza tappa deve condurre, come si è anticipato, all’individuazione dei riscontri, i cui connotati sono stati messi a fuoco giˆ da Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, COGNOME, Rv. 226090-01, secondo cui la chiamata di correo deve essere sorretta da Òconvergenti e individualizzanti riscontri esterni, in relazione al fatto che forma oggetto dell’accusa ed alla specifica condotta criminosa dell’incolpatoÓ. Quanto al caso in esame, è bene ricordare che le Sezioni Unite Ò Aquilina Ó hanno riconosciuto, in primo luogo, la c.d. libertˆ dei riscontri , nel senso che Òquesti, non essendo predeterminati nella specie e nella qualitˆ, possono essere di qualsiasi tipo e natura, ricomprendere non soltanto le prove storiche dirette, ma ogni altro elemento probatorio, anche indiretto, legittimamente acquisito al processo ed idoneo, anche sul piano della mera consequenzialitˆ logica, a corroborare, nell’ambito di una valutazione probatoria unitaria, il mezzo di prova ritenuto ex lege bisognoso di confermaÓ. Fermo restando – hanno puntualizzato le Sezioni Unite Ð che il dato certo, evincibile da una corretta interpretazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. Òè costituito dall’esigenza che i riscontri alle dichiarazioni ivi considerate devono essere caratterizzati dalla necessaria estraneitˆ nel senso di provenienza ab externo – rispetto alle dichiarazioni medesime, s’ da scongiurare una verifica tautologica, autoreferenziale
ed affetta dal vizio della circolaritˆÓ, cos’ confermando un indirizzo giˆ accreditato nella giurisprudenza di legittimitˆ (cfr., Sez. 4, n. 6343 del 31/03/1998, Avila, Rv. 211625-01, secondo cui i riscontri necessari ex art. 192, comma 3, cod. proc. pen. per superare il deficit probatorio intrinseco alla chiamata in correitˆ possono consistere in elementi di qualsivoglia natura , che, pur dovendosi collegare ai fatti riferiti dal chiamante, devono tuttavia essere esterni ad essi, allo scopo di evitare che la verifica sia circolare, tautologica ed autoreferente e cioè che in definitiva la ricerca finisca per usare come sostegno dell’ipotesi probatoria che si trae dalla chiamata, la chiamata stessa e cioè lo stesso dato da riscontrare). Ha rilevato ancora la sentenza Ò AquilinaÓ come non sia necessario che Òil riscontro integri la prova del fatto, giacchŽ, se cos’ fosse, perderebbe la sua funzione “gregaria”, sarebbe da solo sufficiente a sostenere il convincimento del giudice e verrebbe meno la necessitˆ di far leva anche sulla prova principale, ritenuta da sola non sufficienteÓ. In questa prospettiva, Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260607-01, ha sottolineato come non sia richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova ” autosufficiente” perchŽ, in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correitˆ (nello stesso senso, Sez. 4, n. 5821 del 10/12/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 231301-01).
In altri termini, gli altri elementi di riscontro da valutare, ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., unitamente alle dichiarazioni del chiamante, non devono avere necessariamente i requisiti richiesti per gli indizi a norma dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., essendo sufficiente che essi siano precisi nella loro oggettiva consistenza e idonei a confermare, in un apprezzamento unitario, la prova dichiarativa dotata di propria autonomia rispetto a quella indiziaria (Sez. 1, n. 34712 del 02/02/2016, COGNOME, Rv. 267528-01), ossia che siano realmente rafforzativi della chiamata in quanto siano individualizzanti e, quindi, inequivocabilmente idonei ad istituire un collegamento diretto con i fatti per cui si procede e con il soggetto contro il quale si procede (Sez. 5, n. 31442 del 28/06/2006, COGNOME, Rv. 235212-01).
Infine, si deve rilevare che, qualora i riscontri esterni siano costituiti da ulteriori dichiarazioni accusatorie, esse devono convergere in ordine al fatto materiale oggetto della narrazione e, naturalmente, devono avere portata individualizzante, intesa quale riferibilitˆ sia alla
persona dell’incolpato che alle imputazioni a lui ascritte, senza che possa pretendersi la piena sovrapponibilitˆ dei loro rispettivi contenuti narrativi, dovendosi piuttosto privilegiare l’aspetto sostanziale della concordanza sul nucleo centrale e significativo della questione fattuale da decidere (Sez. 6, n. 47108 del 08/10/2019, COGNOME, Rv. 277393-01; Sez. 2, n. 13473 del 04/03/2008, Lucchese, Rv. 23974401).
2.1.2. Quanto al sindacato di legittimitˆ sulla valutazione delle chiamate di correo operata dai giudici di merito, esso – ha precisato la giurisprudenza di questa Corte – non consente il controllo sul significato concreto di ciascuna dichiarazione e di ciascun elemento di riscontro, perchŽ un tale esame invaderebbe inevitabilmente la competenza esclusiva del giudice di merito, potendosi solo verificare la coerenza logica delle argomentazioni con le quali sia stata dimostrata la valenza dei vari elementi di prova, in se stessi e nel loro reciproco collegamento (Sez. 1, n. 36087 del 13/11/2020, COGNOME, Rv. 280058-01; Sez. 6, n. 33875 del 12/05/2015, COGNOME, Rv. 264577-01).
In conclusione, si deve ricordare che, il confine istituzionale tra prerogative del giudice di merito e limiti cognitivi del giudice di legittimitˆ fa si che il sindacato di quest’ultimo investa la razionalitˆ della struttura del discorso giustificativo della decisione, al fine di verificarne la coerenza argomentativa e l’ancoraggio alle risultanze del quadro probatorio nel rispetto delle regole della logica e delle massime di comune esperienza e dei principi che presidiano la chiamata in correitˆ e la sua valutazione (Sez. 1, n. 9148 del 21/06/1999, Riina, Rv. 214014-01).
2.1.3. La Corte di appello non solo ha specificamente richiamato i principi appena enunciati, ma li ha anche correttamente applicati, analizzando secondo le indicazioni della sentenza rescindente, gli elementi a carico dei ricorrenti, cos’ giungendo ad una motivata affermazione di responsabilitˆ che si presenta coerente e logica, con piena dimostrazione della portata e della valenza dei vari elementi di prova a carico dei ricorrenti.
2.2. Quanto al NOME COGNOME la Corte di appello, tenuto conto dei plurimi elementi emersi in giudizio e della convergenza del dichiarato dei collaboranti, ha correttamente applicato il principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale nel reato di associazione per delinquere “capo” è non solo il vertice dell’organizzazione, quando questo esista, ma anche colui che abbia
incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale e nel suo esplicarsi quotidiano in relazione ai propositi delinquenziali realizzati (Sez. 2, n. 7839 del 12/02/2021, Serio, Rv. 280890-01).
2.2.1. La Corte di appello ha difatti analizzato e considerato le dichiarazioni dei collaboranti, le ha compiutamente ritenute coerenti tra loro nel descrivere, in relazione ad una pluralitˆ di situazioni concrete (con le quali il ricorrente non si confronta effettivamente), il ruolo del NOME VincenzoCOGNOME la sua primazia nella associazione, la riconosciuta posizione quale punto di riferimento in assenza del COGNOME, la diretta riferibilitˆ allo stesso di una serie di poteri decisionali rilevanti, decisivi e risolutivi quanto allÕandamento della consorteria criminale indagata.
In tal senso, è stato articolato un giudizio logico, pienamente riscontrabile, ed approfondito: – nel considerare la attendibilitˆ del COGNOME (pag. 33); – nellÕenucleare le ragioni e motivazioni che portavano il COGNOME alla collaborazione (pag. 35), senza che tali elementi ne abbiano condizionato la credibilitˆ; – nel fare emergere il ruolo del NOME NOME, riconosciuto senza alcun dubbio come uomo della vecchia mafia, espressione dei c.d. valori fondanti della consorteria criminale, che aveva ricevuto diretta investitura dal COGNOME (pag. 37 e 39 e seg. con specifico riferimento alla investitura dello stesso ed allo strettissimo rapporto con il capo COGNOME); – nel ricostruire gli interessi comuni, il perseguimento di finalitˆ condivise (pag. 42 e seg. quanto alla gestione della cassa provento delle estorsioni, del traffico di stupefacenti, anche per sostenere i componenti della associazione per delinquere reclusi in carcere e le loro famiglie, con richiamo a specifiche situazioni con carattere individualizzante quanto alle attivitˆ di gestione e risoluzione di problemi organizzativi della consorteria criminale, a mero titolo esemplificativo, quanto alla fabbrica chimica della Arenella, alle attivitˆ di costruzione ed attivitˆ edilizie varie in INDIRIZZO, alla gestione e procacciamento delle sostanze stupefacenti da immettere nel mercato grazie alle indicazioni ed al confronto con DÕAmbrogio NOME).
2.2.2. La Corte di appello ha anche ricostruito, sulla base delle ulteriori dichiarazioni acquisite (precisando anche la portata e rilevanza delle dichiarazione del Mamm’, seppure de relato , perchŽ provenienti da fonte qualificata), il modus operandi del ricorrente proprio sulla base del riconosciuto ruolo di sottocapo del COGNOME (sin dalla sua
investitura come capo del mandamento Resuttana), le cautele ed accortezze a titolo precauzionale adottate per non essere captato mediante lÕutilizzo di apparecchi cellulari usa e getta, la piena gestione da parte dello stesso della contabilitˆ nellÕinteresse della famiglia COGNOME, lÕincarico dato espressamente al COGNOME perchŽ raggiungesse il Galatolo a Mestre, lÕemblematica vicenda della assegnazione del panificio di INDIRIZZO, i costanti contatti con altri capi mandamento (DÕAmbrogio NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME), la gestione di ambiti di diretto interesse della consorteria criminale indagata (estorsioni, stupefacenti, gambling on line ) e la concessione di autorizzazioni per altri affiliati al fine di ÒcamminareÓ ufficialmente nelle zone di Partanna Mondello e NOME COGNOME (COGNOME NOME e COGNOME NOME). Le circostanze riferite sia dal COGNOME che dal COGNOME (attesa la sua oggettiva e non contestata vicinanza con il ricorrente; il COGNOME ha riportato anche elementi ulteriori per connotare il ruolo del COGNOME NOME, nella specifica ricostruzione del giudice di appello, con particolare riferimento anche ai contrasti insorti con COGNOME Benedetto, ma soprattutto descrivendo lÕautorevolezza e diretto collegamento del COGNOME con la famiglia COGNOME, con conferimento di una amplissima fascia di poteri gestionali valorizzati a pag. 46 e seg. della motivazione) sono, dunque, state ritenute risolutive e rilevanti al fine di giungere ad affermare la responsabilitˆ del ricorrente, in modo articolato e puntuale, nel pieno rispetto degli approdi ermeneutici delle Sezioni Unite Ò Aquilina Ó, mentre in concreto le difese, anche quanto alla portata delle dichiarazioni del COGNOME (che aveva conoscenza di episodi specifici ed estremamente significativi, pag. 51 e seg., danneggiamento in danno di una frutteria che non voleva pagare, estorsioni ai danni del Bar Golden e del Bar Rimedio) si sono limitate ad una critica a carattere parcellizzato ed innocentista al fine di introdurre una lettura alternativa del merito, non consentita in questa sede, quanto alla articolata e approfondita valutazione della Corte di appello.
Non ricorre, dunque, nŽ il lamentato vizio motivazione, nŽ tanto meno la violazione dei parametri normativi evocati.
2.3. Considerazioni sostanzialmente analoghe devono essere spese anche quanto alla posizione del COGNOME COGNOME che con la decisione impugnata, è stato ritenuto partecipe della consorteria criminale indagata, con motivazione approfondita, logicamente articolata, che non si presta a censure in questa sede.
La Corte di appello ha richiamato e valutato approfonditamente lÕesito della istruttoria dibattimentale nel suo complesso, collocando in tale ambito ricostruttivo il portato delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, del tutto sovrapponibile, quanto al ruolo del ricorrente e al suo chiaro coinvolgimento, anche quanto alla disponibilitˆ di armi, nellÕinteresse della associazione.
2.3.1. In tal senso, si deve osservare come la Corte di appello abbia puntualmente richiamato le considerazioni del G.u.p. in primo grado, i numerosi elementi di prova a carico del ricorrente (collegamenti con soggetti di riconosciuto spessore criminale, supporto costante alla attivitˆ di NOME Vincenzo, contenuto delle numerosissime captazioni, attivitˆ di osservazione e controllo che lo vedevano costantemente in contatto con altri associati, il chiaro svolgimento di attivitˆ nellÕinteresse del COGNOME e dello zio NOME, pagg. 57 e seg., il ruolo di accompagnatore ad incontri con altri personaggi mafiosi, lÕessere oggettivamente e continuativamente a disposizione, su incarico del NOME NOME, per le esigenze del COGNOME – tanto che si era recato ripetutamente dallo stesso, lo aveva supportato in ogni sua esigenza anche con corresponsione di denaro provento di attivitˆ illecita, pag. 74 e seg. – lÕavere reso disponibili armi per il raggiungimento di obiettivi di rilevanza notevole per la consorteria criminale indagata).
2.3.2. Nel valutare la posizione del ricorrente, la Corte di appello ha specificamente considerato la portata delle dichiarazioni del COGNOME, la credibilitˆ dello stesso quanto alla chiamata in correitˆ, il diretto riscontro rappresentato dalle plurime captazioni (pag. 83 e seg. mai citate dalla difesa), con una considerazione ampia ed approfondita quanto al coinvolgimento del ricorrente in interazione con soggetti di spessore criminale di stampo mafioso elevato, a dimostrazione della sua condotta partecipativa. Con motivazione del tutto immune da illogicitˆ è stata, dunque, ritenuta provata la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, che – come di recente ribadito da questa Corte nel suo massimo consesso, in continuitˆ con la linea interpretativa tracciata dalle Sezioni Unite Ò COGNOME Ó (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Rv. 231670-01, che, in motivazione, ha osservato come la partecipazione possa essere desunta da indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalitˆ di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi la appartenenza nel senso indicato) -si
caratterizza per lo stabile inserimento dellÕagente nella struttura organizzativa dellÕassociazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua Òmessa a disposizioneÓ in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (cfr., da ultimo, Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889-01). Il giudice di secondo grado ha, quindi, ricostruito, anche tenuto conto delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, lÕesistenza di unÕattivazione fattiva a favore della consorteria, una dinamicitˆ, concretezza e riconoscibilitˆ della condotta che si sostanzia nel Òprendere parteÓ. La Corte di appello, nel descrivere analiticamente la fattiva attivazione del COGNOME COGNOME, ha correttamente applicato il principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale, qualora non sia stata acquisita la dimostrazione dellÕinserimento formale del singolo all’interno della cosca, la prova della partecipazione pu˜ essere ricavata dal compimento di una o più attivitˆ significative nellÕinteresse dell’associazione mafiosa (Sez. 2, n. 56088 del 12/10/2017, NOME, Rv. 271698-01), come chiaramente riscontrato nel caso di specie, con valutazione del tutto priva di aporie. Non coglie, in conclusione, nel segno neanche la argomentazione difensiva, articolata in modo generico e senza effettivo confronto con la motivazione e gli approdi ermeneutici appena richiamati, secondo la quale la mancata affiliazione del NOME COGNOME sarebbe da ritenere elemento decisivo e risolutivo al fine di escludere la sua partecipazione alla consorteria criminale indagata.
2.3.3. Invero, la Corte di appello ha ricostruito, con analisi approfondita e chiara, il ruolo del ricorrente, il legame dello stesso con altri soggetti consapevoli dellÕorganigramma della associazione e delle attivitˆ alla cui realizzazione la associazione era deputata (mediante collaborazione in diverse attivitˆ illecite insieme al fratello NOME per accrescere lÕaffermazione della Famiglia dellÕAcquasanta, eseguendo le direttive del COGNOME e di COGNOME NOME e COGNOME NOME per la gestione ed introduzione del gambling on line nel territorio di riferimento, i numerosissimi colloqui telefonici captati anche con il COGNOME NOME, lÕattivitˆ di intermediazione svolta in favore degli altri sodali cos’ come giˆ ricostruiti anche dalla sentenza di primo grado e condivisi dalla Corte di appello, la disponibilitˆ delle armi per il mandamento Resuttana, con consegna al COGNOME per risolvere la tensione che si era creata tra il COGNOME NOME e COGNOME Benedetto, la raccolta di denaro da consegnare al COGNOME con la collaborazione e
lÕapporto di altri sodali anche in posizione di vertice, il ruolo di accompagnatore dello zio NOME NOME, il timore per i controlli di polizia, i contatti con personaggi di rilievo nella consorteria criminale, a mero titolo esemplificativo COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME Santo, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, come riscontrato da numerosissime captazioni e servizi di osservazione e controllo, pag. 77 e seg.) le concrete attivitˆ tutte finalizzate ad accrescere le potenzialitˆ operative e la capacitˆ di espansione del sodalizio nel tessuto sociale salvaguardandone in particolare i vertici mediante concreto supporto operativo (cfr., Sez. 5, n. 27672 del 03/06/2019, Geraci, Rv. 276897-01; Sez. 2, n. 27394 del 10/05/2017, Pontari, Rv. 271169-01, nonchŽ Sez. 2, n. 56088 del 12/10/2017, COGNOME, Rv. 271698-01, che, in motivazione, ha aggiunto, che qualora non sia stata acquisita la dimostrazione dellÕinserimento formale del singolo all’interno della cosca, la prova della partecipazione pu˜ essere ricavata dal compimento di una o più attivitˆ significative nellÕinteresse dell’associazione mafiosa). In tal senso, sono apparse al giudice di appello significative le specificazioni fornite dal COGNOME e le nuove dichiarazioni del COGNOME, chiare, univoche e convergenti tra loro nellÕintegrare il consistente quadro probatorio a carico del ricorrente. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia anche in questo caso sono state ampiamente valutate nella portata secondo i canoni delle Sezioni Unite Ò NOME Ó, con una motivazione del tutto priva di aporie, con la quale la difesa non si confronta effettivamente, riportandosi in modo parcellizzato alle acquisizioni probatorie, limitandosi a fornirne una diversa lettura non consentita in questa sede. Ne consegue lÕinammissibilitˆ della doglianza cos’ proposta, anche nel secondo motivo di ricorso, che, concentrandosi su elementi marginali, comunque ampiamente valutati nellÕinsieme dalla Corte di appello, di fatto critica la persuasivitˆ, lÕinadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualitˆ, la stessa illogicitˆ quando non manifesta, cos’ come appaiono inammissibili le considerazioni difensive che nella specie sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilitˆ, della credibilitˆ, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento, rappresentando tutto ci˜ una non ammissibile interferenza con la valutazione del fatto riservata al giudice del merito (cfr., Sez. 2,
n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747-01; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965-01).
Il secondo motivo di ricorso dellÕAvv. COGNOME e il secondo motivo di ricorso dellÕAvv. COGNOME possono essere trattati congiuntamente, attesa lÕoggettiva sovrapponibilitˆ della doglianza proposta.
I motivi sono generici ed aspecifici omettendo di confrontarsi con il decisum della Corte di appello, che ha specificamente motivato in ordine al discostamento dal minimo edittale, evocando puntualmente i parametri di cui allÕart. 133 cod. pen., declinandoli in modo argomentato in relazione al caso di specie in mancanza di qualsiasi manifesta illogicitˆ o irragionevolezza (v. pag. 54 della motivazione dove si è valorizzata la elevatissima pericolositˆ sociale dellÕimputato, la sua ultra trentennale militanza organica nella associazione di stampo mafioso oggetto di indagine, con condanne giˆ intervenute nellÕanno 1993 per condotte associative, seguite da altre rilevanti condanne nel 2011 e lunghissimi periodi di carcerazione che non ostavano alla sua costante ed immediata ripresa di contatti con i sodali una volta scarcerato, oltre che la costante violazione delle misure di prevenzione allo stesso imposte, con costante controllo del territorio di riferimento, anche incentivando lÕattivitˆ di estorsione nei confronti dei soggetti imprenditori riottosi come chiaramente evidenziato, con richiamo a casi specifici, dalle dichiarazioni del COGNOME).
Con tale motivazione il ricorrente non si confronta affatto, incorrendo cos’ nel vizio di genericitˆ ed aspecificitˆ del motivo proposto. La mancanza di specificitˆ del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericitˆ, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificitˆ, conducente, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilitˆ (cfr., Sez. 4, n. 256 del 18/09/1997, dep. 1998, COGNOME, Rv. 210157-02; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945-01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568-01; Sez. 2, n. 11951 del 20/01/2014, COGNOME, Rv. 259435-01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 -01).
Il motivo aggiunto presentato nellÕinteresse di NOME COGNOME è inammissibile. In tal senso, occorre considerare che questa Corte ha affermato, con principio che qui si intende ribadire, che l’inammissibilitˆ dei motivi originari del ricorso per cassazione non pu˜ essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radicale che inficia i motivi originari per l’imprescindibile vincolo di connessione esistente tra gli stessi, considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione (cfr., Sez. 6, n. 9837 del 21/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275158-01; Sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277850-01; Sez. 3, n. 43917 del 14/10/2021, G., Rv. 282218-01; Sez. 2, n. 641 del 27/10/2022, dep. 2023, COGNOME, non mass.).
I ricorsi devono essere in conclusione essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende ai sensi dellÕart. 616 cod. proc. pen.
I ricorrenti devono essere, inoltre, essere condannati, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili Federazione Provinciale del commercio, del turismo, dei servizi, delle professioni e delle piccole e medie imprese di Palermo RAGIONE_SOCIALE Palermo, Confesercenti Confederazione Italiana Imprese commerciali, turistiche e dei sevizi Ð Provinciale di Palermo, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE/RAGIONE_SOCIALE, che si liquidano in complessivi euro 4.792,00, oltre accessori di legge per ciascuna. Il solo NOME COGNOME deve essere infine condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili Comitato Addio Pizzo e RAGIONE_SOCIALE ed antiusura, che si liquidano in complessivi euro 3.686,00 oltre accessori di legge per ciascuna.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Condanna inoltre gli imputati, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili Federazione Provinciale del commercio, del turismo, dei servizi, delle professioni e delle piccole e medie imprese di Palermo RAGIONE_SOCIALE Palermo, Confesercenti Confederazione Italiana Imprese commerciali, turistiche e dei sevizi Ð Provinciale di Palermo, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE legalitˆ- RAGIONE_SOCIALE, che liquida in complessivi euro 4.792,00, oltre accessori di legge per ciascuna.
Condanna, inoltre, il solo NOME COGNOME alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili Comitato COGNOME e RAGIONE_SOCIALE delle associazioni antiracket ed antiusura, che liquida in complessivi euro 3.686,00 oltre accessori di legge per ciascuna.
Cos’ deciso il 28/05/2025.
La Cons. Est. NOME COGNOME Turtur
Il Presidente NOME COGNOME