Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 19115 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19115 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
SENTENZA
21/i2/2 3
dalla Corte di appello di Caltanissetta; NOME avverso la sentenza emessa il
sui ricorsi proposti da
1.COGNOME NOMECOGNOME nato a Enna il 23/08/1962;
COGNOME NOMECOGNOME nato a Enna il 22/07/1962;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili; udito l’Avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di COGNOME NOMECOGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso; udito l’Avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di COGNOME COGNOME che ha conclus insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Caltanissetta ha sostanzialmente confermato, quanto al giudizio di responsabilità, la sentenza con cui COGNOME NOME e COGNOME NOME sono stati condannati per i reati di peculato (Capi C- D), di induzione indebita a dare promettere denaro o altra utilità (capo H), di snnaltinnento illegale di ingenti quantit di amianto e materiali ferrosi (Capo A) – art. 260 d. Ivo. 2 aprile 2006, n. 152).
I fatti oggetto del processo riguardano il bando di gara, pubblicato il 3.7.201 dall’Assessorato della Regione Sicilia della energia dei servizi di pubblica utilità, rel alla messa in sicurezza di un sito minerario disnnesso di Pasquasia.
Le contestazioni sono strutturate facendo riferimento ad un dato fattuale, costituit dall’assegnazione alla ditta RAGIONE_SOCIALE, riconducibile a COGNOME NOME, dell’appalto di cui si è detto.
Le condotte sarebbero state divise in condotte illecite commesse prima – cioè dal febbraio all’ottobre 2013 (fatti di peculato di cui al capo c) – e quelle commesse dop l’assegnazione (fatti di peculato di cui al capo D).
Quanto alle prime, agli imputati è contestato di avere sottratto, in concorso con COGNOME Marco, ingenti quantitativi di metalli ed altri materiale dal sito; detto materiale sar stato poi rivenduto da COGNOME – grazie alla intermediazione di tale COGNOME– alla soci RAGIONE_SOCIALE
Per l’assolvimento di tale attività Vicari avrebbe remunerato gli imputati con la ci di 80.500 euro e con un’ autovettura (capi A)- art. 260 d. I.vo n. 152 del 2006 – C – art. 314 cod. pen.).
Quanto alle condotte successive alla avvenuta consegna del sito alla società RAGIONE_SOCIALE– il 28.10.2013- di COGNOME, l’assunto accusatorio sarebbe costituito dall’avere imputati “incoraggiato” COGNOME ad affidare a Vicari, cioè alla società RAGIONE_SOCIALE, l’atti di smaltimento dei rifiuti ancora presenti sul sito, e ciò al fine di continuare quell’a di depredamento, di cui si è detto.
Da ciò deriverebbe la responsabilità per la seconda parte della imputazione di cui al capo A) (dalla metà del 2013 fino al 26.3.2014), per il peculato di cui al capo B) (da dicembre del 2013 al 25.3.2014) e per il capo H) ( art. 319 quater cod. pen.)
Quanto a quest’ultimo capo, in particolare, COGNOME, abusando della qualità di pubblico ufficiale appartenente al corpo forestale della Regione Sicilia, avvalendosi de sottoposto COGNOME, avrebbe indotto COGNOME COGNOME ad affidare a NOME COGNOME titolare della Mavicar, lavori di rimozioni dei rifiuti ferrosi.
Dunque, uno smaltimento illegale dei rifiuti presenti sul sito (capo A), plurim condotte di peculato dei minerali esistenti sul sito (capi C- D), la induzione indebit dare o promettere denaro o altra utilità di cui al capo H).
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità.
Si premette, quanto alle condotte commesse prima dell’assegnazione alla società RAGIONE_SOCIALE dell’appalto di cui si è detto – quelle commesse dal febbraio all’ottobre 2013 che la fonte di prova, posta a fondamento del giudizio di colpevolezza, sarebbe costituita dalle dichiarazioni del correo COGNOME atteso che quasi tutte le risultanze de
intercettazioni sarebbero invece riferibili al periodo successivo; quanto, invece, a condotte poste in essere dopo l’avvenuta consegna del sito alla società lEemmeavvenuta il 28.10.2013 – la piattaforma probatoria sarebbe invece costituita quasi esclusivamente da intercettazioni.
Delimitato il campo e il quadro generale della impostazione accusatoria recepita dai Giudici di merito, sostiene il ricorrente che, quanto al primo segmento temporale, la Corte non avrebbe fatto corretta applicazione dei criteri di valutazione delle dichiarazio del coimputato COGNOME il quale aveva riferito:
di essere stato inizialmente contattato da COGNOME che lo aveva informato della possibilità di prelevare illecitamente del materiale ferroso dalla miniera;
di essersi accordato e di aver concordato la dazione di circa 3.000 euro al giorno per accedere al sito e ritirare il materiale;
di avere poi compreso del coinvolgimento di COGNOME, avendolo visto presente sul posto al momento del carico e scarico del materiale;
di avere corrisposto successivamente, tra marzo e ottobre 2013, “ai due pubblici ufficiali” circa 80.000 euro, residuando un debito ulteriori di circa 5.000 euro;
di avere sempre consegnato il denaro a COGNOME, fatta eccezione per due o tre volte in cui invece sarebbe stato invece consegnato al ricorrente;
di avere appreso dai due pubblici ufficiali della necessità di “girare” le telecame presenti;
che i due imputati, dopo il carico del materiale, lo scortavano con l’auto di serviz per assicurarsi che tutto fosse “andato liscio” (così il ricorso).
Secondo il ricorrente, dette dichiarazioni sarebbero state valutate in violazione de criteri di cui all’art. 192 cod. proc. pen.
Quanto al tema della attendibilità soggettiva, si assume che la difesa aveva evidenziato sia nel giudizio di primo grado, che con l’atto di appello, come le propalazion rese inizialmente il 18.3.2014 da Vicari avessero avuto una progressione dichiarativa che avrebbe meritato attenzione.
Il dichiarante aveva infatti inizialmente individuato “il gatto e la volte”, cioè i s a cui aveva corrisposto i soldi, in altri due soggetti e solo successivamente nelle persone dei due imputati, solo, cioè, dopo aver ricevuto rassicurazioni dagli inquirenti che, avesse detto “tutta la verità”, avrebbe potuto “rivedere” la di lui moglie.
Ciò avrebbe imposto, si aggiunge, un onere specifico di motivazione, ma la Corte si sarebbe limitata a “considerare offensivo l’assunto difensivo secondo cui nella specie vi sarebbe stato una interesse accusatorio indotto”; si tratterebbe di un modo di argomentare elusivo delle deduzioni difensive.
Discorso non diverso viene compiuto anche in relazione alla attendibilità intrinseca del dichiarato.
COGNOME aveva dichiarato il 18.3.2014 di avere stipulato accordi illeciti con il COGNOME e di avere solo supposto il coinvolgimento di COGNOME nonché di avere consegnato denaro solo a COGNOME; tale ricostruzione sarebbe poi mutata il successivo 21.3.2014 in cui invece riferì di avere consegnato denaro a COGNOME in almeno due occasioni, seppur non personalmente, ma di avere riposto la somma all’interno del porta casco del computer; si sottolinea come nel corso dello stesso interrogatorio il dichiarante avesse cambiato ancora versione riferendo di avere consegnato in una occasione denaro direttamente all’imputato.
Si tratterebbe di una progressione dichiarativa sviluppatasi in relazione a ricostruzioni fattuali tra loro inconciliabili.
Non diversamente sarebbe accaduto anche con riguardo alla dazione dell’autovettura Mazda, cioè ad un’altra utilità che – secondo la prospettazione di accusa – COGNOME avrebbe “regalato” al ricorrente, avendo il dichiarante inizialmente riferito il 18 mar 2014 di avere fatto solo da intermediario tra il rivenditore e il ricorrente che, dunq aveva pagato il prezzo, per poi cambiare versione il 21 marzo 2014 in cui invece riferì di avere restituito a Bognanni il prezzo dell’autovettura.
Ancora, sarebbero state segnalate con l’atto di appello incongruenze anche sul modo con cui fu consentito di non rendere visibili, attraverso l’impianto di videosorveglianz le operazioni di carico e scarico dal sito del materiale.
Su tali punti la sentenza sarebbe silente
Anche quanto alla valutazioni dei c.d. riscontri la sentenza sarebbe viziata.
Secondo il Giudice dell’udienza preliminare, i riscontri sarebbero costituiti intercettazioni e dai beni (denaro e appunti) sequestrati a Vicari al momento del suo arresto in flagranza.
Sostiene invece il ricorrente che, in realtà, non sarebbe stata valorizzata in chiav probatoria nessuna intercettazione relativa al periodo in questione, cioè quello antecedente all’aggiudicazione dell’appalto alla società riferibile a COGNOME; dunque l intercettazioni di riscontro sarebbero quelle riferibili al periodo successivo.
Il ragionamento probatorio sarebbe viziato per avere tratto il Giudice elementi di riscontro da segmenti fattuali diversi e successivi.
Allo stesso modo, quanto ai beni sequestrati a COGNOME (denaro e appunti), i riscontr non sarebbero individualizzanti e perverrebbero dalla stessa fonte dichiarativa.
Del tutto generiche inoltre sarebbero le dichiarazioni di Gattuso.
La Corte, davanti ai rilievi della difesa, avrebbe fornito risposte evasive.
Si fa, in particolare, riferimento:
a) alle dichiarazioni del teste, ing. COGNOME che aveva chiarito come fosse impossibile che gli imputati avessero potuto gestire l’impianto di video sorveglianza a lor piacimento o che potesse essere “girato”.
La Corte si sarebbe limitata ad affermare, da una parte, che le dichiarazioni del teste sarebbero smentite dal contenuti delle intercettazioni e, dall’altra, che nella vicenda sarebbero state connivenze ovvero il coinvolgimento di altri soggetti, come ad esempio COGNOME, che avrebbe avuto contatti con la criminalità organizzata; nulla sarebbe stato inoltre indicato quanto alle captazioni, al più riferibili ad altro lasso di tempo, e sarebbe spiegato quanto alle frequentazioni di COGNOME rispetto al tema di prova;
b) alla comprovata impossibilità del carroattrezzi di Vicari di trasportare le quanti di minerali da lui stesso indicate; sul punto, la Corte si sarebbe limitata ad afferma che le modalità di trasporto sarebbero sostanzialmente rimaste sconosciute; un dato, si assume, che invece avrebbe dovuto gettare un’ombra sulla attendibilità del dichiarante;
c) al denaro consegnato che, secondo COGNOME, sarebbe stato da lui sempre prelevato da una determinata banca laddove la difesa aveva invece dimostrato come l’entità di l detti prelievi fosse inferiore alle somme che lo stesso dichiarante aveva riferito di ave corrisposto; sul punto la Corte si sarebbe limitata a riferire che il rinvenimento momento dell’arresto di COGNOME della somma di 14.000 euro sarebbe sufficiente a riscontrare il dichiarato.
Quanto invece ai fatti successivi alla consegna del sito (seconda frazione temporale capo a) e capo d), l’imputato, come detto, si sarebbe attivato per presentare COGNOME a Gattuso affinchè i lavori di rimozione dei rifiuti ferrosi fossero affidati alla societ stesso COGNOME.
In tale contesto si collocano alcune conversazioni intercettate che, tuttavia, secondo il ricorrente, non sarebbero dimostrative del coinvolgimento personale dell’imputato; tale inadeguatezza sarebbe oltremodo evidente ove si consideri la ricostruzione alternativa dei fatti offerta dallo stesso ricorrente, che aveva spiegato come in qu periodo egli avesse partecipato a due distinte attività investigative relative correttezza della lEmme, cioè la società di COGNOME, e, quindi, non avrebbe mai potuto assumere un ruolo nell’attività di sottrazione del materiale
Detta ricostruzione non avrebbe trovato nessuna confutazione, tenuto conto che la difesa aveva indicato anche numerose risultanze investigative confermative di essa (si citano diverse conversazioni da cui emergerebbe la reputazione di soggetto rigoroso che accompagnava l’imputato, anche da parte dello stesso COGNOME).
Secondo la Corte di appello, la preoccupazione dei correi rispetto al fatto che l’imputato potesse scoprire l’attività criminale sarebbe spiegabile non con la su estraneità ai fatti ma con la circostanza che anche l’imputato avrebbe nel medesimo frangente temporale sottratto materiale; dunque le intercettazioni documenterebbero una sorta di competizione nella sottrazione.
Si tratterebbe di un ragionamento viziato perché non solo non vi sarebbe nessuna prova della contestuale attività di sottrazione, ma, addirittura, sarebbe smentita dal
stesse dichiarazioni di COGNOME che aveva escluso il coinvolgimento dell’imputato dopo l’assegnazione della lEmnne.
Dette dichiarazioni (riportate in parte) non sarebbero state considerate.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio di per il capo H) (319 quater cod. pen.).
La responsabilità, affermata solo in relazione alle ipotizzate “pressioni” su COGNOME per affidare i lavori a COGNOME e non anche con riguardo alle altre contestazioni contenut nel capo di imputazione, sarebbe stata fatta discendere da una conversazione intercettata il 30.10.2013 tra COGNOME Giacomo- cioè il capocantiere della RAGIONE_SOCIALE – e il direttore tecnico dei lavori, NOME COGNOME in cui il primo avrebbe fatto riferim rzt 644.4-2 alle modalità con cui il ricorrente e il “suo vice” aver= spalleggiato l’ingresso di NOME e di come COGNOME, timoroso delle possibili conseguenze negative che l’imputato avrebbe potuto causargli, avesse assecondato dette richieste.
La Corte non avrebbe tuttavia considerato come nel corso della stessa conversazione lo stesso COGNOME avesse detto che la “induzione” sarebbe stata compiuta dal COGNOME all’insaputa del ricorrente.
Né sarebbero state descritte le condotte specifiche di induzione attribuibil all’imputato e neppure in concreto i vantaggi indebiti che COGNOME avrebbe conseguito.
Né, ancora, sarebbero decisive le dichiarazioni di COGNOME, ritenute dallo stesso Giudice parziali e interessate, tenuto conto invece del contenuto della conversazione del 19.3.2014 (che viene riportata) comprovante lo stato dei rapporti tra l’imputato COGNOME.
Considerazioni analoghe vengono compiute anche in relazione all’assunzione di NOME COGNOME da parte della lEmme (si tratta di un rivolo della contestazione)
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al trattamento sanzionatorio, al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla motivazione relativa all’aumento di pena inflitto per continuazione
2.4. Con il quarto motivo si lamenta vizio di motivazione quanto alla quantificazione delle somme oggetto di confisca ai sensi degli artt. 322 ter e 452 quaterdecies cod. pen.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando tre motivi.
3.1. Con il primo si deduce vizio di motivazione.
Si tratta di un motivo con cui si richiamano gli stessi temi già evidenziati precedenza, in relazione al primo motivo del ricorso presentato nell’interesse di Bognanni.
3.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge.
Quanto al capo A), la condotta dell’imputato non sarebbe caratterizzata da abitualità, né vi sarebbe prova della ingente quantità di rifiuti.
Quanto ai fatti di peculato, non vi sarebbe la prova della disponibilità e della qualif soggettiva, di tal chè al più il concorso avrebbe dovuto essere “costruito” ai sensi dell’a 117 cod.pen.
Quanto al trattamento sanzionatorio: a) i fatti di peculato sarebbero stati duplicat b) la pena accessoria della incapacità in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione sarebbe errata atteso il quantum di pena inflitta; c) gli aumenti di pena inflitti per continuazione sarebbero non motivati.
3.3. Con il terzo motivo si deduce vizio di motivazione quanto al quantum della confisca.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono fondati.
La struttura del processo è fondata sul presupposto che gli odierni imputati, a fronte di dazioni di denaro, avrebbero consentito l’asportazione dal sito dismesso di Pasquasia di materiale ferroso, così concorrendo nel delitto di peculato e nel traffic illecito di rifiuti.
Per ragioni di ordine espositivo è utile procedere innanzitutto facendo riferimento a , fatti di peculato contestati ai calmi, C) e D).
Dalla sentenza impugnata emerge come il giudizio di responsabilità sia stato fatto discendere dal contenuto delle conversazioni intercettate “rispetto alle quali devono interpretarsi e valutarsi le dichiarazioni rese dagli originari coindagati, NOME NOME COGNOME NOME“; le dichiarazioni dei correi, sarebbero, secondo la Corte, la “chiave di lettura deli esiti delle captazioni” (chiarissima sul punto la Corte a pagg. 20 – 28).
Dunque, secondo la Corte, la portata delle risultanze delle captazioni sarebbe primaria e in ragione di esse dovrebbero valutarsi le dichiarazioni accusatorie.
Quanto alle captazioni, la Corte, oltre a richiamare in generale la sentenza di primo grado, ha fatto riferimento espresso ad alcune conversazioni che, tuttavia, sono tutte successive al 16.10.2023 (cfr., pag. 27 e seguenti sentenza impugnata), cioè sono tutte successive alla data di consumazione del reato contestato al capo C) (dal febbraio all’ottobre 2013).
Si tratta di conversazioni che hanno una indubbia valenza probatoria a carico, ma che non sono autosufficienti a provare i fatti oggetto della imputazione e, quindi, fondare un giudizio di responsabilità penale quanto al capo in questione; esse in tanto assumono rilevanza l in quanto sono state collegate con le dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 210 cod. proc. pen. dal coindagato COGNOME (la Corte è sostanzialmente silent quanto alle propalazioni di COGNOME).
Ne discende che, diversamente dagli assunti della Corte, sono le dichiarazioni di COGNOME a costituire l’asse probatorio portante per il capo di imputazione sub C) ed rispetto ad esse che la Corte avrebbe dovuto compiere uno sforzo motivazionale rigoroso al fine poi, eventualmente, di utilizzare come riscontri c.d. esterni le risultanze d captazioni compiute dopo il periodo oggetto di contestazione.
Dunque, sul piano del metodo, un ragionamento probatorio inverso a quello compiuto della Corte, atteso che le captazioni relative al periodo successivo a quello in contestazione, in quanto non autoevidenti, non possono che assurgere, al più, ad un ruolo di completamento rispetto “ad altro”, un ruolo accessorio rispetto alla prova de fatto in contestazione al capo C) e alla sua perimetrazione temporale.
Le conversazioni, cioè, avrebbero potuto assurgere I al più i al ruolo di riscontro rispetto ad una base probatoria che necessariamente avrebbe dovuto essere fondata su altre evidenze probatorie, cioè sulle dichiarazioni del correo, COGNOME.
Non ignora il Collegio che i s condo un indirizzo consolidato i quando il chiamante in correità renda dichiarazioni che concernono una pluralità di fatti reato commessi dallo stesso soggetto e ripetuti nel tempo, l’elemento di riscontro esterno per alcuni di ess fornisce sul piano logico la necessaria integrazione probatoria della chiamata anche in ordine agli altri, purché sussistano ragioni idonee a suffragare tale giudizio e ad imporr una valutazione unitaria delle dichiarazioni accusatorie, quali l’identica natura dei f in questione, l’identità dei protagonisti, o di alcuni di essi, e l’inserirsi dei fa rapporto intersoggettivo unico e continuativo (cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 38994 06/06/2017, COGNOME, Rv. 271081; Sez. 6, n. 47304 del 12/11/2015, Messina, Rv. 265355, nonché Sez. 6, n. 41352 del 24/09/2010, COGNOME, Rv. 248713).
E t tuttavia, si tratta di un principio che può trovare applicazione solo in quanto dichiarazioni accusatorie siano “forti” sul piano probatorio.
È noto come la metodologia a cui il giudice di merito deve conformarsi non può che essere quella «a tre tempi» indicata da Sez. U, n. 1653 del 21/10/1992, dep. 22/02/1993, Marino, Rv. 192465: a) credibilità del dichiarante, desunta dalla sua personalità, dalle sue condizioni socio-economiche e familiari, dal suo passato, dai rapporti col chiamato, dalla genesi remota e prossima delle ragioni che lo hanno indotto all’accusa nei confronti del chiamato; b) attendibilità intrinseca della chiamata, in ba ai criteri della precisione, della coerenza, della costanza, della spontaneità; c) veri esterna dell’attendibilità della dichiarazione, attraverso l’esame di elementi estrinseci riscontro alla stessa.
Hanno tuttavia spiegato le Sezioni Unite come detta sequenza non debba essere rigorosamente statica, nel senso cioè che il percorso valutativo dei vari passaggi non deve muoversi lungo linee autonome e separate.
È cioè possibile che, nel caso in cui debbano essere superate eventuali riserve circa l’attendibilità del narrato, il vaglio della loro portata sia compiuto alla luce di tutti
elementi di informazione legittimamente acquisiti ed è chiaro come, rispetto ad una chiamata in reità la cui portata non sia chiarissima, la valutazione dei c.d. riscon esterni debba essere maggiormente rigorosa e il convincimento del giudice imponga un obbligo motivazionale specifico.
Ad una dichiarazione del correo “debole” deve cioè corrispondere un riscontro “forte”; ad unalriscontro debole deve corrispondere una dichiarazione “forte”.
Ciò che non è consentito è innestare un riscontro “debole” su una dichiarazione di correo a sua volta “debole”.
Ciò imponeva rigore alla Corte di appello in ordine alla valutazione delle censure relative alle dichiarazioni di COGNOME e che attenevano, oltre che alla credibilità sogget alla attendibilità intrinseca delle propalazioni non tanto quanto al coinvolgimento ne fatti degli imputati (sotto tale profilo le captazioni successive sono auto-eviden quanto, piuttosto, ai profili di contraddittorietà delle dichiarazioni in ordine alla configurazione dell’accordo criminale tra lo stesso dichiarante e gli imputati, al individuazione del soggetto con cui detto accordo fu raggiunto, alla dazione del denaro, al soggetto cui il denaro fu corrisposto, alla prova della compartecipazione criminosa, alla vicenda relativa alla dazione dell’autovettura Mazda e, più in generale, agli specif temi indicati dai ricorrenti.
Il tema è quello della esatta struttura dell’accordo in ragione del quale si consentiv l’appropriazione.
Su tali profili, la valutazione delle dichiarazioni di COGNOME è viziata perché la Cor alcuni casi, è sostanzialmente silente (i profili relativi all’accordo, alla dazion denaro), ovvero, in altri casi, fornisce una motivazione obiettivamente difensiva e non esaustiva, quanto al tema: a) del posizionannento delle telecamere del sito su cui, da una parte, afferma che i soggetti avessero la possibilità di “girare” le telecamere, ma dall’altra, che la vicenda avrebbe “visto la connivenza ovvero il coinvolgimento di alt soggetti che come COGNOME” avrebbero avuto “contatti con soggetti vicini alla criminalità organizzata”; b) alla quantità di ferro che in concreto sarebbe stata sottratta; c) concreta possibilità che il materiale ferroso fosse trasportato con i mezzi a disposizion di COGNOME, su cui la Corte si limita ad affermare che le modalità con le quali i mater venivano asportati e trasportati fuori dal sito “sono destinate a restare parzialment sconosciute”; 61) alla ricostruzione alternativa lecita degli imputati, fondata anche sug esiti di alcune captazioni, del tutto ignorata, tento conto di quanto lo stesso Vic avrebbe riferito, e cioè che da novembre 2013 (capo D) gli imputati non avrebbero più fatto parte degli accordi: non avrebbero ” avuto un ruolo diretto” (così anche la Corte di appello a pag. 26).
Una motivazione assertiva che non consente di ritenere assolto l’onere di valutazione di attendibilità intrinseca delle dichiarazioni accusatorie.
Il risultato che ne consegue è che la responsabilità penale è stata fatta discendere da una chiamata in correità non valutata in modo esaustivo e da riscontri a loro volta “deboli” non autoevidenti e neppure riferibili direttamente al tempo in cui i f sarebbero stati commessi.
Ne consegue che sul capo la sentenza deve essere annullata ,
A conclusioni non diverse deve giungersi anche per quel che concerne il capo D).
Anche sul capo in questione, la responsabilità è stata fatta discendere dalla Corte dagli esiti di captazioni che, pur avendo valenza accusatoria, non sono autoevidenti, ma, come detto, dovrebbero essere lette, in ragione delle dichiarazioni accusatorie.
Anche per il capo D), si ripropongono le stesse questioni in precedenza indicate e relative alla valutazione delle dichiarazioni accusatorie, tenuto conto che lo stesso COGNOME avrebbe riferito, come detto, che per il periodo in questione non avrebbero più avuto un ruolo diretto.
Dunque, mentre / per il capo C), le captazioni hanno una valenza di mero riscontro “debole” – perché relative ad un periodo successivo a quello in contestazione – e le dichiarazioni accusatorie non sono a loro volta dotate di elevata capacità dimostrativa, quanto al capo D), le captazioni, pur non autoevidenti, assumono una valenza probatoria maggiore, ma sono in obiettivo contrasto con le dichiarazioni del correo COGNOME che, come detto, ha escluso il coinvolgimento diretto degli imputati.
Ne deriva che / o si deve ritenere che COGNOME sia sul capo inattendibile, con conseguente dubbio della sua attendibilità anche per quel che concerne il capo C), ovvero che la Corte era tenuta a spiegare con rigore come quelle captazioni (15222251 essere valutate e perché esse sarebbero compatibili con le dichiarazioni del correo di segno opposto.
Ne consegue che anche per il capo in questione la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio.
Le considerazioni esposte conducono all’annullamento della sentenza impugnata anche per il capo A), in relazione al quale la responsabilità penale è stata fatta derivar dalle risultanze probatorie utilizzate per i capi C) e D) di cui si è detto.
Non diversamente, quanto al capo H) (art. 319 quater cod. pen.), la sentenza impugnata, nell’ambito di una motivazione indistinta, ha fatto discendere il giudizio d responsabilità dal contenuto di alcune conversazioni intercorse tra COGNOME e il direttor tecnico dei lavori (COGNOME ( in cui il primo avrebbe atto riferimento a come gli imputati avessero “spaleggiato” l’ingresso di COGNOME e come COGNOME “timoroso che COGNOME” potesse creargli problemi,avesse assecondato le richieste “dell’ispettore della forestale” (cfr. pag. 29 sentenza impugnata, pag. 195 e ss. sentenza di primo grado).
Nulla di più è stato spiegato, nulla è stato chiarito sulle modalità della condotta concreto compiuta, sull’accordo illecito, sullo stesso contenuto della conversazione
valorizzata, su quale sarebbe stato il vantaggio indebito conseguito dal soggetto indotto.
Ne consegue che fanche sul capo in esame, la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio in ordine alla responsabilità degli imputati.
8. I residui motivi sono assorbiti.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della
Corte di appello di Caltanissetta.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2024
Il
Co GLYPH
gliere estensore
Il Presidente